La Lettera

Per Terre Sconsacrate, Attori E Buffoni

Governo denunciato

di

L’ho fatto. L’avevo scritto, l’ho fatto. Stamani sono stato alla Procura della Repubblica di Firenze e ho denunciato il governo. Ho presentato due esposti recanti la “notitia criminis” concernente il favoreggiamento dello squadrismo, il primo, e varie fattispecie … continua »

Dire, fare, mangiare

E la chiamano cellulite

di

L’estate ci mette a misura con il nostro corpo. La maggior parte delle donne si confronta con il problema della cellulite. Premesso che la cellulite è molto diffusa e non si può prescindere da una predisposizione personale ad averla o … continua »

Lettere »

Una rivolta “povera” senza armi, striscioni e l’appoggio dei vecchi partiti laici e religiosi. Nessun integralismo ma il pericolo del trasformismo dei grandi interessi: forze armate e diplomazie proveranno ad annacquare la voglia di democrazia

Adel JABBAR – I paesi arabi non sono paesi per vecchi: i giovani, internet e la Tv di Al Jazeera rovesciano regimi corrotti protetti da Usa ed Europa

14-02-2011

di

Quello che sta succedendo nel mondo arabo e in particolare in Egitto e Tunisia, liberate dalle dittature, cosa succede nello Yemen, in Giordania e in Algeria, sta a dimostrare che è terminato un periodo nel quale quasi tutti i paesi arabi hanno convissuto con la paura. Hanno convissuto con la repressione, spesso feroce, con sistemi assolutamente autoritari, dittatoriali, dispotici, con una componente di corruzione molto evidente, con dei regimi che hanno escluso per anni buona parte della popolazione dalla partecipazione alla vita pubblica e politica, non solo impaurendo ma anche impoverendo. In conseguenza di tutto questo le manifestazioni di oggi sono caratterizzate da due elementi: da una parte la rivendicazione della libertà e dall’altra parte la richiesta di giustizia sociale e soprattutto la richiesta di dignità.

Dopo la caduta del muro di Berlino nell”89 il mondo arabo è rimasto fuori da qualsiasi dialettica di cambiamento; le manifestazioni di oggi dimostrano che il clima di paura e di terrore è terminato e siamo di fronte all’avvio di un nuovo processo. Quali saranno le fasi, i traguardi, le interpretazioni della vita pubblica è tutto da vedere, ma intanto queste manifestazioni danno un segnale molto preciso: le popolazioni dei paesi arabi non sono più disposte a sopportare né le condizioni economiche né le condizioni politiche in cui vivevano da anni.

Vorrei utilizzare un’immagine per esplicitare meglio le condizione in cui si sono trovati questi popoli, ossia quella di un triangolo, che ha funzionato in tutti questi anni come un recinto di repressione e di dispotismo assoluto. Un triangolo composto, per un lato, dall’ondata di un certo integralismo religioso che era privo di una progettualità e chiarezza, di una reale interpretazione dei bisogni e delle esigenze delle popolazioni; per un altro lato dai sistemi di governi secolari, dispostici, familistici e spesso corrotti; come terzo lato infine l’ingerenza di potenze straniere che hanno sorretto i regimi, un appoggio che certamente ha giocato un ruolo determinante nel favorire per lunghi decenni l’operato di combriccole autoritarie e violente. Le potenze straniere che hanno sostenuto questi regimi spesso sono rimaste in silenzio rispetto alle violazioni di diritti elementari delle popolazioni.

Oggi tutti questi elementi che hanno sorretto i regimi dell’area si trovano in crisi di fronte a quello che è avvenuto, ai movimenti di base che si sono ribellati alla loro condizione. Sia nel caso egiziano sia in quello tunisino i partiti detti di opposizione ufficile- ma un’opposizione spesso meno che decorativa- sono stati scavalcati, ma anche la stessa opposizione, quella reale, quella che ha vissuto per decenni in una situazione di repressione quasi totale, è stata scavalcata da queste forze popolari che ora stanno rivendicando – pagando anche un alto prezzo- un accesso alla partecipazione politica e un nuovo ruolo dello stato come garante delle esigenze di larga parte della popolazione.

