La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Il melodramma e la vita: la Mimì di Bohème muore come la giovinezza

05-12-2011

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 Al Teatro Comunale di Firenze un’opera che è fatta per piacere: “La bohème” di Giacomo Puccini che dapprincipio ebbe anch’essa i suoi accaniti detrattori e che ora è nel novero delle composizioni immortali. Per Bohème si intende la vita senza regole che si tiene in giovinezza quando mancano i quattrini e la stretta sorveglianza familiare. Per Puccini “La bohème”, opera essenzialmente minimalista ove hanno nome e vita le cose piccine, è la rivisitazione della sua stessa gioventù quando si trovava al Conservatorio di Milano e frequentava studenti e modiste. Lo si vede chiaramente quello spirito goliardico nelle scene dove i quattro amici artisti motteggiano, scherzano, prendono in giro, si divertono. Apice di questo mondo gioioso è il secondo quadro in un Quartiere Latino alla vigilia di Natale fra pranzi e brindisi, balli e giocattoli. Eccola la Bohème: il periodo aureo dell’umano vivere in cui l’amicizia è pura e disinteressata, l’amore totale e ispirato e il futuro troppo lontano.

Simbolo di questa vita bohémienne, destinata a finire, è Mimì, la povera sartina che quando, nel primo quadro, deve descriversi, di se stessa non dice nulla bensì parla solo delle cose che fa perché lei non sa neppure di essere, è una misera cosa che vive alla giornata di un modesto lavoro, che in primavera spia il crescere delle foglie, che si diletta a cucire fiori finti che non profumeranno mai. Mimì è colei che vive solo in quanto ama, lei al contrario di Rodolfo non ha amici, sembra venire dal nulla, è sola senza di lui e senza gli amici che lui le ha presentato: prima di Rodolfo non esiste e quando lui la lascia muore. Ma la sua morte è la morte di un mondo, di quel mondo spensierato, di quella giovinezza che deve concludersi per poter entrare nell’età adulta e questo trapasso non può avvenire senza dolore. Puccini ci strazia l’anima con la morte di Mimì, quella Mimì che nel terzo quadro sente proprio dalle labbra dell’uomo che ama di essere condannata a morire presto, e piange, non vuole morire, vuole vivere, è giovane, come rassegnarsi?, ci strazia più che con la morte di Manon (che qualche colpa ha commesso), di Tosca (che morendo vince sul tiranno e afferma tutta la sua forza e la sua pulizia morale), di Butterfly (che sceglie la morte per punirsi della sua sconsiderata fiducia in uno che non la meritava), di Liù (che si sacrifica per amore e per ciò stesso non muore). Sì, la morte di Mimì è la morte dei sogni e della poesia. Mimì è dolce e tragica, non ci sono sprazzi felici per lei, forse gli unici momenti buoni sono stati il regalo di una cuffietta rosa e quello di un manicotto per scaldarsi le mani poco prima di morire; dall’esistenza non ha avuto null’altro oltre al grande amore di Rodolfo e per Rodolfo che le ha riempito quasi un anno di vita. Intorno a lei si agita tutto un mondo: gli amici con le loro idee bislacche, un’altra coppia di innamorati, quella di Marcello e di Musetta esuberanti, possessivi, incostanti, uomini e donne con bassezze e miserie considerate però sempre con indulgenza. Eppure lei deve essere sacrificata perché è l’incarnazione della Bohème. Mimì ci strappa il cuore con la sua morte: accanto a lei le persone care, Rodolfo e gli amici in un momento di catarsi: termina la Bohème e per chi rimane inizia la vita amara dei compromessi. Ebbene tutto questo ci ha saputo suggerire l’allestimento del Maggio Musicale Fiorentino con la sapiente e accurata regia di Carlo Pontiggia; le scene e i costumi molto applauditi, specie nel secondo quadro, di Francesco Zito; le luci di Gianni Paolo Mirenda. In quanto agli interpreti tutti nella parte con una azzeccata recitazione: Simone Del Savio (uno Shaunard cinico accoppator di pappagalli), Andrea Cortese (bene sia come Beno^it sia come Alcindoro), Marco Vinco (un Colline filosofo anche nel sacrificare la sua vecchia zimarra), Alessandra Marianelli (una Musetta spigliata e vivace), Stefano Antonucci (un Marcello appassionato e pieno di sfaccettature). Sopra tutti spiccavano il sanguigno ed esuberante Rodolfo di Aquiles Machado e la efficace Mimì di Carmela Remigio che ha dato al personaggio una impronta di dolcezza e di realismo fuori dall’ordinario: ottime la dizione e l’interpretazione. Bene l’Orchestra e Coro del Maggio e i Ragazzi Cantori di Firenze con il Maestro del Coro Piero Monti e il Direttore Marisol Carballo. Encomiabile la direzione del Maestro Carlo Montanaro evidentemente molto amato dal pubblico. Che è costituito non soltanto da anziani paludati da sette mantelline o pellicce demodé, ma da giovani e giovanissimi che vengono introdotti all’opera da agevolazioni o incentivi. Applausi affettuosi e entusiasmo a profusione in una piacevole atmosfera in cui nessuno ha mostrato fretta di andarsene.

Caterina RennaCaterina Renna è nata e vive a Roma. Giornalista e scrittrice ha sempre pubblicato per le pagine culturali (critica letteraria, teatrale e musicale) de 'Il Tempo' e dell'ormai scomparsa rivista 'La dolce vita'. Dopo una tesi di laurea in critica letteraria sul giallista romano, Augusto De Angelis morto in seguito alle percosse inflittegli dai fascisti, si è appassionata a questo genere 'minore' ed ha scritto un romanzo poliziesco ambientato nella capitale (ora pubblicato online da Feltrinelli) dal titolo 'Cronaca di Roma VI pagina', nonché vari racconti pubblicati da Giulio Perrone Editore. Ha ricevuto una speciale menzione per un suo racconto nell'VIII edizione del Premio Nazionale Narrativa Poliziesca 'Orme Gialle' di Pontedera. Si accinge a completare una serie di racconti dal titolo 'Razzismi' molto in tema con gli avvenimenti odierni.

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