La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Inchieste » L'Italia multietnica »

Il silenzio dei poveri

21-05-2009

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Chi legge la storia non soltanto sui libri scritti dai vincitori, ma anche ascoltando i lamenti o i silenzi dei poveri ai quali i mass-media dei potenti tagliano le corde vocali, chi si addentra nei fatti del passato e in quelli della cronaca che viviamo e di cui – lo vogliamo o no – siamo responsabili, protagonisti e autori, chi non dimentica il vangelo né la dura, lunga, sofferta esperienza del costruire una società in cui all’uomo l’uomo sia fratello e non lupo, sa bene che accadono eventi i quali, a tutta prima, possono sembrare episodi di scarsa rilevanza, ma che invece, a pensarci bene, segnalano il livello del male di cui siamo tutti portatori se non ci occupiamo attivamente di chi patisce una crudele negazione dei suoi diritti alla vita. Quegli eventi non sono visibili o rumorosi come guerre devastanti né uccisioni di tiranni, né il rosseggiare di sanguinose rivoluzioni; non spingono i parlamenti a convocarsi d’urgenza, non incidono sui bollettini di borsa, non modificano i programmi scolastici né sbiadiscono la nostra cupa concentrazione sui “fatti nostri”. Poiché sembrano riguardare soltanto gruppi di poveri si concede loro poco spazio – ed effimero – della nostra attenzione. Se mai questa attenzione sembri obiezione ai loro comportamenti, i governanti ci assicurano che si tratta di spiacevoli incidenti di percorso nella difesa del nostro livello di vita, che sono accaduti una volta ma non si ripeteranno perché hanno anche un valore deterrente nei confronti dei poveri che turbano il nostro ordine pubblico. Come dicevano i terroristi “rossi”? Punirne uno per rieducarne cento.

Quegli eventi, però, sono spie di vetro che saltano, mostrando le crepe del nostro sistema di vita, collettivo e personale. Che siano cose di poco conto è illusione dei potenti e magari anche nostra, di noi inquieti e tremuli galantuomini e buone donne che voltiamo la faccia dall’altra parte, “tanto non c’è niente da fare”: quegli eventi, anche se vengono descritti in poche righe dal servilismo dei giornali e delle televisioni del governo, anche se si cerca di nasconderli come si nascondono certe deformazioni o mali ributtanti, lebbre o sifilomi, rimangono “attivi” nella storia. Apparentemente scomparsi, in realtà si incistano nelle nostre strutture sociali e nelle nostre identità, modificano i nostri valori, ci cambiano, talvolta irreparabilmente. Un giorno, scoprendone gli effetti devastanti, faticheremo a ricordarne l’origine, o addirittura saremo diventati così diversi (peggiori) da non vedere il fango nel quale abbiamo scelto di camminare. Già ai meno giovani fra noi è facile constatare come i politici italiani usino oggi abitualmente un linguaggio che sarebbe risultato a tutti intollerabile solo pochi anni fa, e avanzino seriamente proposte razziste le quali, ancor prima che crudeli, pochi anni fa sarebbero state considerate demenziali.

Quanto è avvenuto nei giorni scorsi in quel liquido cimitero in cui si seppellisce il genocidio dei miseri che ci chiedono pietà segna, secondo me, un mutamento antropologico di terribili dimensioni: è la regressione a tempi lontani e crudeli che la storia della civiltà ci aveva illuso essere dimenticati per sempre, a tragedie come questa: “Nel 1847, ottantaquattro bastimenti furono fermati a Grosse Isle, sotto Quebec. Fra gli immigranti irlandesi che cercarono rifugio sotto fragili capannoni esposti a tutte le intemperie, ne morirono 10 mila. E 3 mila erano così soli che nessuno ne conobbe mai i nomi. Come dice la Bibbia, li ho visti distesi sulla spiaggia, li ho visti trascinarsi nel fango e morire come pesci fuor d’acqua“. Un secolo e mezzo più tardi, l’Italia, uno degli 8 paesi più “sviluppati” del mondo, ha usato una nave da guerra, uno dei costosissimi capolavori della tecnologia militare, per rimandare in un vero e proprio lager un piccolo gruppo di miseri che erano riusciti ad evaderne. Non c’è nessun italiano, che non sia analfabeta di ritorno, il quale ignori che cosa sia un centro di detenzione profughi in Libia: creature umane sottoposte a un trattamento miserabile, torture, violenze carnali e persino – come hanno raccontato tante persone che sono riuscite a fuggirne – donne che muoiono cercando di abortire il piccolo nemico che il carnefice ha seminato nel loro grembo. È a inferni del genere che abbiamo riconsegnato 227 persone che non avevano altra colpa che quella di cercare pane e dignità, che per respirare un po’ di speranza hanno percorso lunghi, pericolosi, dolorosi cammini di fame e di violenza. Per difendere la nostra paura, siamo diventati gestori di morte. Lo hanno compreso bene i nostri marinai, che non hanno avuto il coraggio di disobbedire a ordini che infangavano la nostra bandiera, ma che hanno espresso la loro vergogna nell’assistere alla disperazione di chi aveva intravisto una terra libera e si vedeva inchiodato alla violenza del nostro egoismo. Nostro, sì, o della maggior parte di noi, elettori di un governo infettato e corrotto dalla capacità di odio della Lega. O che, adesso, tacciamo.

