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"Dove il Partito Democratico era un tempo una macchina di voti e di potere, come l'Emilia, è rimasto il potere ma i voti si disperdono. Il rinnovamento passa sulle gambe degli uomini e delle donne, ma se le gambe restano le stesse e non sono abituate a pedalare, il rinnovamento invece di volare si siede"

Gianfranco PASQUINO – Casini, un pugno di voti che non salva il Pd quasi salvato da Vendola (malgrado D’Alema)

01-04-2010

di

Vorrei che capissimo tutti molto bene quello che è successo. Il centro-sinistra, anche quando si allarga all’UDC, come in Piemonte, riesce a perdere. Per di più, perde in due regioni importanti, come il Piemonte e il Lazio, nonostante avesse come candidate due donne politiche fra le migliori del paese, di eccellenti qualità, anche di governo. In Puglia vince grazie a Vendola che riesce persino a fare dimenticare ai suoi elettori gli scandalosi comportamenti del suo vice-presidente, assessore alla sanità, e del segretario del PD regionale: persone non note a Massimo D’Alema? Dove il Partito Democratico era un tempo una macchina di voti e di potere, come l’Emilia, è rimasto il potere, che viene lentamente e meritatamente eroso, ma i voti si disperdono andando a premiare che critica la casta. E dove, se non in Emilia-Romagna la casta è il PD, ufficio di reclutamento di un ceto politico oramai avido soltanto di poltrone, adesso e subito, poiché, fra un paio di elezioni potrebbero essersi drasticamente ridotte? Il segretario nazionale del Partito Democratico non è il primo responsabile del declino del centro-sinistra, ma qualche responsabilità la porta anche lui. Il rinnovamento passa sulle gambe degli uomini e delle donne, ma se le gambe rimangono le stesse e non sono abituate a pedalare, il rinnovamento, invece di volare, si siede.

Questa volta, grazie a una massiccia dose di ipocrisia (sento ancora nelle mie orecchie stupefacenti dichiarazioni di Orlando, Letta e Migliavacca), non si prende neppure atto che la sconfitta c’è, è cospicua, merita un’autocritica seria, senza lacrime, ma con idee, e qualche ricambio, non necessariamente su base generazionale (questi giovani bravissimi proprio non li vedo), ma di idee, esperienze, competenze. Insomma, invece di fare il punto di equilibrio di un partito dove qualcuno non rema affatto, Bersani dovrebbe produrre quello che ha promesso: un partito di sinistra e di combattimento. Non ho visto né l’uno né l’altro. Non era proprio possibile che il Partito Democratico organizzasse lui, in prima persona, una kermesse sull’informazione politica negata come ha fatto Michele Santoro? Se la risposta è che mancano le idee e le competenze, allora, il problema è drammatico. Da adesso, dobbiamo aspettarci, per attuare la lungimirante strategia di D’Alema, di lasciare pezzi, tutt’altro che marginali, dell’elettorato di sinistra, a Beppe Grillo e a Antonio Di Pietro (mica si trovano facilmente altri Vendola nel paese se non si apre un confronto duro con i troppi riciclati di una sinistra che ha fallito), e di andare con il cappello in mano a chiedere a Casini quel pugno di voti che… che cosa? Quei voti non bastano a fare nessuna maggioranza abborracciata, certamente non una maggioranza governante. Magari si potrebbe pensare, da un lato, al pensionamento dorato e immediato di alcuni dirigenti politici di vertice, dall’altro, non a inutili, neppure più pittoreschi, Stati Generali palingenetici, ma a un congresso vero, aperto, fatto da persone che non colludono, pronte, invece, a scontrarsi fuori dall’ipocrisia.

Non so più qual è il mio status rispetto al Partito Democratico bolognese: esplulso no, perché non mi ero iscritto; “sospeso” forse, ma da che cosa?; da tenere fuori e a bada, ostracizzato? Ne faccio soltanto in parte un caso personale, ma può un partito pensare di crescere facendo fuori chi non la pensa come un suo gruppetto dirigente locale che, fra l’altro, fatto com’è da piccoli burocrati, non brilla per intelligenza politica? Ecco, regione per regione, un segretario che vuole un partito da combattimento dovrebbe andare a cercare i combattenti e a rieducare i censori. Tre anni di tempo per fare un’opposione di idee che si traduca in un gruppo parlamentare decente. Questa è la lezione delle elezioni regionali 2010.

