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Azzurra CARPO – La Libia brucia, l’Europa balbetta, l’Italia tace

21-02-2011

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“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”, insegnava Joseph Goebbles, Ministro della Propaganda nel regime nazista. In queste settimane incandescenti, una veritá viene ripetuta cento, mille, un milione di volte nei paesi del mediterraneo: esigere regimi politici democratici é un diritto. La protesta che sparge il sangue di centinaia di ragazzi apre una nuova storia in Tunisia e in Egitto. Adesso la Libia. i Saif El Islam, figlio di Gheddafi pronette naturalmente «fiumi di sangue» a chi sfida il potere del padre. Come un’amica dalla vita sentimentale iperbolica aggiorna il proprio status su facebook quasi ogni giorno, cosí la fluiditá delle proteste in Medio Oriente invecchia qualsiasi aggiornamento. Il disco rotto su “we have a situation”, abbiamo un problema, é la cantilena che accomuna tanti Ministeri dell’Interno, e il detto “gli arabi aprono la bocca solo quando vanno dal dentista”, stracciato in mille pezzi.

Molte le scene che si ripetono. Per esempio, quella per la quale, chi vuole sopravvivere deve recitare la sceneggiatura del regime. Gli imam libici, nominati dal Ministro di Questioni Religiose, sono “caldamente invitati” a smorzare il possibile entusiasmo dei fedeli a proposito delle rivoluzioni… cosí vicine (quasi se ne sente il profumo). Ordine patriottico: definirle “menzogne sioniste e imperaliste”: nell’illusione che la gente non si renda conto di cosa sta succedendo. Il presupposto del Potere scommette sull’ubbidienza: ma l’obbedienza non é ormai piú scontata, e molti imam sono coraggiosi quanto i giovani che camminano ripetendo per giorni e giorni il bisogno di un cambio. L’altra strategia conclamata é “con i sopravvissuti tratteremo, offrendo un vago make-up democratico che fará ridere i polli”. Saldi grotteschi di una democrazia piena di buchi. Giá vista, giá rifiutata.

La Libia é sconvolta, l’unità del paese minacciata: Tripoli ancora provvisoriamente «fedele» al suo rais, Bengasi e la Cirenaica nelle mani dei rivoltosi con l’esercito che volta le spalle a Gheddafi e li protegge.. Unica preoccupazione dei governi civili d’Europa (d’Italia, soprattutto), il controllo del petrolio: in quali mani é finito ¿ Da quando Gheddafi é diventato il Potere, la Libia trasforma il petrolio in azioni di grandi società e l’Italia é dove pesca meglio.. Gheddafi continua a comprare consensi ovunque e a determinare morti impunite. Ma pare che né i soldi né la prospettiva della morte possano, in questo 2011, sedurre o al contrario, demoralizzare chi vuole che il proprio paese sia dei cittadini, non di un autodenominatosi “padrone”. Il detto, “la vittoria ha molti padri, la sconfitta nessuno” non si applica ad un tiranno, per il quale la repressione dei dissidenti non puó avere fine, perché equivale alla propria fine. Anzi, ricorrere alla dottrina militare dello “shock and awe”, descritta da Ullman e Wade nel 1996 per la National Defense University degli Stati Uniti, ma concepita anche da Sun Tzu: applicare forza massiccia per “disarmare, incapacitare, infondere nell’avversario la percezione della sua vulnerabilitá e della nostra invincibilitá”.

Mercenari ed empatia sgozzata

A chi affidare il compito di sterminare la rivolta? Il politologo e scrittore libico Guma El-Gamati riferisce ad Al-Jazeera che Gheddafi ha reclutato “mercenari africani”, pagati 30’000 dollari per sterminare l’opposizione con qualsiasi mezzo. Un elemento accumuna gli stacanovisti della morte: nessuno parla l’arabo. Non devono capire, discorrere con chi protesta o leggere i cartelli di protesta; non devono dialogare con i ragazzi che agitano le strade: non si sa mai che trovino sensate le loro parole: é già successo in Tunisia e in Egitto. Non devono provare empatia verso i connazionali, loro muti macellai del regime. Nell’epoca della ipercomunicazione virtuale, ri-conosciamo l’antico terrore del silenzio del nemico. Un essere inespressivo, nei fumetti: non parla, non ha bocca, o i suoi occhi sono una placca iridescente senz’anima. Puó fare a brandelli il supereroe senza tentennamenti. Impassibile, vive di se stesso, essendo giá morto. Ricordate il film “300”, di Zac Sznyder? Interpretazione pulp e ideologica della battaglia delle Termopoli: mostra gli spartani come “pocos, pero machos”, muscolosi, impavidi e seminudi, mentre i persiani, invece, vengono raffigurati come una orda di schiavi sanguinari, rigorosamente senza volto. Le loro maschere di ferro lasciano intuire, nel buio delle fessure, che dentro la gabbia non esiste nemmeno un umano.

