La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Teatro partigiano, fumetti che raccontano le donne della Resistenza, i burattinai di Auschwitz: come salvare la memoria negli anni del colera

29-04-2010

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Mentre si tenta di cancellare la Resistenza dai testi scolastici e si sente affermare da più parti che essa “non fu una lotta contro qualcuno ma una lotta per la riconquista della libertà” sino ad arrivare a celebrare il 25 aprile a Salerno senza nemmeno citare la Resistenza (sottolineando l’intervento dell’America come salvatrice dell’Italia “dalla dittatura comunista”), mentre nel Veneto si tenta di eliminare “Bella Ciao” per sostituirla con la Canzone del Piave, mentre le nuove brigate nere stanno organizzando una marcia su Roma il prossimo 7 maggio, mentre assistiamo da una parte all’imbavaglio della giustizia, all’attacco della scuola e della libertà di informazione, dall’altra a saluti romani in città dalla storia antifascista, mentre gli squadristi del terzo millennio aggrediscono studenti a suon di cinghie e manganelli, mentre nelle tabaccherie si vendono accendini con il Duce, mentre ogni pretesto è buono per attaccare la Costituzione nata dalla Resistenza… siamo arrivati a celebrare questo 25 Aprile.

A un uomo che domanda come si possa prevenire la guerra, Virginia Woolf, nel libro “Le tre ghinee”, risponde: “Occorre narrare biografie”. Il teatro, luogo e linguaggio della memoria, assolve da tempo a questo compito portando in scena la Resistenza, spogliata da qualsiasi retorica, tendenza revisionista o “rovescionista” per riscoprirne la carica vitale, la passione e il coraggio che guidarono una generazione di giovani, di ragazze e ragazzi, segnati dalla guerra, a gettare nel fuoco della lotta per la libertà i loro sogni e la loro vita fino, in molti casi, a rinunciarvi.

Il teatro diventa testimone: insegue racconti, incontra partigiane e partigiani, studia testi, ricerca documenti, si fa affiancare dal paziente e tenace lavoro dello storico, incontra studenti, collabora con Associazioni di Partigiani e istituti storici. Spesso in scena a fianco dell’attore è seduto un partigiano con un fazzoletto rosso al collo che riascolta la sua vita e ripercorre le battaglie, annuendo con la testa o asciugandosi le lacrime.

Gli esempi da citare sono tanti. Tutti importanti. In questi giorni di celebrazioni della Liberazione abbiamo assistito a letture tratte dal bellissimo libro di Enzo Biagi “I quattordici mesi” (a cura dell’attore Giancarlo Ilari con musiche del Maestro Luciano Cavalli eseguite da un gruppo di giovani musicisti), a messeinscena delle “Lettere dei Condannati a morte della Resistenza Italiana” (a cura di Europa Teatri/Teatroperunpò, per la regia di Carlo Ferrari), a narrazioni a fumetti di Gianluca Foglia dedicate alle donne partigiane incontrate tra Reggio Emilia e Parma.

Il teatro fa esercizi di memoria. Aiuta a capire, a comprendere, a non dimenticare. A prendere posizione. E per questo viene attaccato: è quello che è successo poco tempo fa in un teatro milanese allo spettacolo “Dux in scatola” di Daniele Timpano (racconto in prima persona del viaggio del corpo di Benito Mussolini da Piazzale Loreto alla sepoltura) interrotto sugli applausi da slogan neofascisti da parte di un decina di attivisti che srotolano in sala anche uno striscione riportante una fiamma tricolore.

Si ricorda ancora con emozione uno spettacolo di qualche anno fa di Ascanio Celestini “Radio clandestina” in cui ci raccontò la storia degli uomini sepolti da tonnellate di terra in una cava sull’Ardeatina e delle donne che li andavano a cercare, delle mogli che lavoravano negli anni ’50 e dei figli e dei nipoti che quella storia ancora la raccontano.

Il teatro incontra la storia della famiglia Cervi, una famiglia “unita come le dita di una mano” in “Cuori di Terra” (Premio Ustica per il Teatro 2003) ideato, diretto ed interpretato da Bernardino Bonzani e Monica Morini del Teatro dell’Orsa. Partendo dai libri di Alcide e Margherita Cervi, da lettere, documenti e oggetti del Museo, dagli scritti di letterati e politici, il lavoro ha preso vigore grazie alle testimonianze dirette, come quella di Maria Cervi, per raccontarci il coraggio, l’intelligenza, la dignità e la generosità con cui la famiglia visse la sua tragedia.

