La Lettera

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Lettere »

Gianfranco PASQUINO – La nostra pazienza è finita. Democratici, rimboccatevi le maniche e andate a lavorare

25-11-2010

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È in atto una seria crisi del governo Berlusconi che ha due implicazioni di straordinaria importanza. Primo, potrebbe essere il prodromo dell’esaurimento della spinta più che decennale del berlusconismo che, peraltro, in quanto “incultura politica” è destinato a rimanere strisciante in Italia ancora per non pochi anni. Secondo, quasi sicuramente, è l’inizio della fine del grande partito cesaristico creato da Berlusconi nel 1994. Potrebbe addirittura, gradualmente e non senza difficoltà, preludere alla comparsa, per la prima volta in Italia, di un partito di destra moderno, laico, aperto, europeo, probabilmente democratico.

Mentre Berlusconi passa da depressione a euforia, da minacce a blandizie, dalle feste alla sobrietà, e cerca di individuare i punti deboli della Costituzione per manipolarli, ad esempio, il bicameralismo imperfetto e balordo, il Partito Democratico sta a guardare. Mentre Fini conduce una difficile battaglia, il Pd non riesce a pensare a nulla di meglio che a indebolirlo offrendogli un governo di liberazione nazionale che farebbe sicuramente perdere voti possibili a Futuro e Libertà e che rivitalizzerebbe il non tanto entusiasta elettorato del Popolo della Libertà. A Berlusconi e ai suoi corifei non parrebbe vero di farsi ancora una volta “demonizzare” e di potersi ergere a difensori del potere del popolo sovrano.

Il semplice proliferare di formulette governative che farebbe orrore persino ai politici della cosiddetta Prima Repubblica: transizione, tecnico, responsabilità nazionale, un nuovo Cln e così via cementa intorno al Popolo della Libertà quel consenso che, altrimenti, a fronte di una proposta argomentata e credibile, gli sfuggirebbe. Una bella dimostrazione di intelligenza sarebbe rappresentata dalla proposta congiunta di una nuova legge elettorale ispirata ad un principio fondamentale: più potere agli elettori nella scelta dei parlamentari. Invece, sulla legge elettorale regna il balbettio interessato di parlamentari che non vogliono mettere a repentaglio il loro sudato seggio.

Nel frattempo, dentro il Pd si agitano le correnti (non riesco neppure più a chiamarle sensibilità), importante strumento non di elaborazione di idee e proposte, ma di accesso alla distribuzione delle candidature e alla selezione dei seggi sicuri. I Settantacinque di Veltroni vogliono essere tutelati tanto quanto D’Alema tutela i parlamentari che si è scelto uno per uno. Il problema del Pd, oltre alla sua pallida identità, è quello della sua collocazione. Partiti di dimensioni medio-piccole occupano alcuni spazi politici: un po’ alla sinistra del Pd, ovvero Sinistra e Libertà, Italia dei Valori, i movimentati Grillini, l’inutile reperto archeologico che si definisce Federazione della Sinistra, un po’ verso il centro, Alleanza per l’Italia, il cui scivolamento non è ancora terminato, l’Udc, pronto a cambiare nome, ma ancora incerto sulle alleanze, mentre il Pd sta a guardare. L’iniziativa politica non abita nelle stanze di un partito che pure sostiene che l’alternativa a Berlusconi è lui. Essere un’alternativa è un conto, ma l’alternativa bisogna farla, saperla delineare, riuscire a guidarla. Non basta aspettarla che cada come una pera matura. Infatti, gli elettori più o meno potenzialmente “democratici”, sono in corso di lento, triste deflusso.

Dal canto suo, anche il Popolo della Libertà perde consensi che se ne vanno un po’ dappertutto, ma soprattutto a ingrossare le fila del più stretto compagno d’armi del Presidente Berlusconi, ovvero Umberto Bossi. Ma gli elettori leghisti non erano, nella memorabile espressione dalemiana, oramai nel pantheon degli errori politici più flagranti, una costola della sinistra? Ma quale offerta fare a quegli elettori se il federalismo del Pd, oltre che “codista” e opportunista, appare sostanzialmente privo di un pensiero politico che serva davvero a riorganizzare lo Stato italiano? Alla fine, in mancanza di meglio, tra il 20 e il 25 per cento degli italiani andrà pure a votare Partito Democratico.