Gianfranco PasquinoGianfranco Pasquino, torinese, si è laureato in Scienza politica con Norberto Bobbio e specializzato in Politica Comparata con Giovanni Sartori. Dal 1975 è professore ordinario di Scienza Politica nell’Università di Bologna. Socio dell’Accademia dei Lincei, Presidente della Società Italiana di Scienza Politica (2010-2013), è Direttore della rivista di libri “451”. Tra le pubblicazioni più recenti: "Le parole della politica" (Il Mulino, 2010), "Quasi sindaco. Politica e società a Bologna" (Diabasis, 2011). Ha appena pubblicato "La rivoluzione promessa. Lettura della Costituzione italiana" (Bruno Mondadori, 2011).
 

Commenti

  1. Francesco Parisi

    Non credo che sia praticabile attendere la chiamata del segretario di turno per rinnovare un partito.
    Il rinnovamento di un partito può venire solo dal suo interno mediante una lotta feroce tra i portatori dei diversi modi di intendere la politica. Quindi è opportuno, caro Pasquino, iscriversi quale primo atto.
    Dopodichè “infiltrare” il partito stesso di nuovi iscritti che sostengano le idee che si intende promuovere e, in sede congressuale, vincere il congresso, ecc. ecc.
    Oppure fondare un nuovo partito e …. lottare con i mezzi democratici in cui si crede.
    I tempi tecnici sono lunghi, ma si tratta comunque di battaglie rivoluzionarie che necessitano di tempi lunghi. Spesso si cercano scorciatoie ma non esistono.
    Cordialità. fp

  2. Domenico Falconieri

    Caro Pasquino,
    sentirla definire la Bresso una delle migliori donne politiche del paese, d’eccellenti qualità, mi da l’impressione che lei abbia poco compreso la realtà di tale “donna politica”: le consiglio, tanto per averne un’idea, d’andarsi a vedere, su You Tube, semplicemente il modo arrogante ed altezzoso con cui, di recente, s’è rivolta ad un gruppo di no-Tav che le chiedevano com’intendesse comportarsi nei confronti di quell’opera, folle e distruttiva come poche altre nel nostro paese. Atteggiamento degno del miglior (peggior) Berlusconi. Allo stesso modo, quando il PD, mostro bicefalo nato dalle ormai misere spoglie di quello che fu un vero partito di sinistra ed altrettanto di una DC ridotta al lumicino (anche come presenze e valori dei suoi politici), combattutisi per sessant’anni, smetterà d’essere una casta avulsa dalla realtà del paese che vorrebbe governare, con i suoi dirigenti che ritengono e sentono d’essere unti dal signore, con l’unica diversità rispetto alla destra al governo nella L dell’acronimo partitico, allora si potrà pensare di riformare un partito che sia un’alternativa a questa criminale masnada d’intrallazzatori e fascisti in doppiopetto.
    Una lotta fratricida all’interno, per crearlo? Sarebbe auspicabile, ma quali nuovi e giovani personaggi, assolutamente necessari, vede all’orizzonte? Forse la Serracchiani, però già sparita, risucchiata nei meandri delle correnti ed ancora troppo vicina alle logiche di comando e gestione del potere, fin qui manifestate nel PD.
    Unica speranza, dopo la batosta riportata nelle regionali, checché ne blateri Bersani, un totale riconoscimento dei propri errori da far decidere TUTTO il gruppo dirigenziale dei visibili e no (D’Alema etc.) a profondersi in un salutare mea culpa ed a farsi IMMEDIATAMENTE da parte, lasciando campo aperto a chi (Marino etc.) abbia qualche idea nuova ed in rottura con gli schemi finora adottati, tentando un VERO avvicinamento, con umiltà e voglia di dialogo, a chi, finora, sia stata la vera ed unica opposizione al governo (IdV ed il movimento di Grillo, se lui vorrà aprire uno spiraglio vedendo un reale cambiamento), riallacciando, nello stesso tempo, colloqui troppo a lungo interrotti, con le forze, minoritarie ma valide, della sinistra marginale.
    Altrimenti, la fine del PD e della sinistra paludata sarà inevitabile, lasciando, in modo criminale, campo aperto allo strapotere di Berlusconi e dei suoi accoliti, pronti a distruggere, da subito, quel poco che rimane dell’Italia di valore.

  3. onofrio trav

    Ci sono pochi commenti da fare, mi vergogno che come iscritto al PD, non riesco a cambiare le cose.
    Il prof.Pasquini è una mente eecelsa che dice la verità, purtroppo fino a quando il partito sarà nelle mani di Dalema e della vecchia burocrazia della Margherita, questo è quanto ci meritiamo, permettendo ad un guitto di governarci ad un nuovo ducetto.

  4. giuseppe casiraghi

    Scusate, io non sono un politico, però mi sembra che i dirigenti del PD dovrebbero smettere di chiedersi ‘ma perché la gente non ci vota?’ e domandarsi invece ‘Ma perché la gente dovrebbe votarci?’

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