La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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PASSAVO DI LÌ – L’analfabeta nell’anima

11-04-2011

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Sono nato in un piccolo paese di campagna e tra i personaggi che mi affascinavano c’era un signore di una certa età che ogni sabato pomeriggio, sotto le apparenze della favola, raccontava ai bambini dell’oratorio, cose istruttive e per di più piacevoli, infiocchettate com’erano dalle mille invenzioni di una fantasia fervidissima.

Di quest’uomo non rammento con precisione quasi nulla: né il nome, né l’aspetto fisico, né la condizione sociale e neppure – con grande precisione – il contenuto vero e proprio dei suoi racconti. Ricordo bene, invece, la nobiltà dei suoi gesti, la sua passione di narratore, lo “spirito” del racconto.

Noi bambini stavamo seduti in cerchio, stretti l’uno contro l’altro, e lui, appoggiato al muro, e altissimo nel ricordo, incominciava la sua narrazione con il fatidico “ag gèra na vòlta” (c’era una volta), sorta di introibo all’avventura e al mistero. Dopo un po’, quando già l’entusiasmo era al colmo e tutti ormai pendevamo dalle sue labbra, egli alzava lentamente le braccia, faceva un largo gesto, come se volesse aprire un sipario, e invitava tutti noi che gli stavano intorno a partecipare direttamente alla narrazione, ad aggiungere particolari, a inventare personaggi, a riferire in altro modo l’avventura, ad aprirla a un nuovi sviluppi.

Io me ne stavo lì, ipnotizzato, stregato. Mi piaceva ascoltare il silenzio dei miei compagni fatti muti dalla curiosità. Mi piaceva guardare i loro volti ora allegri, ora inquieti. Mi deliziava soprattutto il modo in cui il cuntafòle (così lo chiamavamo) raccontava le sue storie. Osservavo la sua mimica, le sue pause condite da sguardi dolcissimi, i gesti di complice intesa con i quali si rivolgeva a noi bambini e quella sua aria partecipe che dava ai suoi racconti un colore di verità tutta impastata di meraviglia.

M’è affiorato alla memoria questo lontanissimo ricordo quando mi è capitato di ascoltare, per caso, la barzelletta che Berlusconi ha raccontato il 2 aprile, a palazzo Grazioli, di fronte a una platea formata da parlamentari, sindaci e comitati per il no all’abbattimento delle case abusive in Campania.

Il paragone m’è venuto spontaneo fra quel  “cuntafole”, senza dubbio un contadino appena alfabetizzato, ma radioso, ricco di dignità, di  fantasia  e di valori, e quel presidente del Consiglio, analfabeta nell’anima,  sgraziato, sgradevole, rozzo, osceno, ricco solo di insulsi stereotipi (come il meridionale poltrone, ignorante, disonesto) e di un umorismo da Bagaglino fatto apposta per muovere a un riso forzato chi è tenuto “statutariamente” a sorridere davanti al padrone.

Che dire poi di chi gli stava intorno? Gente che per tornaconto,  per viltà, per sordità morale insozzava quella bandiera che portava a tracolla, faceva strame della propria dignità. Nessuno che si sia alzato per dire  all’analfabeta nell’anima: “Non ci fai ridere, miserabile. Parlando di “culo”, di “fica”, di meridionali pigri e disonesti tu ci mostri quanto ci disprezzi , come tu ci consideri non solo moralmente bacati, ma pavidi al punto da accettare queste ignominie e da sghignazzare platealmente per farti piacere.”

Come sarebbe stato bello vederli abbandonare la sala e lasciar solo l’indegno barzellettiere con le sue mele, i suoi culi e le sue fiche. Fossimo stati presenti noi bambini dell’oratorio l’avremmo sicuramente fatto.

Gino Spadon vive a Venezia. Ha insegnato Letteratura francese a Ca' Foscari.
 

