La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Inchieste » Sotto tiro »

Antonino Monteleone: «15 giornalisti minacciati in Calabria e su Libero nemmeno un rigo. La situazione è così grave che un giornale ha dovuto lanciare una grande manifestazione. Ma in un Paese normale i giornali dovrebbero raccontare le manifestazioni degli altri. Mentre una vicenda dai contorni molto oscuri, come ciò che è successo a Belpietro, si becca le aperture di tutti i giornali: 7 pagine solo su Libero»

Sono un giornalista di 25 anni. La ‘ndrangheta mi ha bruciato la macchina, ma io non ho paura

11-10-2010

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25 anni, nato a Reggio Calabria ma residente da due anni a Roma, nel 2003 inizia a scrivere nell’ambito della stampa universitaria. Sbarca poi alle tv locali di Reggio Calabria. Nel 2009 un programma di inchieste per Telereggio e le collaborazioni con strill.it (primo quotidiano on-line dell’area dello Stretto). A seguire lavora per il mensile “Dolce Vita”, “il Punto”, “S – Calabria”, “Report” e molti altri. Oggi è uno degli inviati di Exit (La7). Nel suo curriculum anche la collaborazione con i blog di Beppe Grillo e di Antonio di Pietro. Il suo blog è www.antoninomonteleone.it.

Nel passato ti è capitato di essere oggetto di minacce mafiose, come si sono materializzate?

Sotto varie forme. Dalle mail anonime, agli incontri-scontri per strada, fino all’auto in fiamme, nel febbraio di quest’anno.

…e a cosa ritieni fossero dovute?

Quello che scrivo non garba. Approfondire, guardare oltre ciò che riescono a vedere i più non è facile. E dà fastidio. E non sono io a ritenerlo, ma i risultati di indagini della magistratura.

In seguito a queste intimidazioni hai trovato l’appoggio dei colleghi e degli organi di categoria oppure ti è stata fatta terra bruciata attorno?

I colleghi sono sempre molto solidali, specie quelli che si occupano di cronaca giudiziaria. Sono le testate che tra di loro reagiscono diversamente. Fanno quadrato attorno ai propri redattori, quasi tendono ad ignorare le vicende dei cronisti delle altre testate.

La stampa italiana è affetta da campanilismo?

La definizione di campanile è, in qualche modo, calzante. Anche se è brutto immaginare giornalisti che indossano una casacca. La “stampa” dovrebbe essere una cosa sola. Differenziarsi per le proprie peculiarità e per il pubblico di riferimento, non per il diverso modo di intendere regole fondamentali del giornalismo. I giornali si parlano poco. Lo scoop del giornale “x” è ignorato da quello “y” e viceversa. A chi giova tutto questo? A chi vuole che quella notizia raggiunga il minor numero di persone.

Come cambia la vita di un cronista oggetto di minacce?

Credo che tutti comprendano la dimensione del proprio lavoro e la propria responsabilità: in altre parole capiscono che non è più solo un bel mestiere, ma ci si gioca qualcosa di più. Qualcuno pensa ai propri cari ed a sé stesso e decide di non rischiare perché tanto le cose non cambiano. Questi colleghi non vanno certo biasimati. La maggioranza tira dritto e non si piega alle minacce, che quindi non raggiungono lo scopo.

Non hai mai pensato di essertela un po’ cercata? In fondo quando si tratta un argomento delicato è alta la probabilità di dare fastidio a qualcuno. O non avevi la percezione di star valicando una linea proibita?

Da quando ero ragazzino molti amici mi dicevano che prima o poi qualcosa mi sarebbe accaduto. Non me ne è mai fregato un accidente!

Vuoi farmi credere che quando hai assistito al rogo della tua auto sei rimasto impassibile, neanche un brivido, un ripensamento?

Sono rimasto come un coglione a guardare la mia macchina bruciare dal balcone di casa. Ho avuto una forte rabbia. Ma mi è passata subito. Nonostante abbia capito che da quel momento si faceva davvero sul serio.

Che tipo di sostegno può essere dato ai giornalisti che si trovano a dover fronteggiare minacce mafiose?

Non si può certo dare la scorta a tutti. Sarebbe un buon inizio però tenere d’occhio i giornali e assicurare maggiore sicurezza ai giornalisti più esposti.

Il 25 settembre scorso una testata prettamente locale quale “il Quotidiano della Calabria” ha organizzato con successo una manifestazione anti-‘ndrangheta dimostrando le potenzialità di un’informazione attiva. Sconfiggere le mafie è un’utopia?

Non è un’utopia. Ma è molto difficile. Servono tante piccole rivoluzioni. La strada è ancora lunga. Basta osservare che la situazione è così grave che un giornale ha dovuto lanciare la proposta di una grande manifestazione. Di solito i giornali dovrebbero raccontarle iniziative del genere. È stata una manifestazione imponente, segno che esiste un forte ritardo nell’emancipazione delle coscienze in Calabria. Ed è stato bello che un quotidiano abbia segnato una svolta simile.

Il 30 settembre invece l’arresto di un gruppo di affiliati alla cosca Serraino di Reggio Calabria ha portato in carcere i presunti responsabili dell’intimidazione ai tuoi danni. Ma il sistema giudiziario italiano è afflitto da numerose falle. Non temi che un domani gli stessi personaggi che sono stati arrestati possano trovarsi nuovamente a piede libero, magari reiterando le minacce nei tuoi confronti?

Ne sono quasi certo ed è proprio ciò che ho detto all’ANSA nelle ore successive all’arresto di quelle persone. È un’inquietudine con la quale dovrò convivere. Non posso farci niente.

Tra le altre cose tu sei anche autore di un blog (www.antoninomonteleone.it). Credi che informare attraverso la rete – in quanto canale con logiche d’accesso e di fruizione totalmente differenti da quelle della carta stampata – possa mettere al riparo dall’attenzione mafiosa e dai rischi che ne conseguono?

Al contrario ti espone di più. Alla ‘ndrangheta fa più male un pezzo su un blog di un servizio su Repubblica. È la persistenza del contenuto sul web a creare problemi. Un contributo perpetuo alla memoria rende le persone meno vulnerabili dalle amnesie.

Il caso del presunto attentato a Belpietro ha acceso i riflettori sul fenomeno delle minacce ai giornalisti. Pensi che ciò possa avere ricadute positiva anche su chi, versando in situazioni simili, è rimasto finora nell’ombra?

Quindici giornalisti minacciati in Calabria ed a Libero nemmeno un rigo. Mentre una vicenda dai contorni molto oscuri come ciò che è successo al direttore di Libero si becca le aperture di tutti i giornali. Sette pagine solo su Libero. Sono solidale con Belpietro, certamente esposto perché svolge la sua professione in una logica fortemente politica, ma mi pare evidente che ci siano due pesi e due misure.

Eliano RicciEliano Ricci, classe '85, è laureato in Scienze della Comunicazione presso l'Università di Bologna, lavoratore mediamente precario e musicista. Si interessa di politica, cultura alternativa e pubblicità.

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