La Lettera

Per Terre Sconsacrate, Attori E Buffoni

Governo denunciato

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L’ho fatto. L’avevo scritto, l’ho fatto. Stamani sono stato alla Procura della Repubblica di Firenze e ho denunciato il governo. Ho presentato due esposti recanti la “notitia criminis” concernente il favoreggiamento dello squadrismo, il primo, e varie fattispecie … continua »

Dire, fare, mangiare

E la chiamano cellulite

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L’estate ci mette a misura con il nostro corpo. La maggior parte delle donne si confronta con il problema della cellulite. Premesso che la cellulite è molto diffusa e non si può prescindere da una predisposizione personale ad averla o … continua »

Lettere »

L'incoerenza di Bossi e dei suoi fratelli: continua a sbandierare la "devolution", ma si guarda bene dal pretendere l'applicazione di una legge che il "suo" Parlamento ha approvato 16 mesi fa. La riforma costituzionale del 2001 (governo Amato) ha istituito le Città metropolitane: come mai dopo dieci anni non ce n'è nemmeno una? Intanto la Lega rifiuta di abolire le Province come promesso da Berlusconi in campagna elettorale

Walter VITALI – Perché la Lega non fa applicare la legge sul “suo” federalismo?

07-10-2010

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A sedici mesi dall’approvazione della legge delega sul federalismo fiscale, la n. 42 del 2009, è possibile fornire un primo giudizio sul suo stato di attuazione. Siamo di fronte ad una applicazione da parte del Governo molto parziale e per “pezzi” che ne tradisce del tutto lo spirito originario. La Lega Nord, in modo particolare, continua a cercare bandiere da sventolare più che proporre alla Commissione parlamentare, che deve esprimere parere sui decreti delegati, provvedimenti coerenti con il quadro generale fissato dal Parlamento.

La legge, approvata con l’astensione del PD ed il voto favorevole dell’Italia dei Valori, contiene almeno diciotto oggetti di delega. Di questi ne sono stati finora attuati uno e mezzo, con l’approvazione dei decreti sul federalismo demaniale e sull’ordinamento di Roma capitale, mancando ancora la definizione dei suoi poteri e della sua struttura finanziaria. Non si sa nulla dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, uno dei cardini della riforma. Non si parla di obiettivi di servizio e di patto di convergenza per assicurare servizi adeguati ai territori meno dotati. Manca qualsiasi riferimento ai sistemi perequativi delle regioni e degli enti locali. Non vi è alcuna traccia della perequazione infrastrutturale e degli interventi speciali a favore dei territori più deboli, a partire dal Mezzogiorno.

Tutto questo avviene in un quadro molto centralista e antifederalista, quello della manovra economica triennale di Tremonti approvata a inizio agosto, che taglia in maniera selvaggia su Regioni ed enti locali, e quindi sui servizi di welfare. Si rischia un vero e proprio tradimento dei principi fondamentali della legge sul federalismo fiscale approvata dal Parlamento. Una legge ben diversa dalle proposte presentate in campagna elettorale da PDL e Lega Nord, basate sul principio egoistico della territorialità delle imposte, e coerente con il federalismo solidale della nostra Costituzione.

Per impedirlo, il PD ha deciso di mutare il proprio atteggiamento in Commissione parlamentare. Finora ci siamo limitati ad emendare i decreti legislativi presentati dal Governo. D’ora in poi non sarà più così. Abbiamo deciso di presentare nostre proposte su ogni questione, a partire dal decreto del tutto inconsistente che stiamo discutendo ora sul tema fondamentale dei fabbisogni standard degli enti locali. E su queste proposte sfideremo la maggioranza e il Governo ad un’applicazione piena e coerente della legge n. 42 del 2009, valutando il nostro atteggiamento di voto esclusivamente in base all’esito del confronto parlamentare.

C’è un’altro argomento, contenuto nella legge, che non è stata per nulla affrontato: la definizione del sistema rafforzato di finanziamento delle città metropolitane, in rapporto alle loro funzioni. È una questione che si trascina ormai da venti anni, da quando le città metropolitane vennero introdotte nella legge sull’ordinamento locale, e poi introdotte nella modifica del Titolo V della Costituzione del 2001.

Come in tutti gli altri grandi paesi d’Europa, anche in Italia si è giustamente pensato a forme differenziate di governo per le grandi aree urbane. Torino, Milano, Bologna, Firenze, Napoli ed altri importanti capoluoghi di regione potrebbero avere istituzioni più forti che concentrino i poteri più importanti dei comuni e quelli delle province su un’area vasta, idealmente coincidente con quella delle attuali province.

La legge n. 42 del 2009 individua finalmente un percorso credibile per la loro istituzione, affidato alla volontà delle istituzioni locali e sottoposto al vaglio di un referendum popolare. Ma per dare inizio al percorso manca una cosa, probabilmente la più importante: la definizione del loro sistema finanziario. È evidente che senza questo è ben difficile che si avvi il percorso, perché nessuno vorrà correre il rischio di trovarsi con una nuova istituzione che non ha le risorse sufficienti per svolgere i compiti che le sono assegnati.

Bologna è tra le città che per prime, fin dal lontano 1994, diedero vita a forme di collaborazione metropolitana con una Conferenza dei sindaci che, insieme alla provincia, da allora si riunisce per affrontare tutti i temi di interesse generale. È quindi una città molto interessata, al pari delle altre, a che il Governo faccia fino in fondo il suo dovere e attui anche questa norma della legge-delega.

Sarebbe un aspetto non indifferente del necessario processo di modernizzazione e di semplificazione delle istituzioni di questo nostro Paese, che evidentemente sta molto più a cuore a noi di quanto non stia a cuore al Governo e alla maggioranza, Lega Nord compresa.

È senatore del Partito Democratico. Fa parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato e della Commissione bicamerale per le questioni regionali. Dal 1993 al 1999 è stato sindaco di Bologna.

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