Quel triangolo su cui si basavano questi regimi è ora in frantumi: sia i regimi, sia gli stessi movimenti integralisti, sia le potenze straniere si trovano in forte difficoltà di fronte agli avvenimenti attuali. C’é da dire che questi movimenti non nascono dal nulla, non nascono come mera sollevazione spontanea per rivendicare il pane; stiamo parlando di popoli che hanno una storia millenaria, hanno una coscienza e un senso di sé come tanti altri popoli nel mondo, soprattutto hanno una storia di lotta di liberazione dal giogo del potere colonialista. In alcuni periodi le popolazioni si sono mosse in termini di rivolta, di ribellioni, anche se, essendo popolazioni disarmate senza aiuti esterni, spesso sono state represse nel sangue. Molti degli attivisti sono stati torturati, incarcerati, esiliati, però attualmente sembra che la paura e la repressione non siano sufficienti per arginare questo flusso “rivoluzionario” di rivendicazioni che chiedono la fine di regimi impopolari, della corruzione, del marciume, per ottenere giustizia sociale, libertà e dignità, evidenziando una consapevolezza politica molto matura.

Ritengo elementi determinanti la mancanza di libertà e l’insicurezza dei cittadini. Il sentirsi perseguitati (perfino in casa propria) come persona umana, ha avuto un peso notevole e importante. Ricordiamoci inoltre che, se negli anni ’60 e ‘ 70 questi stati hanno avuto un percorso economico che ha garantito una redistribuzione del reddito e la creazione di un minimo di Welfare, oggi questo è venuto meno, molte proprietà dello stato sono state privatizzate, anzi in molti casi accaparrate, “familizzate” dai parenti di chi gestiva il potere, che agli occhi della gente è strapotere assoluto.

In regimi così repressivi non ci sono neppure luoghi dove la gente può ritrovarsi; spesso non ci sono né spazi né riferimenti per le organizzazioni della società civile. Per questo strumenti come Twitter, facebook, cellulari, sms sono diventati sussidi per scambiare informazioni, per far sapere cosa sta accadendo nei vari luoghi, nelle varie situazioni. Oggi le connessioni sul piano telematico sono fortissime, sono connessioni che accorciano le distanze, anche popolazioni lontani dai luoghi del potere sono in grado di connettersi, accedere alle informazioni, acquisire conoscenze.

Da decenni assistiamo anche all’evolversi di una società civile mondiale dove avviene uno scambio di linguaggi, di temi come la giustizia, la libertà. Negli ultimi decenni questi processi sono divenuti più celeri. La televisione Al Jazeera ad esempio è diventata un luogo virtuale dove le persone possono partecipare, riconoscersi in una serie di contenitori culturali e politici, dove avvengono continuamente svolto dibattiti su temi sensibili, delicati in cui vengono presentati punti di vista completamente diversi. Nel caso di quello che è avvenuto in Tunisia, di fatto, da metà dicembre AJ è stata censurata nel momento in cui il regime ha capito l’importanza delle capacità di questa televisione di seguire le rivolte nei diversi luoghi del Paese, il luogo dove i tunisini si informano sui loro accadimenti e sulle manifestazioni di sostegno delle altre popolazioni arabe. Durante una trasmissione un cittadino tunisino intervistato ha detto che il 70% di quello che è avvenuto, il successo della rivolta è stato reso possibile grazie ad AJ, ma non perché AJ fomentava o sosteneva, ma perché documentava, faceva vedere quello che avveniva, mentre la televisione di stato nascondeva tutto.

Le date del 14 ed 25 gennaio 2011 saranno incise nella profondità dell’immaginario delle genti arabe. Popolazioni che da lunghi anni sono in attesa di riscatto per scrollarsi di dosso un orribile cumulo di fallimenti e di sconfitte sui tutti piani e specialmente il perpetuarsi delle sofferenze dei palestinesi e la drammatica situazione delI’Iraq.

