La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Italia »

Smemoratezza: chissà perché nessuno ricorda che Gesù bambino è un profugo alla ricerca di un rifugio

Natale, la Lega, la stella

14-12-2009

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In un famoso frammento de La Gaia Scienza Friedrich Nietzsche racconta la storia del folle uomo che accese una lanterna e di primo mattino corse al mercato per cercare Dio. Urlò a gran voce ma tutti si misero a ridere. Lo prendevano in giro dicendogli: “È forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro. “Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” – gridavano e ridevano in una gran confusione. Ma il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – Ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini!”.

Un secolo dopo il grande filosofo tedesco Martin Heidegger in una famosa intervista a Der Spiegel, uscita postuma, invocava il pensiero di un dio che potesse salvare l’Occidente al tramonto (Abendland), Nur noch ein Gott kann uns helfen, oramai solo un dio può salvarci: «Ci resta come unica possibilità – spiega Heidegger – quella di preparare nel pensare, una disponibilità all’apparizione del Dio o all’assenza del Dio nel tramonto (al fatto che, al cospetto del Dio assente, noi tramontiamo)».

Il tramonto sta accelerando la corsa. Oramai non solo Dio è morto nei campi di sterminio, coi miti della razza o con gli odi di partito, come canta Guccini. Dio sta per essere sepolto nella sua essenza, nel suo Logos, nella sua stessa parola che racconta la genesi e la trasformazione del mondo. Il cinismo, la violenza culturale e politica, l’arroganza, la prepotenza, la sciatteria, la superficialità culturale, il dogmatismo di partito, il silenzio, il timore, l’inerzia di alcuni settori della Chiesa, rendono questo Natale ancora più torbido, ancora più cupo degli altri. Alex Zanotelli lancia una provocazione durissima «Se siamo arrivati questo punto, allora è meglio abrogare il Natale. Lo si cancelli e ognuno lo faccia se e come vuole».

Non ha senso celebrare una festa che ha perso totalmente di significato. L’ultima bomba alla grotta di Betlemme l’ha lanciata la proposta leghista di organizzare il Natale bianco (White Christmas) come operazione di pulizia etnica nei confronti degli immigrati clandestini. Utilizzare il Natale in chiave violenta e discriminatoria è un atto di una gravità inaudita, che chiama in causa non soltanto la comunità dei credenti ma anche chi in quel Dio non crede ma ne avverte la potenza liberatrice in chiave di riscatto sociale e di affrancamento dei poveri e degli emarginati. Perché se si stravolge la storia, se si utilizzano i simboli come strumenti di dominio, se il vangelo diventa un pretesto per cacciare gli altri, allora davvero si ritorna daccapo, si torna all’immagine del folle uomo che grida ai ciarlatani: “Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso!”.

Il Natale non è bianco e non è nero. Il Natale è l’avvento nel mondo di un respingimento. Quel bimbo è il simbolo di tutti i rifugiati, di tutti i naufraghi, è la bandiera per i fuggiaschi, per coloro che brancolano da un continente all’altro alla ricerca di cibo, di pace, di casa. Ė un sem terra brasiliano, un baraccato keniano, un menino de rua, un sans papier, un clandestino che trema dormendo di notte in un angolo delle nostre città. Il Natale è il vagito di un uomo che nasce fuori le mura di Gerusalemme e sarà costretto per tutta la vita a camminare sulla frontiera fra l’essere accolto e l’essere rifiutato prima di venire ucciso fuori le mura della città come i peggiori criminali del tempo. Nessun albergo volle accoglierlo perché il Nazareno era un clandestino. Erode lo cercava per metterlo a morte. Gesù nasce in una stalla. Dio muore su una croce. La grande beffa è questa: tutto è stato creato per Lui ma nessuno si prende cura di Lui.

Il Nazareno è l’altro per eccellenza, il diverso per antonomasia. Forse nessuno più di lui è stato straniero in questo mondo. Aveva i tratti somatici del suo Paese ma parlava senza essere capito. Diceva cose dell’altro mondo, il suo programma era chiaro: «Beati gli afflitti, beati i poveri, beati i miti, beati i costruttori di pace, beati i perseguitati…». Un diverso. Il Nazareno era l’epilogo di una lunga storia di “stranieritudine” iniziata con l’esodo biblico e il cammino verso la terra promessa. Il monito di Dio che accompagna il suo popolo è inequivocabile e si fonda su un sentimento umano, che altri direbbero di empatia: «Tu che hai sperimentato la schiavitù in Egitto, tu che sai che cosa vuol dire essere stato oppresso e aver patito, tu allora quando ti troverai di fronte allo straniero, ricordati di essere stato tu stesso straniero e di non fare allo straniero quello che tu hai patito da straniero ma di comportarti con lui come io mi sono comportato con te, cioè con la mia stessa compassione».

Ma di White Christmas e di natale consumistico qui c’è ben poca cosa. Ecco perché il Nazareno è sempre uno straniero, è sempre clandestino. Fabrizio De André canterebbe così: «Guardate la fine di quel Nazareno, e un ladro non muore di meno».

Francesco CominaFrancesco Comina (1967), giornalista e scrittore. Ha lavorato al settimanale della diocesi di Bolzano-Bressanone "il Segno" e ai quotidiani "il Mattino dell'Alto Adige" con ruolo di caposervizio e a "L'Adige" di Trento come cronista ed editorialista. Collabora con quotidiani e riviste in modo particolare sui temi della pace e dei diritti umani. È stato assessore per la Provincia di Bolzano e vicepresidente della Regione Trentino Alto Adige. Ha scritto alcuni libri, fra cui "Non giuro a Hitler. La testimonianza di Josef Mayr-Nusser" (S. Paolo), "Il monaco che amava il jazz. Testimoni e maestri, migranti e poeti" (il Margine), con Marcelo Barros "Il sapore della libertà" (la meridiana) e con Arturo Paoli "Qui la méta è partire" (la Meridiana). Con M- Lintner, C. Fink, "Luis Lintner. Mystiker, Kämpfer, Märtyrer" (Athesia), traduz. italiana "Luis Lintner, Due mondi una vita" (Emi). Ha scritto anche un testo teatrale "Sulle strade dell'acqua. Dramma in due atti e in quattro continenti" (il Margine). Coordina il Centro per la Pace del Comune di Bolzano. 
 

Commenti

  1. Giorgio Montagnoli

    Francesco parla sempre con adeguata chiarezza, come del resto faceva Alexander Langer. E’ consolante che la parte gridata rimanga sempre sotto a quella della speranza nell’avvento del bene.

  2. RINALDO BUSCA

    Condivido l\’analisi di Comina sul Natale e su quel poco di cristiano che ne è rimasto.Mi fa specie che le stesse persone del \"white christmas\" e una buona parte dell\’elettorato cattolico che condivide l\’attuale politica governativa verso gli immigrati, non si accorgano delle evidenti storture con quei \"valori\" e quella cultura che dicono di dover difendere.Spero solo che \"quel bimbo\" porti davvero tanta luce nelle oscurità del ns. tempo. Buon Natale

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