Quello che è successo non può essere valutato in tutta la sua gravità se non si ricorda che il governo Berlusconi ha praticamente “tagliato” ogni nostro aiuto alle popolazioni più povere del Sud della Terra, e questo mentre la crisi economica mondiale morde con maggiore ferocia le aree del sottosviluppo. Né si può dimenticare che molte delle persone che ci chiedono asilo vengono da regioni (Afghanistan, Iraq) sconvolte da guerre cui l’Italia partecipa; ed altre fuggono da conflitti (Etiopia, Eritrea, Somalia, Congo…) cui neghiamo ogni attenzione anche se non pochi governi comprano armi dall’Italia o si muovono al servizio di aziende italiane (legno, petrolio, coltan: il minerale necessario ai nostri cellulari) le quali devastano aree immense dell’Africa. Inoltre fra quei 227 esuli molti, come è risultato in tutti gli sbarchi a Lampedusa, avevano diritto di asilo nel nostro Paese, secondo l’articolo 10 della nostra Costituzione, perché colpiti nei loro diritti umani; ma nessuno ha udito i loro racconti, e il respingimento li rimetterà probabilmente nelle camere di tortura dalle quali erano usciti senza più giovinezza; respinti dall’Italia, saranno respinti dalla Libia… Ma poi: non ci dicevamo tutti (o quasi) cristiani? Respingere chi chiede aiuto, ci dice il vangelo, è il peccato più grave che si possa commettere: vedi Matteo XXV, 31-46: “Ero forestiero e voi non mi avete ospitato… Via, lontano da me, maledetti!”.

È per questo che parlo di un nostro mutamento antropologico. Siamo ancora capaci, in molti, di solidarietà per i nostri connazionali colpiti da catastrofi naturali, ma non vediamo più, come accadeva in una stagione felice, la disperazione di nostri fratelli colpiti dalla crudeltà di un sistema economico su cui si basa la nostra agiatezza. Nella terribile odissea dei respinti si rivela lo scadimento etico, l’imbarbarimento che connota ormai tanta parte della nostra società, a cominciare dalla casta politica. Se la gioia manifestata in questa occasione dal ministro Maroni, propagandista della “cattiveria” di stato, sembra l’infame soddisfazione del cacciatore di schiavi fuggiti dalla spietata violenza dei padroni e da lui riportati alla frusta, quella non meno sfolgorante dei Cota, dei Bricolo, dei Calderoli e dei loro seguaci mostra chiaramente che ci troviamo ormai in un regime di proto-apartheid: il progetto non è soltanto quello di impedire l’arrivo di immigrati ma anche di rendere difficile quanto più è possibile la vita di quelli già residenti fra noi. Il “pacchetto sicurezza” ne è eloquente documento.