Questa rivoluzione è nata dal basso, senza alcun sostegno esterno, a differenza delle “rivoluzioni a colori” sostenute da potenze straniere. Sono manifestazioni non funzionali a nessun progetto di potenza grande, media o piccola, sono manifestazioni di disobbedienza civile, disarmate, quindi non violente e questo confuta il fatto che da anni si va sostenendo in Europa, che la società musulmana si identifica con la violenza. La seconda questione è che con queste manifestazioni non ci si muove per questioni religiose, per difendere chissà quale astratta sacralità, ma per difendere la dignità di quei cittadini. Sono manifestazioni povere, non hanno neanche molti striscioni, sono manifestazioni dove si scrivono cartelli a mano, dove le parole d’ordine sono la libertà, la dignità, la democrazia, no al dispotismo (Istibdad), no alla corruzione (Fasad). La forza di queste manifestazioni è che sono sostenute da esponenti dei ceti medi, dagli operai , dai contadini, dalle donne, dagli uomini, dagli anziani e dai giovani. Sono movimenti popolari, non particolarmente ideologicizzati.

Questi movimenti non nascono, come si dice in Europa nel gergo politico, perché ci sono delle avanguardie che fomentano, che guidano. Le avanguardie se ci saranno nasceranno da questi movimenti, verranno fuori le persone che hanno partecipato effettivamente. Non è da trascurare la presenza di realtà politiche con un certo radicamento, perché queste manifestazioni non nascono dal nulla, ci sono state in passato mobilitazioni, rivolte e rivendicazioni che rappresentano dei riferimenti significativi per gli attivisti di oggi.

Oltre alle forze politiche a favore di un radicale cambiamento ci sono dei gruppi che hanno molti legami con vecchie e nuove potenze coloniali, ci sono personaggi che possono riciclarsi, possono rivendicare un linguaggio liberale, possono fare delle aperture di un certo tipo, molto moderate, con aggiustamenti di facciata, ma stanno attendendo l’occasione per inserirsi nel gioco e controllarne gli effetti. Certo che le potenze esterne proveranno a trovare delle strategie per impedire, far abortire, stroncare, nei migliori dei casi, trovare un compromesso per aggiustamenti timidamente liberali sul piano politico e sul piano economico. Ma non credo che siano sufficienti per dare risposte a esigenze di società dove circa il 60% della popolazione è giovane, con livelli di istruzione molto alti, aspettative molto alte, diverse dai loro genitori. Si ha a che fare con una nuova fascia della popolazione molto estesa che si sente totalmente esclusa, per cui gli aggiustamenti di facciata non potranno reggere a lungo, ma ci sarà bisogno di riforme radicali sul piano sia politico che economico, perché la gente è stanca di vivere in condizioni inaccettabili e di accettare il servilismo come ricetta per accedere a un nuovo progresso.

Adel Jabbar è sociologo ricercatore presso l'Università Ca' Foscari di Venezia. Vive in Italia da 30 anni. Nell'area della ricerca, della formazione e della mediazione culturale ha collaborato con vari enti e istituzioni (CENSIS, CNEL, Commissione per le politiche di integrazione).
 

