La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Ideali »

Haidar non deve morire: la dignità di chi offre la vita per un pugno di sabbia

10-12-2009

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Sono passate già più di tre settimane da quando Aminattou Haidar ha cominciato il suo sciopero della fame nell’aeroporto di Tenerife, alle Canarie. Aminattou è una figura nota in Italia dove si è guadagnata la stima di molti per il modo in cui conduce la sua battaglia per i diritti umani nel territorio che rivendica come sua patria, quello del Sahara Occidentale, l’unico caso –credo- di colonizzazione del dopoguerra visto che, non appena i vecchi e stanchi colonizzatori spagnoli lo avevano abbandonato, pressati dall’offensiva saharaui e dall’ingerenza mauritana, il Marocco se ne era impossessato e, nonostante le pressioni internazionali e la flagrante violazione del diritto internazionale, non lo aveva più mollato, procrastinando indefinitamente un referendum che affidasse alla volontà popolare di determinare a quale popolo appartenesse quell’affascinante spazio desertico fra Marocco, Mauritania e Algeria.

Aminattou non si è mai arresa. Vive con sua madre e i suoi due figli a El Aaiun ed è un punto di riferimento per la resistenza non violenta del popolo saharaui, diviso in due parti dall’insensatezza del dominio marocchino. Nella vicina e ospitale Algeria, a Tinduf, vivono nelle loro tende in attesa di tornare in patria, quella parte di popolazione che non ha voluto o potuto restare nel Sahara Occidentale diventato territorio marocchino. A Tinduf si vive o si sopravvive grazie agli aiuti internazionali, al riconoscimento delle Nazioni Unite del Fronte Polisario e dalla solidarietà che circonda la giusta causa di questo piccolo popolo senza potere. A El Aaiun vivono gli altri, quelli che da decenni offrono una resistenza passiva al Re del Marocco, inalberando le loro bandiere, ostinatamente dichiarandosi cittadini saharaui. E’ quello che ha fatto Aminattou: riempire un formulario rientrando a El Aaiun in cui alla casella “nazionalità” ha scritto “Sahara Occidentale”.

Il giovane Re del Marocco, che aveva suscitato qualche speranza nel momento della successione al trono, è un abile governante: ha offerto impieghi e stipendi ai saharaui cercando di disperderli per tutto il territorio marocchino, ha concesso congrue borse di studio per gli studenti, ha investito molto su urbanizzazioni, creazioni di attività produttive e, soprattutto, ha invogliato i cittadini marocchini a trasferirsi massicciamente nei territori saharaui. Questa politica astuta non è bastata a domare un popolo orgoglioso, che ha subito umiliazioni e ingiustizie, che da decenni è separato dai propri fratelli.

Aminattou rappresenta proprio la testardaggine e il coraggio del suo popolo. Rimandata illegalmente e per forza in Spagna, si è inchiodata nell’ aeroporto di Lanzarote, si è dichiarata in sciopero della fame e ha rivendicato un solo, sacrosanto diritto: tornare in patria, dalla sua famiglia.

Raccontando, con grande lucidità, l’odissea a cui è stata sottoposta, è stata davvero lapidaria: “non sono stata io a creare questa situazione di crisi … i governi spagnolo e marrocchino sono responsabili di tutto quello che sta succedendo. Io chiedo solo una cosa: di essere rimandata nella mia terra, il Sahara Occidentale, dove è la mia terra e dove stanno i miei figli, con o senza passaporto. Questo è un vostro problema”.

Il governo di Zapatero si è trovato in un impiccio inaudito; il dinamico e abile Ministro degli Esteri Moratinos ha visto commettere dai suoi funzionari una serie di errori grotteschi: imbarcare Aminattou sull’aereo che l’ha riportata in Spagna senza il passaporto, che le era stato ritirato abusivamente dai funzionari marocchini a Al Aaiun e contro la sua volontà; ha cercato di imbarcarla di nuovo su un volo semiclandestino che è rimasto incollato sulla pista di Lanzarote dal rifiuto del Marocco di farlo atterrare; ha offerto alla testarda saharaui un passaporto, spagnolo, la residenza e qualunque altra cosa venisse in mente pur di togliere quella patata bollente dal pavimento dell’aeroporto dove giaceva avvolta nella sua “milfa”, il caratteristico telo delle donne della sua terra. Ban Ki Moon, Saramago, Bardem e una vasta opinione pubblica spagnola è a fianco della coraggiosa militante per i diritti umani, ma c’è una ragion di stato che mette in imbarazzo il Governo spagnolo: i pochi chilometri che lo dividono dal Marocco da dove parte l’irrefrenabile invasione di disperati africani verso il primo mondo, le enclaves spagnole di Ceuta e Melilla, il contenzioso sull’isola Perejil, hanno orientato una politica amichevole nei riguardi del Marocco. La protesta di Aminattou, già reclusa e torturata, perseguitata per la sua militanza, caparbiamente intenzionata a far valere il suo diritto di tornare nella sua terra, ha scatenato una tempesta che mette in luce l’incongruenza della real politick e sovverte l’universale legge del più forte. Se Aminatou, che rischia la vita, l’avrà vinta, avrà vinto una battaglia di principi per tutti noi.

Alessandra RiccioAlessandra Riccio ha insegnato letterature spagnole e ispanoamericane all’Università degli Studi di Napoli –L’Orientale. E’ autrice di saggi di critica letteraria su autori come Cortázar, Victoria Ocampo, Carpentier, Lezama Lima, María Zambrano. Ha tradotto numerosi autori fra i quali Ernesto Guevara, Senel Paz, Lisandro Otero.E' stata corrispondente a Cuba per l'Unità dal 1989 al 1992. Collabora a numerosi giornali e riviste italiani e stranieri e dirige insieme a Gianni Minà la rivista “Latinoamerica”. E’ tra le fondatrici della Società Italiana delle Letterate.
 

Commenti

  1. Stefano Bovero

    Occorrerebbe dare ancor maggiore visibilità ad un episodio che ha imbarazzato la Spagna e i suoi alleati. Spero che le organizzazioni per i Diritti Umani possano contribuire a questo.

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