Tuttavia la brutalità leghista non è forse l’immagine più dolorosa di questi giorni: i contorcimenti di Rutelli e di Fassino mostrano quanto purtroppo il Partito Democratico sia ancora ben distante dall’impronta di limpida forza di opposizione che Franceschini sta coraggiosamente tentando di consolidare; e ignobile risulta l’ipocrisia di certi portavoce del Popolo della Libertà. Penso per esempio all’onorevole Bocchino che con aria contrita parla della dolorosa necessità di essere “severi” con l’immigrazione illegale. “Severità” il respingi-mento nel lager? Sembra di risentire lo squadrista mutilato di “Armarcord” che si lamentava della violenza alla quale i suoi camerati erano “costretti” dall’insana smania di libertà degli antifascisti…

Adesso con insolita durezza, il presidente del Consiglio ha rivendicato a sé l’iniziativa del respingimento (lui lo chiama “accompagno”!) dei profughi, sottolineando che Maroni non ne è stato che l’esecutore. Un dubbio mi inquieta. Berlusconi era sembrato un po’ distaccato dall’evento, limitandosi a dire, con l’abituale approssimazione, che l’Italia non vuole essere uno stato multietnico. Come mai gli preme adesso la rivendicazione di un fatto che ancora una volta ha attirato al nostro paese la riprovazione internazionale? Mi domando se qualche sondaggio non gli abbia mostrato che l’episodio ha procurato alla Lega un consenso talmente vasto da inquietarlo o da spingerlo ad appropriarsene. Se così fosse, sarebbe davvero un tristissimo momento però chi crede nei valori umani.

Comunque sia, penso che non ci si possa arrendere, e di fronte a una crudeltà “politica” sia necessario, innanzi tutto, alzare la voce. Mi sembra che il silenzio sarebbe correità. Deve risultare evidente al governo, alle sue forze parlamentari, ai suoi sondaggi che vi sono milioni di italiani che non sono tanto sciocchi da ritenere che il fenomeno migratorio debba essere lasciato a se stesso ma che pensano che le leggi che debbono regolarlo non possono prescindere dalle sue cause e dai doveri di umanità, i quali soltanto consentono di poter parlare di civiltà. I rozzi, gli insensati, i paurosi trascinati dalla paura all’odio razziale sono presenti dovunque e sfruttano la nostra inerzia. Impongono le loro scelte politiche a un governo che si mostra insensibile alla crudeltà di certi provvedimenti (ciò che la dice lunga anche su certe scelte di politica interna: mancata protezione delle pensioni minime, dei 2 milioni e mezzo di cittadini che “vivono” sotto il livello di povertà, dei lavoratori precari, dei disoccupati senza cassa integrazione…). A molti di noi potrà parere impossibile o inutile far sentire la propria voce. Non è così: stringersi intorno agli strumenti che la società civile si è data (dal Commissariato Italiano Rifugiati alla Caritas alla Chiesa Valdese alla miriade di organismi non-governativi che onorano il nome dell’Italia nel Sud dei poverissimi), scrivere al presidente del Consiglio, ai parlamentari cui si è dato il voto e ai candidati delle prossime elezioni, far votare ordini del giorno agli Enti locali cui siamo vicini, organizzare e sostenere dibattiti e manifestazioni… esiste una pluralità di iniziative che le comunicazioni informatiche moltiplicano e rendono possibili in tempi brevissimi.

Servirà a poco? Bonhoeffer scriveva dal carcere: “L’essenza dell’ottimismo è una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, il futuro lo rivendica per sé”. Penso che non dobbiamo lasciare il futuro agli avversari della dignità umana. E che a questo valga la pena di spendere un po’ del nostro oggi.


Oscar Hanlin, Gli sradicati, Edizioni di Comunità, 1978

Ettore MasinaEttore Masina, giornalista e scrittore. Ha lavorato ne "Il Giorno" di Italo Pietra. Primo vaticanista della televisione italiana, poi nel TG2 di Andrea Barbato. Nel 1964 ha fondato e per trent’anni diretto un’associazione di solidarietà internazionale (Rete Radiè Resch) tuttora attiva in vari paesi. Tra i suoi libri "Romero, il vescovo deve morire", "Le barche sono rotonde" (G.O.); finalista al premio Viareggio con "Il vincere" (edizioni San Paolo). Deputato per due legislature, è stato scelto all’unanimità dai gruppi parlamentari come presidente del Comitato della Camera per i diritti umani.
 