Commenti

  1. Nicolai Caiazza

    La svolta in Egitto
    Dopo i primi diciassette giorni di mobilitazione popolare il processo rivoluzionario ha preso una svolta determinata questa volta dall’intervento della classe operaia. Il giovedí 10 erano partito scioperi e occupazioni in diverse fabbriche e installazioni importanti. Le rivendicazioni operaie di salari, condizioni di lavoro, diritti democratici, la loro determinazione, in alleanza con i settori popolari e della classe media radicalizzata, sono stati il fattore che ha travolto la resistenza del regime al potere provocando una lotta al loro interno. La paura che la rivolta passasse da lotta per rivendicazioni democratiche a lotta per rivendicazioni sociali ha fatto sí che una parte dell’alto comando dell’esercito si decidesse a fare dimettere Mubarak.
    I media europei delle varie tendenze hanno in diversa misura enfatizzato il ruolo degli Usa nella crisi tunisina e egiziana. Gli Usa hanno da tempo proprie organizzazione mascherate dietro rivendicazioni umanitarie, democratiche, che cercano di infiltrarsi nella societá civile per poi poterne influenzare i movimenti rivendicativi. Se gli Usa sono intervenuti con i loro agenti per convogliare la mobilitazione contro Mubarak e garantire cosí un “cambio ordinato” hanno comunque sbagliato le misure. La scelta della popolazione di concentrare tutto il movimento con lo slogan Mubarak via é stata una scelta strategica. Questa é stata una scelta che ha funzionato giá in Tunisia: unificare la popolazione su uno slogan. Ma questo movimento ha sviluppato una tale potenza che ora non potrá essere convogliata in una riforma cosmetica. Il contenuto della rivolta diventano ora le rivendicazioni democratiche e sociali. Ognuno ha una rivendicazione, lavoro, salario, dignitá, diritti democratici. L’irruzione della classe lavoratrice in tutto il paese sta scuotendo ormai il regime dalle fondamenta, e non c’é esercito in grado di controllare o reprimere. A parte il fatto che la base dell’esercito é stata influita dalla rivolta e non sará facile per i comandi organizzare una repressione. La mobilitazione delle masse continuerá, questa volta per imporre la formazione di un governo provvisorio formato dalle organizzazioni di lotta, principalmente quella di Piazza Taharin. E questo é il fatto nuovo che sta sorgendo nel mondo postglobalizzato. Dopo che tutti i partiti e le organizzazioni politiche si sono lasciati influire e assorbire dagli interessi capitalisti e filoimperialisti, proprio quando il capitalismo pensava cosí di potere controllare il mondo per mezzo di una oligarchia é esplosa l’irruzione della massa che ha trovato la via per comunicarsi e per constatare la propria comunitá di interessi e di volontá di lotta. Senza intermediari. Questo é il fatto nuovo che sta cambiando il modo di concepire le relazioni politiche e sociali. Perché la capacitá politica non é piú prerogativa di una élite ma sta diventando bene comune. Basta vedere come si esprimono i nuovi leader delle mobilitazioni. Hanno le idee chiare su qual’é l’essenza delle cose, come muoversi, che strategia adottare. Questi cambiamenti stanno costituendo una base per una ondata rivoluzionaria a livello mondiale. La fine della paura e la fiducia in sé delle masse.
    Nicolai Caiazza
    11-02-2011

  2. Mauro Matteucci

    Onore ai giovani arabi, che hanno levato la testa contro regimi corrotti e ideologie, come il fondamentalismo islamico, imbevute di fanatismo, ma prive di reale progettualità al servizio delle masse! Una grande speranza viene da questi popoli e un in segnamento universale che ridà speranza soprattutto ai giovani.
    Mauro

  3. Andrea S.

    DI ALBERTO B. MARIANTONI
    mirorenzaglia.org

    Rivoluzioni… in Tunisia ed in Egitto? Per il momento, sono sicuro di no. Domani, invece, sono largamente tentato di non escluderlo affatto!

    Ma vediamo perché…

    A dire degli specialisti della massa cerebrale, sarebbe scientificamente provato che il nostro cervello – confrontato con un visibile, tangibile, allettante e succulento piatto di pasta fumante, abbondantemente condito con pomodoro, basilico e fragrante parmigiano; oppure, sollecitato da una minuziosa, lusinghevole ed invitante descrizione simbolica o metaforica dello stesso pasto – tenderebbe ordinariamente a reagire nella medesima maniera. Al punto tale che sottoposto a scansione clinica, sarebbe perfino possibile individuare ed osservare tra i meandri della materia grigia – previa inoculazione, nel circuito sanguigno, di un particolare ed inoffensivo liquido di contrasto – l’illuminazione elettrico-reattiva di equivalenti neuroni di riferimento.

    Questo vorrebbe dire che l’essere umano, a causa dei suoi naturali ed ineluttabili limiti fisiologici, non sarebbe praticamente in grado, all’interno della sua psiche, di potere immediatamente focalizzare, distinguere e differenziare il “dire” dal “fare”, l’ “essere” dall’ “apparire”, l’effettiva “realtà” da una qualsiasi “rappresentazione illustrativa o narrativa”.

