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La malnutrizione nervosa atrofizza una parte del cervello, risultato di una ricerca che ha messo a confronto donne sane e donne malate. Resta un dubbio: è l'anoressia a ridurre "la macchina di decisioni e pensieri" o è il cervello malato a provocare l'anoressia?

L’anoressia mangia il cervello

07-04-2011

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Anoressia nervosaNel maggio 2010 l’International Journal of Eating Disorders ha pubblicato uno studio condotto dai ricercatori del Centro Disturbi del Comportamento Alimentare della Columbia University che, pur sottolineando l’atrofia cerebrale in corso di malnutrizione da anoressia nervosa, ha scoperto che, sottoponendo la paziente a trattamento specifico di reintegro psico-fisico, è possibile recuperare il volume della sostanza grigia cerebrale.

Il volume del cervello in corso di malnutrizione da anoressia nervosa si riduce, rientrando la sindrome nel processo di atrofia da inanizione che colpisce tutto l’organismo, cervello compreso. Il processo si verifica a causa dell’inadeguata, sino a mancata nutrizione, nel caso specifico della grave sindrome in questione, per l’instaurarsi di una sorta di dipendenza da negazione dei bisogni primari.

L’organismo, per potere assolvere le proprie necessità energetiche, si trova nella condizione anomala di dovere consumare in un primo tempo i materiali di deposito, il grasso per intenderci, quindi i suoi stessi materiali costitutivi. A questo consegue un’alterazione del fisiologico equilibrio con riduzione del volume cellulare e quindi degli organi che tendono ad atrofizzarsi.

A valutazione del volume cerebrale i ricercatori hanno utilizzato le immagini da risonanza magnetica del cervello di 32 donne adulte affette da anoressia nervosa e di 21 donne sane. Le scansioni hanno evidenziato la riduzione della materia grigia nelle donne malnutrite, anche in relazione al tempo di inanizione cui l’organo era stato sottoposto. La buona notizia emersa da questo studio è che al recupero stabile del peso corporeo anche il cervello inizia ad evidenziare un’inversione di tendenza, recuperando a sua volta la materia grigia perduta nel corso della malattia.

Fermo restando il risultato della ricerca, è ancora aperto il dubbio circa il legame tra la riduzione del volume del cervello e la sindrome anoressica, anche se si potrebbe ipotizzare che l’inanizione dell’organo possa incidere sfavorevolmente, più di quella degli altri organi, sul recupero della paziente. Come dicono i ricercatori della Columbia University:

Immagine corporea

C’è ancora molta ricerca da fare, in quanto ancora non è chiaro se e come vi siano implicazioni cliniche legate alla riduzione del volume cerebrale. Non è chiaro come il deficit di volume del cervello possa agire, inoltre sarebbe utilissimo capire se vi siano regioni cerebrali maggiormente colpite e, se e come, tali deficit possano incidere sulla risposta ai trattamenti terapeutici.

I ricercatori italiani dell’ospedale Bambino Gesù di Roma facenti capo al prof. Santino Gaudio, medico psichiatra, in uno studio pubblicato sullo Psychiatry Research: Neuroimaging del 30 January 2011, ipotizzano un rapporto tra le misure del cervello e l’origine dell’anoressia nervosa. Allo scopo è stata utilizzata la morfometria basata sui voxel (VBM Voxel-Based Morphometry), una tecnica di analisi in neuroimaging che consente di calcolare il volume di aree specifiche del cervello.

Utilizzando questa strumentazione i ricercatori sono riusciti a confrontare la quantità di materia grigia presente nel cervello di 16 adolescenti con anoressia nervosa restrittiva in corso da meno di 1 anno e di 16 ragazze adolescenti sane. Le valutazioni hanno rivelato una significativa riduzione di materia grigia nelle anoressie, ma soprattutto (e forse questo è il punto davvero cui prestare attenzione) il decremento interessa quelle aree (lobo parietale inferiore e superiore) coinvolte nella dismorfofobia, ossia nell’alterata percezione della propria immagine corporea.

A tutt’oggi non si può dire con certezza se la riduzione osservata sia causa o conseguenza della sindrome, però si può asserire che un legame vi sia. La mia esperienza in ambito clinico supporta la possibilità dell’intervento, quale fattore disequilibrante, della componente organica, in quanto risulta evidente, nel contesto della relazione terapeutica, la ridotta capacità elaborativa delle pazienti, nonché la dismorfofobia, a mio avviso, non imputabile solamente ad una spinta psicopatologica.

Note di approfondimento

Luisa BarbieriLaureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati. Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico. Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).
 

Commenti

  1. Giovanna Arrico

    Appena ho letto il titolo dell’articolo, mi è sembrato quasi un paradosso, un titolo ad effetto. L’anoressia, privazione del cibo, mangia il cervello.
    Poi l’interpretazione positiva del titolo, la persona anoressica riesce ad aggrapparsi all’ultima speranza, “mangiare” il cervello, quindi la conoscenza, il sapere, l’individuazione forse della malattia, per provare a guarire. Forse durante la lettura ne ho percepito la speranza, la via d’uscita che non viene ancora considerata dalla più parte delle donne, adolescenti o meno,e di ragazzi ancora affetti o che iniziano ora questo percorso negativo e quindi a ritroso, della Non Voglia di Vivere.

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