Commenti

  1. robertto nasi

    Sono un venditore internazionale di tappeti come il nostro Presidente e quindi sono sempre in giro per l’Europa a inchiappettare (more berlusconiano) questo e quello. Ecco come chiamano il nostro barzellettiere nazionale nei vari presesi che ho frequentato. (Mi scuso per l’ucraino, il bulgaro, l’estone, il lettone, il lituano, il maltese che non conosco).

    Pitre o bouffon in francese // clown o fool in inglese // payaso o bufón in spagnolo // pallasso o bufó in catalano // palhaço o bobo in portoghese // κλόουν o γελωτοποιός in greco (trascrizioni fonetiche: klóoun e gelo̱topoiós) // klloun o karagjoz in albanese // clovn o bufon in rumeno // клоун o шут in russo (trascrizioni fonetiche: kloun e shut) // błazen o wesołek in polacco // klaun o šašek in ceco e slovacco // klovn o hofnarren in danese // klown o nar in olandese // pelle o hovinarri in finlandese // trúður o jester in islandese // clown o spøkefugl in norvegese // clown o skämtare svedese // palyaço o şakacı in turco // bohóc o udvari bolond in ungherese

    Inutile aggiungere credo che si tratta della traduzioni di „pagliaccio” e „buffone”. Ma vi assicuro che ne ho sentite di peggio

  2. gino spadon

    Quanto ho parlato in questi anni… quanto ho strapazzato il pover uomo… quanto gli ho mancato di rispetto… quanto l’ho sbeffeggio, dileggiato, schernito, insultato, denigrato… ma poi… ma poi… (oh, nemesi felice!) è bastato un niente.. son bastate due paroline perché i miei occhi si facessero gonfi di lacrime. E’ bastato che il Grande Comunicatore, col suo tenero accento meneghino, rivelasse al mondo che LUI i soldi alla Ruby li aveva dati per impedire alla sventurata di prostituirsi per sentirmi rampollar dentro un’irresistibile ansia di pentimento, un desiderio struggente di stringergli le ginocchia e di cantare (nella speranza del perdono) “Meno male che Silvio c’è”.

  3. rita galli

    Complimenti caro Nasi, ma c’è un’ulteriore lacuna che mi permetto di colmare. In Vaticano il nostro tappettaro viene chiamato con i nomi latini di “pupa” (fantoccio) o “scurra” (buffone). E non esitano a pronunciare questi graziosi appellativi anche in presenza del’interessato, tanto tutti i prelati sanno che si tratta (per dirla sempre in latino) di un emerito “caput mentulae”

  4. giulio luciani

    Gran barzellettiere il nostro Nerlusca e sommo Pallonaro che come tutti i pallonari alla linga si rovina con le sue mani. Vediamo un po’ come stanno le cose.
    Stando al Berlusca c’è una ragazza, nipote di Mubarak che, se lasciata senza soccorso pecuniario, rischia di battere il marciapiede. Che fa il nostro munifico Pallonaro? Non avverte lo zio dicendogli: “Guarda che tua nipote è senza una lira e rischia di far la zoccola. Dalle qualche soldino tirandolo fuori da quelli che hai fregato agli Egizi”. No, no, troppo semplice! Tira fuori di tasca sua un casino di soldi e li dà alla forse futura zoccola perché si compri un depilatore laser, se ho capito bene. Berlusconi ha promesso di sputtanare i giudici durante il processo. Bene, lo lascino parlare. Sarà capace di mettere in scena la pochade più esilarante del secolo

  5. giorgia rossi

    Barzellettire, pallonaro, venditore di tappeti, corruttore di giudici, puttaniere, bestemmiatore, cinico affarista e chi più ne ha più ne metta. Ma è tempo di non accontentarsi più di epiteti: questo personaggio ci sta portando nell’abisso

  6. Roberto Nasi

    A – Lo sapete che esiste un nuovo tipo di barzelletta, chiamato “barzelletta tragica”?
    B – Da quando?
    A – Oh. da un bel po?, diciamo dal 1994….
    B – Un esempio?
    A – Berlusconi
    B – E poi…..
    A – E poi… niente, la barzelletta tragica è finita….

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