    Non è escluso, dunque, che gli attuali responsabili dei diversi Stati e Governi occidentali – strettamente coadiuvati e sostenuti nel loro indecoroso ruolo di perfetti maggiordomi al servizio di poteri occulti, dalla maggior parte dei media cartacei ed audio-visivi – essendo perfettamente a conoscenza della suddetta particolarità umana, stiano sfruttando a fondo i singolari meccanismi di quella peculiare specificità. E questo, sia per continuare impunemente a promettere ciò che non sono mai in grado di mantenere, sia per manipolare o imbonire ad hoc le coscienze delle popolazioni, sia per perpetuare sine die ed in nome e per conto della finanza internazionale, il peggiore dei regimi che la storia abbia mai conosciuto: quello, per intenderci, Liberal-Capitalista-Globalista. Un sistema, quest’ultimo, apparentemente politico e sostanzialmente illegittimo ed usurpatore che tende pubblicamente ad esplicitarsi e formalmente ad auto-rappresentarsi agli occhi dei suoi amministrati, attraverso un furbesco ed ingannevole modello istituzionale che possiamo senz’altro definire di ‘Democrazia formale’, ‘illusoria’, ‘nominale’, ‘totalitaria’ e ‘dispotica’.

    Formale, in quanto i suoi cittadini/sudditi – se si esclude l’effimero gesto che è loro concesso di potere andare, di tanto in tanto, a votare per l’uno o l’altro dei “furbi” delle differenti fazioni in campo – sono sistematicamente esclusi o marginalizzati dalla vita pubblica dei loro Paesi e studiatamente mantenuti all’oscuro delle reali problematiche che travagliano la società.

    Illusoria, in quanto il “modello” istituzionale in questione – in piena e flagrante contraddizione in termini con la realtà – pretende che chi non è in grado di governare o di auto-governarsi, possa perfettamente valutare ed eleggere coloro che sono destinati a governarlo.

    Nominale, in quanto, il Sistema in questione ha semplicemente preferito sostituire – al significato ed al senso sostanziali del termine Democrazia (il “governo del popolo, dal popolo, per il popolo”, secondo la definizione fornita da Demostene) – la vacuità e l’inconsistenza formale della declamazione verbale della semplice e sola “parola”. Cercando di ovviare a quel vuoto sostanziale, con un’altra serie di parole astratte a consonanza compiacente e garbata, come la “libertà”, “l’uguaglianza”, la “fratellanza”, la “solidarietà”, la “giustizia”, lo “Stato di diritto”, i “diritti dell’Uomo”, “l’umanitarismo”, la “tolleranza”, la “moderatezza”, la “partecipazione”, etc.

    Totalitaria, in quanto chi, all’interno o all’esterno del suddetto modello di “Democrazia”, non accetta di riconoscere l’indiscutibile legittimità delle sue istituzioni, è immediatamente considerato la ‘personificazione del male’ ed il ‘nemico assoluto’ della società; e di conseguenza, chi non si sottomette alle ‘forche caudine’ dei suoi soggettivi ed arbitrari criteri di valutazione e di giudizio o delle sue ordinarie regole elettorali (che, naturalmente, sono forgiate ad hoc per permettere l’invariabile perpetuazione del medesimo Sistema), è automaticamente e politicamente ‘fuori gioco’.

    Dispotica, in quanto, il Sistema in questione – dopo avere studiatamente occultato ed interessatamente fatto dimenticare alla maggioranza dei cittadini/sudditi gli antichi e sempre validi concetti di Isonomia (l’uguaglianza dei cittadini nei confronti della legge), Isotimia (l’uguale diritto che i cittadini avevano di accedere a qualsiasi funzione dello Stato) ed Isegoria (la libertà d’espressione di cui godevano tutti i cittadini) – non esita affatto a criminalizzare e tiranneggiare tutti coloro che non sono d’accordo con la sua prassi quotidiana, nonché a favorire ed a privilegiare sfacciatamente coloro che accettano incondizionatamente di schierarsi dalla parte della sua ‘verità ufficiale’. Al punto tale che questi ultimi – parafrasando George Orwell – “sono, sempre e comunque, più uguali degli altri”.