Tuttavia, non basterà rispolverare la vocazione maggioritaria, rimettere Veltroni, D’Alema e Fassino nelle poltrone di comando, esibirsi in offerte di coalizioni alle quali il Pd non sa dare contenuto e prospettive che non siano la pur nobile ed eroica liberazione dal tiranno invecchiato. Il vecchio e venerabile lessico politico consentirebbe di affermare che è finita la spinta propulsiva, ma gli scettici sottolineerebbero che di propulsivo non si è mai visto nulla e che un Partito che affida la sua identità alla parola “democratico”, di pronto uso per tutte le stagioni, non acquisirà mai nessuna spinta. Se gli elettori hanno perso la pazienza, il Pd rischia, con le sue maniche rimboccate, di perdere nuovamente le elezioni.

Gianfranco PasquinoGianfranco Pasquino, torinese, si è laureato in Scienza politica con Norberto Bobbio e specializzato in Politica Comparata con Giovanni Sartori. Dal 1975 è professore ordinario di Scienza Politica nell’Università di Bologna. Socio dell’Accademia dei Lincei, Presidente della Società Italiana di Scienza Politica (2010-2013), è Direttore della rivista di libri “451”. Tra le pubblicazioni più recenti: "Le parole della politica" (Il Mulino, 2010), "Quasi sindaco. Politica e società a Bologna" (Diabasis, 2011). Ha appena pubblicato "La rivoluzione promessa. Lettura della Costituzione italiana" (Bruno Mondadori, 2011).
 

Commenti

  1. Guido Perazzi

    anche dagli studi si deve IMPARARE a VIVERE come CITTADINI.
    da,Ballarò del 14 gennaio ’03 … Massimo Viroli a Cofferati e a Dalema).
    Maurizio Viroli docente teoria politica di Princiton – USA
    Risponde al conduttore di Ballerò Floris … chiedendo a Cofferati e a Dalema: non sarei in grado di spiegare il significato di Firenze in termini di politica pratica,ma forse posso tentare di offrire un’interpretazione del significato morale di quella iniziativa.
    A me pare che quello che è avvenuto a Firenze e in altre circostanze simili, sia un’indicazione di voglia di molte donne di molti uomini, di dare la propria vita sociale come cittadini;quindi di essere protagonisti e non spettatori, che è qualcosa di più di consumatori,
    di voler avere delle speranze, di esprimere delle passioni…su questo nessuno può esprimere un giudizio negativo, la democrazia ha bisogno delle passioni civili.La democrazia ha bisogno di persone che detestano il privilegio, che non tollerano l’arroganza, che non sono disposte ad accettare la discriminazione – che amano la patria, che amano la Costituzione.Be’, tutto questo è un grandissimo patrimonio per la vita democratica.Se la sinistra non è in grado di dare a queste passioni, continuità, Istituzioni e saggezza… Mi sembra che il suo futuro sia davvero triste.Ma se triste è il FUTURO della sinistra.
    È molto TRISTE il FUTURO della REPUBBLICA.
    ………. avessimo ancora dei veri partiti, sarebbe un gran bene per la vita della nostra vita Repubblicana.Purtroppo oggi ci sono partiti che sono partiti personali, creati da una persona. E quindi non sono dei partiti,
    nel senso proprio del termine; cioè non sono associazione di persone che si uniscono, per perseguire nell’interesse degli ideali o, e dei progetti ……… Il problema dei partiti è quello delle volte di avere delle rigidità nella formazione dei gruppi dirigenti, di essere sordi, di essere lontani.Per questo che io caldeggiavo esortavo il presidente D’Alema a guardare con molto rispetto la formazione di forti passioni civili. E se posso esprimere un rimprovero, con molto rispetto , forse un po’ professorale da parte mia, MA NON è UN GRANDE VIZIO:
    io credo che sia, dobbiamo agli spettatori una spiegazione: io credo che non possiamo pensare come Lei ha osservato, che le passioni civili, che io ho elencato con una certa precisazione: il disgusto per il privilegio, l’odio per la discriminazione, l’amore per la patria, la lealtà verso la Repubblica, possono essere anche, lontanamente avvicinate allo spirito… qualunquista……… è l’opposto.
    Il qualunquista non ha confini. La grandezza dei partiti della sinistra a mio parere,e Lei la conosce meglio di me la storia, è: quando riesce attraverso un processo di revisione interno delle proprie procedure di formazione dei gruppi dirigenti; a incorporare le energie migliori che emergono dalla vita civile della Repubblica. ……..
    E se posso terminare questo troppo lungo mio intervento , questo commento….:non Le pare che il vero fine e il vero senso di una forza di sinistra,in una società democratica come la nostra sia esattamente quella di rafforzare le passioni civile. ……, cioè di fare in modo
    che molti più individui escano dalla passività, dal silenzio della superficialità e dalla vanità: e IMPARARE A VIVERE COME CITTADINI.
    Non è forse questo il grande progetto di emancipazione di una sinistra oggi? Non è forse l’emancipazione di questo tipo ciò che renderebbe un partito di sinistra, un partito che si farebbe capire e sarebbe percepito come un partito, che davvero ha a cuore le sorti di questa Italia.
    Domanda: professore Viroli cosa ha capito stasera?
    Risposta:
    innanzi tutto ho avuto la BELLA ESPERIENZA di assistere a un dialogo vero, sincero, che nessuno ha tentato di togliere la parola agli altri.
    Questo vuol dire che una PICCOLA REGOLA qui è stata RISPETTATA, praticata. Il primo principio della democrazia non è il diritto di parlare ……ma è il dovere di ascoltare.
    Riportato da guido.

