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L'ecoturismo può essere un'attrazione fatale: il crescente interesse per i viaggi nella natura crea un forte impatto in aree protette per la fragilità oltre che per la bellezza

Quando il turista ecologista rischia di danneggiare l’ambiente

21-07-2011

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EcoturismoQuarantacinque tra rompighiaccio e navi crociera battono ogni anno le acque dell’Antartide. Alle Galapagos i visitatori sono aumentati del 50% in 5 anni. Sull’Anapurna, in Nepal, il numero di escursionisti cresce del 20% l’anno. I parchi degli Stati Uniti ricevono 350 milioni di visitatori. E nelle Alpi il numero di turisti annui si è stabilizzato a 100 milioni di unità. Dati d’un fenomeno in continua crescita. Figlio del desiderio di vivere una full immersion nella natura: sentimento nobile, non fosse che l’ambizione di trascorrere le vacanze in ambienti incontaminati sta diventando uno dei maggiori pericoli per gli ecosistemi.

Le centinaia di milioni di persone che visitano le Alpi, i parchi nazionali, le paludi del Pantanão in Brasile, le vette dell’Himalaya, le savane e i deserti africani o la Grande Barriera Corallina australiana provocano spesso un impatto devastante sull’ambiente da cui sono attratti. É un paradosso, ma il crescente interesse per l’ecologia sposta in aree protette – spesso per la fragilità oltre che per la bellezza del luogo –  masse di visitatori attratti da birdwatching, alpinismo, fauna, trekking o immersioni. Perché oggi la motivazione è più importante della destinazione. Il turismo ecologico e d’avventura è da una quindici d’anni il segmento in maggiore crescita nell’industria del viaggio.

Nelle aree culturalmente più sensibili all’ambiente (Nord America, Australia e Nord Europa) l’ecoturismo copre già un terzo dell’industria delle vacanze. E sempre più operatori, spesso senza background ambientalista, si gettano nel business. In un mercato regolato da domanda e offerta, s’innesca un meccanismo perverso: l’affluenza turistica impone la costruzione di strutture di ricezione alberghiera e di distribuzione. Nascono problemi di smaltimento di rifiuti e liquami biologici. E con l’aumento del numero di visitatori il problema s’ingrandisce fino a minacciare l’ecosistema del parco. Così il turismo ecologico, nato nei primi Anni Ottanta negli Stati Uniti come modo di viaggiare ambientalmente consapevole, in reazione allo stile banale e spesso irresponsabile della vacanza tutto compreso, diventando di massa scopre i propri limiti.

Cosa significa ecoturismo?

Alla base dell’ecoturismo ci sono alcune regole di fondo. Il viaggio ha un fine educativo: l’ecoturista si muove nell’ambiente attento a non alterarlo e cercando d’interpretarlo.spiega Bob Brown, il leader della Wilderness Society della Tasmania, tra i primi sostenitori del turismo verde come alternativa economica al disboscamento e alla costruzione di dighe che modificavano per sempre il corso dei fiumi e il paesaggio dell’isola. Un’importante regola, è che l’attività sia sostenibile: deve evitare di innescare processi di erosione e d’inquinamento. La soluzione di un fenomeno di così vaste dimensioni richiede interventi tanto individuali quanto collettivi. É importante che il turista consapevole lasci l’altrove visitato così come lo trova. Dalle montagne dietro casa al più esotico dei parchi nazionali, ciò significa non disperdere nulla nell’ambiente, camminare solo sui sentieri per non alimentare l’erosione del suolo, rispettare i divieti d’ingresso nelle aree destinate alla riproduzione della fauna, non dare cibo agli animali selvatici (il cambio di dieta può provocare loro malattie e in luoghi molto frequentati può impedire ai cuccioli d’imparare a procurarsi il cibo in autonomia), non accendere fuochi e osservare tutte le norme dettate dalle autorità del parco.

Regole sostenute dallo UNWTO (www.world-tourism.org), l’agenzia dell’Onu per il turismo, che ha fissato i paletti d’un termine spesso abusato. Lo UNWTO si sofferma sull’impatto socio-economico del turista verde: chi viaggia per proprio conto nei Paesi in via di sviluppo contribuisce direttamente all’economia delle popolazioni (mangia e dorme in locande, usa trasporti locali), mentre chi partecipa a vacanze organizzate alimenta soprattutto le finanze di tour operator e multinazionali dei Paesi ricchi. Un importante distinguo contro le mistificazioni di molti operatori. Perché la consapevolezza ambientale non si misura col numero di meraviglie naturali e di animali esotici che si è riusciti a vedere, ma con un corretto comportamento nella vita di tutti i giorni.