Commenti

  1. […] IL SILENZIO DEI POVERI […]

  2. E’ ora di dire basta alla violenza razzista. Alle leggi del governo, alle bande criminali che in questo Paese si muovono indisturbate, al razzismo della gente comune, di chi dice che gli immigrati sono criminali oppure tendenti al male. Siamo stanchi di menzogne, di silenzi e di imbrogli politici, di campagne elettorali fatte sempre contro gli immigrati e in generale contro chi è diverso. A tutto questo vogliamo dire basta! Ci sembra assurdo e indegno quello che sta accadendo. Vogliamo vivere in pace , in armonia, pensare le differenze come una ricchezza, affermare l’umanità e per questo
    accogliere chi oggi ha bisogno. Rispedire a morire tanti nostri fratelli e
    sorelle che vengono qui affrontando tante difficoltà è per noi una risposta disumana e incivile. Per questo ci appelliamo a tutti quelli che vogliono un’altra umanità, che ogni giorno si impegnano per costruire una vita degna per tutti. Sappiamo che questo non è solo il Paese di chi governa, dei tanti razzisti che non si vergognano e che continuano a fare del male.
    Crediamo che ci sia tanta gente di buona volontà che però ancora non si fa sentire come dovrebbe. Questo è il momento di unirci, di organizzarci, di farci sentire. Abbiamo bisogno della forza di tutti per rompere il clima di razzismo, per cominciare a respirare un’aria diversa.Immigato, italiano, antirazzista, Se hai a cuore l’umanità e vuoi difendere la tua vita, ti invitiamo a Roma il 13 e 14 per un Convegno nazionale antirazzista.

    Programma:
    Sabato 13 giugno
    Workshop tematici su Sanità,Scuola, Lavoro, Autodifesa legale, Informazione
    Domenica 14 giugno
    Assemblea pubblica Accoglienza contro il pacchetto sicurezza

    Sede: Teatro Saffi-via dei Sabelli 119, Roma

    Associazione Antirazzista e Interetnica 3 febbraio
    http://www.a3f.org- tel. 3391625513,3479761629,3479812695 CONTATTACI!

  3. Domenico

    Non dimentichiamo i poveri emigrati italiani che non hanno trovato l’eldorado loro prospettato . E non parlo dei paesi del S America ma degli Stati Uniti dove, secondo il governo americano, dei 15.723.406 residenti di origine italiana – 604.477 nati in Italia – sono 1.041.656 coloro che hanno un reddito sotto il livello di poverta’.

    La loro esistenza e’ negata dai “leaders” delle comunita’ che dicono che negli USA di italiani poveri non ce ne sono. Parliamo di leaders, eh.

    E quando questi poveri si recano alle agenzie governative – federali e statali – per aiuto la prima cosa che viene loro chiesta e’: sei cittadino americano? Se la risposta e’ no, e ce ne sono tanti…ma tanti, niente aiuto per te.

    Se siete interessati scrivetemi
    Domenico Mancini, Detroit

  4. Domenico

    domenico mancini

  5. vittorina

    grazie per queste belle riflessioni non ti conosco ma ti ringrazio per quello che fai grazie infinite e continuiamo a crederci ciao vittorina

  6. LA VOCE A : ISPETTORATO per l’IMMIGRAZIONE
    “Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perchè tengono lo stesso vestito per diverse settimane.
    Si costruiscono baracche di legno nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
    Quando riescono avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
    Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, otto, dieci.
    Tra loro parlano lingue per noi incomprensibili, forse antichi dialetti.
    Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e pentulanti.
    Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono molto uniti fra loro.
    Dicono siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perchè poco attraenti e selvatici, ma perchè si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati
    dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
    I nostri governanti hanno aperto troppo le porte alle frontiere, ma sopratutto non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano
    di vivere di espedienti o addirittura, attività criminali.”
    La relazione prosegue così: “propongo che si privilegino i veneti ei lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti, ma disposti più di altri a lavorare e si adattano ad abitazioni che gli
    americani rifiutano purchè le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.
    Gli altri, quella cui granparte è riferita la prima parte di questa relazione, provengono dal sud dell’Italia.
    Vi invito a controllare i documenti di provenienza ed a rimpatriare i più.
    La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione “.

    TESTO TRATTO DA UNA RELAZIONE del CONGRESSO AMERICANO SUGLI IMMIGRATI ITALIANI NEGLI STATI UNITI, OTTOBRE 1912
    Fonte rainews24

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    sviluppo sostenibile per i Diritti Umani

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