  2. Tommy

    Una sinistra che fa politica di destra. Vecchia, decrepita, “Ammanicata con la maggioranza”, inconcludente, cialtrona, perdente, assurda, oligopolista, chiusa, assente, vuota, antiproletaria, ignorante, antistorica, inadeguata, incapace, assurda, corrotta, traditrice, antidemocratica, chiusa …………

    Rifondiamo una sinistra che sia Sinistra, una Sinistra moderna, che valorizzi il marxismo superandolo, che contempli i diritti civili, libertà di informazione, libetà dal signoraggio bancario, che promuova una economia sostenibile, che rimetta al centro l’Uomo ed il cittaino, che lotti contro tutte le forme liberticide e di manovre oscurantiste, che si schieri dalla parte dei più deboli, che sia da traino per un mondo migliore, non per un’oligarchia di BESTIE!

  3. Lorenzo

    L’analisi del prof.Pasquino la vedo piuttosto pessimistica per il futuro dell’Italia e per il futuro politico della stessa.E’ vero che non si vede all’orizzonte un progetto politico di alternativa al Cavaliere.Progetto che deve venire in primo luogo dal PD, in quanto maggiore partito dell’opposizione.Ho la sensazione che lì siano in stato confusionale:non sanno che pesci prendere.Chi tira da una parte chi dall’altra.C’e bisogno nel nostro paese di un rinnovamento serio.Politico, culturale,etico, morale.Da parte del PD non si vede niente che vada ad affrontare tutti questi temi.Da presentare agli italiani.Che a loro volta sono stanchi.Non vedono nel PD un partito che presenti con chiarezza e lucidità il da fare per essere diversi da Berlusconi.Non è neppure chiara una strategia di alleanze da contrapporre al cavaliere.Si è parlato di primarie.Ma si faranno?E nel caso, il candidato vincitore deve proporre un bel programma di alternativa alla destra, qualunque essa sia.Perchè con Fini, state certi, sul piano del conflitto sociale non cambierà una mazza.L’Italia deve risorgere;precarietà,occupazione,riconversione industriale,stato sociale,sanità,istruzione,ricerca,
    sono solo alcuni dei temi sui quali ci sarà davvero da rimboccarsi le maniche.Non può esserci alternativa alle destre, se non con un vasto schieramento alternativo che rappresenti le aspettative di cambiamento degli italiani.

  4. Patrizia

    Non con la stessa lucidità, ma i pensieri del prof. Pasquino ricorrono in molte conversazioni sul bus, negli uffici, nelle case…Ultima occasione ieri ad Anno Zero quando Rosy Bindi “prometteva” un programma, ribadiva Bersani candidato, e non capiva che non c’è quel che tanto servirebbe: una personalità capace di coagulare intorno a sè- e quindi al PD- il consenso. Come le è stato fatto notare, l’on.Bindi parla ma è come se non parlasse: è peculiarità di tutto il PD.
    Parlano ma è come se tacessero: Bersani che propone a Berlusconi di “fare un passo indietro”. Lo dice per se stesso, non certo perchè ci creda davvero. Ecco, se parlano e agiscono senza crederci loro per primi, penseranno mica che ci crediamo noi?

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