The International Ecotourism Society (www.ecotourism.org) enuncia principi simili a quelli del UNWTO:.  Ma suggerisce anche la via per conseguire questi obiettivi. Per arginare i danni dell’ecoturismo sono state prese iniziative in diversi Paesi. Nella foresta bavarese invece di costruire nuovi edifici sono stati creati posti letto nelle fattorie esistenti. In Italia il fenomeno degli alberghi diffusi protegge paesaggio e borghi storici dalla speculazione edilizia. In Australia, i resort sulla Barriera Corallina

sono stati attrezzati con impianti di auto-smaltimento per rifiuti e liquami; e per limitare l’erosione sono state vietate le passeggiate sui banchi corallini. Resort eco-sostenibili si stanno affermando dalle Maldive ai Caraibi. I tour operator specializzati in viaggi avventura evitano i fuoripista. E persino nei foto-safari in Africa – un tempo eventi tragici per gli animali assediati dai Land Rover – si stanno imponendo scelte più rispettose dell’ambiente. Spesso passi obbligati, perché i viaggiatori high target sono sempre più attenti agli aspetti ambientali. Non potrebbe essere altrimenti, perché sono le destinazioni più ambite dal turismo di alto bordo a rischiare di perdere appeal a causa dell’effetto serra. afferma Daniel Sperling, direttore dell’Institute of Transportation Studies della University of California (www.its.berkeley.edu).

Un po’ ovunque sono state adottate norme per il whalewatching che obbligano i battelli a mantenersi ad alcune decine di metri dalle balene: un tempo si arrivava così vicino da accarezzarle. In Nuova Zelanda è stato imposto da tempo il numero chiuso sul Milford Track, uno dei più famosi trekking del mondo, un itinerario di quattro giorni tra foresta pluviale, laghi e cascate fino a un fiordo dove vivono delfini, foche e pinguini. Invece la situazione peggiora negli Stati Uniti dove, nonostante l’invasione turistica, sono stati accantonati gli esperimenti di numero chiuso.

E a Yellowstone (il primo parco del mondo, istituito nel 1872) lo smodato afflusso di auto ha abbassato le falde acquifere minacciando il sistema geotermico della valle. E l’impatto è in continuo aumento in Nepal, dove non sono state prese in considerazione le proposte di Reinhold Messner di limitare il numero di spedizioni sull’Everest, e i campi base – raggiunti ogni anno da decine di migliaia di alpinisti – sono diventati delle discariche di medicine, batterie, bombole d’ossigeno e altri rifiuti che inquinano l’acqua dei ghiacciai.

Quanto danno crea il viaggio all’ambiente? L’impatto è contenuto rispetto all’emissione dei gas serra. Il turismo mette però sotto pressione il Pianeta in due aree chiavi della sostenibilità: risorse e habitat. Il dibattito su come ridurre i guasti resta aperto. La scelta individuale è importante. I viaggiatori possono diventare massa critica esigendo garanzie sui requisiti verdi di aerolinee, hotel e altri attori del settore. Possono boicottare le strutture impattanti. Suggerire agli alberghi nell’apposita corrispondenza gli accorgimenti da adottare per diventare eco-friendly.

Prendere piccoli accorgimenti individuali come preferire i ventilatori a pala all’aria condizionata, non cambiare gli asciugamani, riportare a casa (in Paesi attrezzati al riciclo) batterie scariche e altri materiali inquinanti, spostarsi in bus e treno invece che in aereo e auto. E, soprattutto, non chiedere un livello di comfort superiore a quello proposto: pretendere piscina, idromassaggio, stanze più grandi, aria condizionata o accessori tecnologici significa incoraggiare la cementificazione di quel luogo.

Decalogo dell’ecoturista

  • 1. Lasciare l’altrove visitato così come lo si trova
  • 2. Non disperdere rifiuti e interrare, lontano dai corsi d’acqua, i propri escrementi
  • 3. Camminare solo su sentieri per non alimentare l’erosione
  • 4. Nelle spedizioni in fuoristrada restare sempre sulla pista
  • 5. Rispettare i divieti d’ingresso nelle aree per la riproduzione della fauna
  • 6. Non dare da mangiare agli animali selvatici
  • 7. Non accendere fuochi in parchi e foreste
  • 8. Rispettare le norme dettate dalle autorità del parco
  • 9. Non richiedere un livello di comfort superiore, incoraggia la cementificazione
  • 10. Pagare l’ingresso ai parchi, la conservazione ha bisogno di fondi

(Articolo pubblicato su Ecoturismo Report)

Marco Moretti vive a Torino. Viaggiatore, giornalista e fotografo, da vent'anni viaggia in tutto il mondo e racconta con parole e immagini luoghi e popoli su riviste italiane e straniere. Ha pubblicato 15 libri: guide turistiche, geografici, fotografici e gastronomia. Ha appena lanciato il sito www.ecoturismoreport.it, un portale per coniugare il viaggio con il rispetto dell'ambiente.
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