Spesso nelle nostre città italiane un monumento ricorda il partigiano caduto. Ed è quello di un uomo. Ma la Resistenza non si sarebbe potuta svolgere senza la presenza, il coraggio e la forza delle donne. Di partigiane si parla, in modo diverso, negli spettacoli di Marta Cuscunà e Laura Cleri.

Marta Cuscunà in “È bello vivere liberi” (Premio Scenario 2009) porta in scena la storia di Ondina Peteani, prima staffetta partigiana italiana di origine friulana, arrestata appena 18enne e deportata ad Auschwitz, dove trovò la morte. Sola in scena, aiutata dalla presenza di burattini, Marta Cuscunà restituisce il sapore di una Resistenza personale e politica di Ondina di cui la giovane interprete ha ricercato le tracce attraverso un lavoro di documentazione storica, ascoltando le parole di chi l’ha conosciuta.

L’attrice Laura Cleri incontra la partigiana Laura Seghettini, classe 1922, e ne nasce lo spettacolo “Una eredità senza testamento”, tratto dal libro “Al vento del Nord. Una donna nella lotta di Liberazione” che la Seghettini ha pubblicato per Carocci nel 2006.

Siamo seduti in un’aula scolastica. Ai muri carte geografiche e una lavagna. Una maestra racconta la storia di una donna, che all’età di vent’anni, nel 1944, decide di salire sui monti per andare a combattere con i partigiani entrando a far parte della 12ª Brigata Garibaldi che agisce sull’Appennino Tosco Emiliano. Ci offre il caffè, ci parla negli occhi, ci porta in quel tempo lontano fatto di scelte dolorose ma anche di complotti e tradimenti, ci racconta la vita nell’accampamento, la fame, la paura, la morte del suo compagno Dante Castellucci “Facio”, comandante del battaglione Picelli che per circostanze oggi ancora da chiarire, dopo un processo sommario istituito da un tribunale di guerra, viene accusato di tradimento e ucciso dai suoi stessi compagni. L’attrice ci conduce nelle scelte della partigiana Laura, spesso presente allo spettacolo, una figura esile che ancora a 88 anni potremmo vedere arrampicarsi sui monti e che vediamo impettita sfilare ad inizio di corteo in una bellissima immagine d’archivio il 9 maggio 1945, in occasione dei festeggiamenti per la fine del conflitto e la vittoria.

“L’arte non può essere costretta – scrive il partigiano comandante Nello Quartieri nome di battaglia Italiano – ma chissà che gli artisti del canto, della musica e della scrittura possano trovare qui ispirazione per il loro talento, per ricordare i nostri caduti e per difendere e praticare quei valori che possono unire gli Italiani e che ci permettano di ritrovare il nostro Rinascimento culturale”.

Per combattere il nuovo fascismo non ci saranno i nostri nonni o i nostri padri. Affrontarlo toccherà a tutti noi: l’antifascismo è il nostro impegno quotidiano per combattere l’indifferenza, un modo di guardare il presente e comprendere quelli che il premio Nobel Saramago definisce i ‘nuovi fascismi mascherati’ sotto forma pseudo democratiche; l’antifascismo è un modo di lavorare, di parlare e di ascoltare, di formare, di accogliere, di rispettare la legalità, di amare, di vivere, di avere coraggio, di provare passioni, di fare politica, di essere donne e uomini.

Raffaella IlariÈ nata a Parma il 15 dicembre 1971, città nella quale tutt'ora vive. Lavora da ormai numerosi anni in ambito culturale, occupandosi prevalentemente di comunicazione e organizzazione presso istituzioni e festival teatrali nazionali.
 

Commenti

  1. maria teresa fiocchi

    25 aprile 2004. Da Palestro al Duomo L’ANED – portava i cartelli di Bergen-Belsen, Dachau, Mauthasen ecc. Marzabotto, S.Anna di Stazzema, Cefalonia ecc. – ha sfilato tra due ali di folla plaudente . Alcuni ancora ricordano o vogliono sapere.
    Nelle scuole e a casa poco si parla di Storia e della Resistenza. Molti ragazzi ignorano.

  2. 25 aprile 2004. Da Palestro al Duomo L\\\’ANED – portava i cartelli di Bergen-Belsen, Dachau, Mauthasen ecc. Marzabotto, S.Anna di Stazzema, Cefalonia ecc. – ha sfilato tra due ali di folla plaudente . Alcuni ancora ricordano o vogliono sapere.
    Nelle scuole e a casa poco si parla di Storia e della Resistenza. Molti ragazzi ignorano.

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