    Risultato: il Sistema liberal-capitalista-globalista che pretende addirittura “esportare”, con la forza delle armi, a Nazioni terze il suo “modello” istituzionale – grazie alla televisione ed alla meticolosa ed efficace cassa di risonanza che gli è quotidianamente offerta dal resto dei media mainstream – è riuscito ad imporre, volens nolens, un vero e proprio ‘pensiero unico’ (nel senso di sola visione, permessa o autorizzata, dell’uomo, della società e del mondo, a discapito di tutte le altre) ed un linguaggio ‘politically correct’ (nel senso di ciò che si può o non si può dire, affermare o sostenere pubblicamente, pena la messa al bando, l’isolamento, la sanzione amministrativa e giuridica, nonché la morte civile dell’incauto trasgressore) alla quasi totalità dei Paesi del mondo.

    Il medesimo Sistema, inoltre – dall’alto della sua pretesa e mai dimostrata ‘superiorità morale’ (che altro non è, in definitiva, che una triviale e disonesta “morale” partigiana: nel senso di unica “morale” ammessa, permessa ed autorizzata che è addirittura applicata a danno e pregiudizio di qualsiasi forma di autentica ed armoniosa ‘morale societaria’ e/o ‘politica’) – è ugualmente riuscito ad istituire ed a far valere, a suo proprio vantaggio, un concetto di giustizia a ‘geometria variabile’, valida per tutte le occasioni e situazioni, che si arroga simultaneamente il diritto, soggettivo ed arbitrario, di potere costantemente ed impunemente giocare, su ogni “tavolo” ed in qualsiasi genere di conflitto, il comodo e perverso ruolo di ‘semplice parte in causa’, di ‘giudice imparziale’, di ‘assolutore morale’ e di ‘carnefice di servizio’.

    Come l’abusato e costantemente beffeggiato lettore del nostro tempo l’avrà senz’altro intuito, se mi sono permesso di fargli questa lunga e dettagliata introduzione, è stato semplicemente per potergli direttamente fornire una serie di ‘chiavi di lettura’ che, nella vita di tutti i giorni, possono senz’altro aiutarlo a discernere ed a misurare il grado di manipolazione a cui egli stesso, purtroppo, è incessantemente sottoposto, ogni giorno, dal suddetto Sistema.

    L’esempio più lampante ed istruttivo, lo troviamo nelle recenti notizie dell’attualità internazionale: vale a dire nelle due cosiddette “rivoluzioni” che si sarebbero svolte, nelle scorse settimane ed in diretta televisiva, sia in Tunisia che in Egitto.

    Ora, che in Tunisia ed in Egitto ci siano state delle palesi e cruente rivolte di una parte di quelle popolazioni contro i rispettivi regimi (quello del Presidente Ben Ali e quello del Presidente Mubarak) che, per decenni (21 anni il primo e 30 anni il secondo), sono stati apertamente e scandalosamente appoggiati e sostenuti dalla maggior parte dei Paesi del Blocco occidentale (USA-EU-Israel), non credo possa suscitare una qualsiasi rimessa in discussione.

    Che all’interno, invece, dei suddetti Paesi, ci siano state, per il momento, delle effettive e tangibili rivoluzioni popolari che abbiano aperto la strada alla prossima instaurazione di una vera e propria Democrazia (diversa, dunque, da quella che poc’anzi ho preso la libertà di analizzare e mettere a nudo), il lettore mi scuserà, ma – conoscendo da vicino la natura ed il funzionamento interno di quegli Stati ed essendo al corrente degli osceni ed inconfessabili interessi che spingono costantemente la quasi totalità dei Paesi occidentali a puntellare e rinforzare quel genere di regimi – continuo testardamente ad avere i miei più fondati e documentabili dubbi!

    In Tunisia, infatti, a parte l’ufficiale e teatrale eliminazione del “fusibile” Ben Ali, non mi sembra che sia cambiato qualcosa…

    Al contrario, il regime inizialmente instaurato dal Presidente Burguiba nel lontano 1956-1957 e successivamente gestito e perfezionato dal Presidente Ben Ali, continua imperturbabilmente a rimanere ben saldo sulle sue strutture di sempre (quadri politici e governativi, servizi segreti, polizia ed esercito) ed a detenere, fino a prova del contrario – anche se con la pubblica e verbale promessa al popolo, di future e “libere” elezioni… – l’insieme dei poteri dello Stato.