Negare, nel silenzio di Internet

A chi affidare il secondo compito parallelo, quello di soffiare via le ceneri senza che il mondo sappia cosa é successo e a chi? All’ennesimo tentativo, da parte di un regime totalitario, di zittire Internet. Chiudere le comunicazioni per impermeabilizzarci a livello empatico e politico: in Libia come in Tunisia, come in Egitto nei giorni di fuoco. Come nei paesi i cui regimi censurano le immagini di questi straordinari capovolgimenti democratici. Non intendono assumersi il rischio che i telespettatori “facciano associazioni” pericolose col passato, col presente, con voglie improvvise (come nelle donne incinta) di un futuro diverso (o di melanzane alla parmigiana alle 2 di notte). Ecco che “Egitto” sparisce da Google cinese, per smacchiare (almeno lá) l’ombra di Tienan’men. Il presupposto del potere totalitario é che la “modernizzazione senza la democrazia” compensi l’assenza di libertá di espressione. Che si possa essere benestanti senza mai divenire cittadini. E, in altre latitudini, il presupposto della democrazia liberale é che i cittadini ingrassino di passivitá, stravaccati sul divano, accecati da pubblicitá e gossip. Invece no. Libia, e le prossime. E piú chiudono e piú sparano, piú anche noi sentiamo e lottiamo insieme. Non tuttti, ma noi giovani siamo già in tanti.

Prezzemolino dei diritti umani

Dal 1988 esiste un Premio Internazionale Al-Gaddafi per i Diritti Umani, istituito proprio da Gheddafi: 250.000 dollari consegnati ogni anno attraverso la fondazione “Nord-Sud” con base in Svizzera, a “personalitá internazionali, enti od organizzazioni che hanno svolto straordinarie azioni nella difesa dei diritti umani, proteggendo la libertá e appoggiando la pace ovunque nel mondo”. Gheddafi si lava il faccino grottesco con sapone Johnson’s, e posa per la foto assieme ai premiati “bambini della Palestina”, “bambini dell’Iraq “bambini della Bosnia-Herzegovina”. Autodenominatosi “Re dei re dell’Africa”, é capo della African Union e presidente di turno della Lega Araba: lavora instancabilmente a fianco di altri dittatori africani e mediorientali per favorire – tanto per far capire l’ipocrisia – la transizione democratica e il consolidamento dei diritti umani nella regione In queste ore offre sul campo cosa intende per diritti umani e democrazia. Ma per l’economia dell’altro MediterraneoGheddafi é uno dei protagonisti coi quali le democrazie occidentali sudano nel ballo “del-sí-del-no-del-ní” mentre i barili di petrolio rotolano generosamente per sigillare promiscue alleanze. Quarantadue anni al potere ed eccolo angosciato dall’idea della morte e della vecchiaia che rabbercia con bisturi e tinture. Per l’impossibile eternitá é disposto a qualsiasi sacrificio, ma sacrificio degli altri. A volte la storia gira all’improvviso. Chissà se quando i lettori scorreranno queste parole, Gheddafi sarà ancora burattino terribile di Tripoli o esule riverito nella capitale di chi gli somiglia. I giorni delle dittature si accorciano, le ore volano ma l’Europa continua a mormorare incomprensibili giaculatorie e fa finta di niente.

Azzurra CarpoSpecialista in cooperazione internazionale. Autrice di "Romanzo di frontiera" (Albatros, Roma 2011), magia e realtá delle donne latinoamericane alla frontiera Messico-USA; "In Amazzonia" (Milano, Feltrinelli, 2006); "La Ternura y el Poder" (Quito, Abya Yala, 2006); "Una canoa sul rio delle Amazzoni: conflitti, etnosviluppo e globalizzazione nell'Amazzonia peruviana" (Gabrielli Editore, Verona, 2002); co-autrice di "Prove di futuro" (Migrantes, Vicenza, 2010).
 

Commenti

  1. ana lydia

    Me interesan mucho sus libros. ¿Hay una traducción al español?

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