La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Io precaria per sempre, Brunetta ministro per sempre?

20-06-2011

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Ho 33 anni e mi arrabatto cambiando lavori sempre diversi: vivo con i genitori e non quale futuro posso offrire a mia figlia. Delusa e arrabbiata come ogni altro laureato della mia età. Non è giusto dopo tanti sacrifici cercare sistemazione all’estero mentre i politici responsabili dei nostri guai non si muovono dalle poltrone del privilegio e continuano con arroganza a fare disastri.

Ho trentatré anni e sono una precaria. A chi mi domanda se abbia o meno un pubblico impiego o un lavoro sicuro rispondo: Arrabatto tra i lavori più disparati, vivo ancora con i miei genitori e non so quale futuro potrò offrire a me e a mia figlia. Una condizione la mia diventata comune a tanti, paradossalmente normale quando il confronto con i tanti giovani precari o inoccupati verte sempre sullo stesso sentimento di delusione e rabbia.

Essere precario oggi vuol dire appartenere a quel mondo del lavoro che come unica possibilità impiegatizia ti propone contratti co.co.pro o co.co.co (conseguenze ormai note della legge Biagi) lavori part-time o addirittura in nero. Aumentano col tempo i curriculum cestinati nelle varie agenzie del lavoro, i colloqui conoscitivi che il più delle volte si concludono con un semplice “la contatteremo al più presto per farle sapere” e i vari concorsi pubblici a cui accorrono carovane di giovani speranzosi che quel posto vacante possa miracolosamente essere di uno di loro.

Il precariato avvilisce chi negli anni ha scelto un percorso di studi universitario atto e finalizzato a mettere a frutto il proprio titolo di studio, ma a nulla sono valse le difficoltà economiche e i sacrifici di molti per raggiungere la tanto auspicata laurea. A questa si sono succeduti i lucrosi Master e i vari corsi di specializzazione, ancora anni sui libri per essere comunque non occupati. Quella di oggi è un’impasse collettiva, una stasi occupazionale che toglie ai giovani la ben minima e remota speranza che la situazione possa cambiare nel giro di pochi anni: sognare di percepire un giorno uno stipendio e avere un proprio sostentamento economico sembra essere diventato il miraggio di molti e la realtà di pochi.

L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, cita l’art.1 della nostra Costituzione, ma proprio su questo importante fondamento vacilla il nostro Paese. Il nostro Governo mistifica la grave crisi economica con false dichiarazioni di ripresa e noi giovani, accomunati dagli stessi sentimenti di indignazione e rabbia, vogliamo gridare al cambiamento di quella stessa classe politica che parla ma non ascolta, che guarda ma non vede il dilagante senso di incertezza su cui oggi si fonda la nostra società. Noi siamo stanchi di essere governati da politici che non vogliono rinunciare alle loro comode poltrone e si arrogano il diritto di trattarci come la peggiore delle categorie, che sentenziano senza tenere conto di quei tanti precari che ancora oggi fanno i lavori più diversi, che pur di lavorare dequalificano il proprio titolo di studio, o quelli che lavorano lontano dalle proprie famiglie e che scelgono addirittura di andarsene all’estero.

Noi non ci riconosciamo in questa realtà e non vogliamo subire questa grave crisi per sempre e l’indignazione dei tanti precari alle parole del ministro Brunetta è la dimostrazione che la nostra non è una condizione accettabile, ma vogliamo sentirci parte attiva di un Paese in cui il lavoro ci dia nuovamente dignità.

 

Commenti

  1. Mauro Matteucci

    Gentile Tiziana, ho una figlia della sua stessa età, anche lei laureata che deve subire la difficile situazione dei precari. Ma io ne sono orgoglioso, perché ha saputo resistere in questa trista Italia governata da immondi figuri.Grazie delle sue parole dignitose!

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