    Lo stesso dicasi dell’Egitto, dove – dopo l’eliminazione ufficiale del “fusibile” Mubarak e la formale promessa, agli insorti di Piazza al-Tahrir, di future e “libere” elezioni… – tutto resta come prima. Se non peggio di prima… Con il solito staff politico e dirigenziale, il solito esercito, i soliti servizi segreti e la solita polizia che – oltre ad essersi preventivamente premurati di sciogliere il vecchio Parlamento e di sospendere, per sei mesi, l’applicazione delle garanzie costituzionali – continuano seraficamente a controllare, con l’usuale beneplacito politico e diplomatico dell’Occidente, la quasi totalità dei gangli vitali (militari, politici, economici, culturali, amministrativi, giuridici e civili) del Paese.

    Eppure, grazie alle enfatiche, mirate e forvianti manipolazioni operate dalla quasi totalità dei mezzi di informazione embedded del mondo, tutto sembra davvero cambiato.

    Come per incanto, infatti, il regime tunisino e quello egiziano sembrano diventati improvvisamente “liberali”, “tolleranti”, “aperti al dialogo”, “pronti a qualsiasi concessione”. E gli stessi Paesi (Stati Uniti ed Unione europea in testa!) che fino a ieri ne avevano avallato e rafforzato (a colpi di miliardi di dollari o di euro…) l’esistenza, nonché sostenuto ed incoraggiato, con il loro ufficiale o ufficioso compiacimento, le più generalizzate e vomitevoli pratiche repressive, tendono, oggi, a sbracciarsi platealmente ed a fare a gara tra di loro, agli occhi del mondo ed in diretta televisiva, per dichiararsi da “sempre”… propugnatori e promotori del “nuovo” corso politico nei suddetti Stati. Il tutto, naturalmente, in nome dell’abituale e magica parola, “Democrazia”, abbondantemente farcita, come di consueto, con le solite ed allettanti altre belle parole di contorno che conosciamo: “libertà”, “uguaglianza”, “fratellanza”, “solidarietà”, “giustizia”, “Stato di diritto”, “diritti dell’Uomo”, “umanitarismo”, “tolleranza”, “moderatezza”, “partecipazione”, etc.

    Il “popolo bue”, purtroppo, anche questa volta, ed è triste doverlo constatare – avendo probabilmente dimenticato o mai conosciuto le sagge e premonitrici riflessioni di Étienne de La Boétie (1530-1563), nel suo ‘Discours sur la servitude volontaire’ – si è fatto nuovamente ed ingenuamente convincere dagli abituali e prezzolati “venditori di fumo” di una certa stampa internazionale che i feroci e rapaci tiranni dei loro Paesi erano soltanto due: Ben Ali (in Tunisia) e Mubarak (in Egitto), coadiuvati, al massimo, da qualche loro stretto parente, amico o conoscente… E, per l’ennesima volta, il “popolo bue”, ha “abboccato all’amo” della solita disinformazione.

    Per ora, dunque, in Tunisia ed in Egitto, a mia conoscenza, non risulta che sia avvenuto qualcosa di nuovo. Anzi, come per il passato: niente libertà (horreya), niente democrazia (dimuqratya), niente giustizia sociale (‘adala igtimaya), nessuna fine della corruzione (al-fasad), nessuna fine della disoccupazione (al-batala).

    Insomma, per il momento, tutti contenti e coglionati…

    E questo, fino al giorno in cui… l’uomo della strada – sia all’interno del sempre beffato, tradito e martirizzato Mondo arabo che della nostra angariata ed asservita Europa – riuscirà davvero a prendere coscienza della sua poco invidiabile condizione di volgare ed umiliato pupazzo nelle mani dei più grandi delinquenti che la Storia abbia fino ad oggi potuto sperimentare. Ed a liberarsi, con le proprie forze, sia dai suoi più infidi, radicati ed intralcianti riflessi condizionati che dalla sua annosa, avvilente e degradante schiavitù.

    Allora sì, che – nei diversi Paesi delle sponde opposte del Mediterraneo e senza nessuna “diretta” televisiva… – avremo sicuramente l’occasione o l’opportunità di vederne delle belle!

    Alberto B. Mariantoni
    Fonte: http://www.mirorenzaglia.org
    Link: http://www.mirorenzaglia.org/?p=17769
    14.02.2011

I più votati

--

I più scaricati

--