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Le donne che ne bevono una o più tazze al giorno sembrano presentare un rischio di ictus inferiore rispetto a quelle che non lo bevono affatto

Ragazze e signore, attente a evitare il caffè: l’ictus è in agguato

17-03-2011

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Caffè - Contenuto medio di una tazzinaIl caffè, con il suo aroma inconfondibile ed avvolgente, fa parte della nostra quotidianità non solo per essere divenuto alimento usuale della nostra dieta, quanto per i significati che ha assunto, quasi un rituale preciso che entra di diritto nelle nostre giornate, quasi a scandirne i tempi. Le sue stesse origini emanano il fascino e la ritualità dell’Oriente, come la sua antica denominazione: “qahwah”. Con questa parola, per me impronunciabile, nel linguaggio arabo classico si indicava una bevanda che, prodotta dal succo estratto da alcuni semi, veniva consumata in virtù degli effetti stimolanti ed eccitanti, tanto da essere usata anche come medicinale.

Sulle sue origini circolano molte leggende, una che mi ha colpito particolarmente, forse perché si porta dietro la “magia” di luoghi vissuti ancora, malgrado la globalizzazione, come lontani, quasi irraggiungibili, vista la spiritualità imperante, è quella proveniente dal Monastero Chehodet nello Yemen: uno dei monaci, avendo saputo da un pastore di nome Kaldi che le sue capre ed i suoi cammelli si mantenevano “vivaci” anche di notte se mangiavano certe bacche, se ne approvvigionò e con esse preparò una bevanda nell’intento di restare sveglio per poter pregare più a lungo e… nacque così il “nostro” caffè.

Il caffè è un infuso che si ottiene dai semi torrefatti e macinati di alcune specie di piccoli alberi tropicali del genere Coffea (famiglia della Rubiaceae) al quale appartengono più di 100 specie, anche se le più diffuse, dal punto di vista commerciale, sono l’arabica (Coffea arabica) e la robusta (Coffea canephora). Il più noto dei componenti del caffè è la caffeina, un alcaloide naturale presente anche nel cacao, nel tè, nella cola e nel guaranà, oltre che nel mate. La popolarità delle bevande che la contengono è legata alla sua attività stimolante il sistema nervoso centrale.

Per ciò che riguarda gli effetti psicotropi imputabili alla caffeina, si è rilevato che dosi inferiori ai 500 milligrammi (all’incirca 5 tazzine di caffè) possono aumentare lo stato di allerta, la capacità di concentrazione contribuendo al miglioramento dell’efficienza fisica e mentale in genere, ma in dosi superiori prevalgono sensazioni spiacevoli, quali stato di agitazione e di irrequietezza, tremori, nausea, discontinuità nella concentrazione, quindi nella performance, e poliuria.

Da non sottovalutare le proprietà antidolorifiche della caffeina, tanto che viene utilizzata contro l’emicrania per facilitare l’assorbimento e potenziare l’attività dell’ergotamina, la quale induce vasocostrizione e riduzione del flusso sanguigno extracranico, coinvolgendo i ricettori serotoninergici.
La sua emivita nel nostro organismo è breve, raggiunge la sua massima concentrazione nel sangue dopo 15-45 minuti dall’assorbimento da parte del tratto gastroenterico, diminuendo gradualmente nel giro di poche ore, ragione per cui non si corre il pericolo di accumulo.

Studi e ricerche sul caffè si sono susseguiti sempre con maggiore frequenza, fino a raggiungere risultati atti a dimostrare le multiple reazioni che la bevanda provoca sull’organismo umano, vorrei riportare i risultati pubblicati il 10 febbraio 2011 sul Journal of the American Heart Association di uno studio diretto dalla dottoressa Susanna Larsson del Karolinska Institute di Stockholm, che mostrano una riduzione di ictus di un 22-25% nelle donne che bevono caffè. Il dato emerge nel corso di uno studio a lungo termine, svoltosi presso lo Swedish Mammography Cohort che esaminava l’associazione tra dieta, stile di vita e malattia.

Sono state valutate 34.670 donne senza storia di malattie cardiovascolari o di cancro, di età compresa tra i 49 e gli 83 anni. I ricercatori hanno raccolto dati tra il gennaio 1998 e il dicembre 2008, collegandosi con lo Swedish Hospital Discharge Registry, sistema che permette di raggiungere la quasi completa valutazione delle dimissioni ospedaliere in Svezia, ed hanno potuto documentare 1.680 ictus.

Caffè - ComposizioneDopo avere eseguito adeguata valutazione di fattori di rischio per ictus, si è prestata attenzione al consumo di caffè attraverso un questionario auto-somministrato e lo si è così potuto associare ad un rischio inferiore, statisticamente significativo, di ictus totale, infarto cerebrale e emorragia subaracnoidea. Ovviamente il risultato è stato messo in relazione anche con altri fattori come l’abitudine al fumo, l’uso-abuso di alcolici, il peso corporeo, i valori di pressione arteriosa e la presenza di malattie dismetaboliche, quali il diabete.

La ricercatrice Susanna Larsson ha detto “Alcune donne hanno evitato di consumo di caffè, perché pensavano non fosse sano … In effetti, sempre più evidenze indicano che il consumo moderato di caffè può ridurre il rischio di alcune malattie come il diabete, il cancro al fegato e forse l’ictus.”, certo è che gli autori avvertono che al momento i dati a disposizione non sono del tutto esaustivi, però la Larsson continua, affermando che sembrerebbe che il legame tra consumo di caffè e il suo effetto protettivo rispetto ad ictus potesse avere un significato da non sottostimare.

Si ipotizza che l’associazione possa risalire alla riduzione dei processi infiammatori o al miglioramento dell’insulino-resistenza da parte della caffeina a contributo della riduzione del rischio di ictus, ma, come dice il Dr. Larry B. Goldstein, direttore del Duke Stroke Center at Duke University Medical Center, ci sono parecchi fattori che potrebbero avere influenzato i risultati, essendo uno studio allargato ad altre concause, quindi scarsamente specifico.

Credo che il consiglio più adeguato, al momento, sia quello di godersi il proprio caffè senza pregiudizi di sorta, ma soprattutto senza il timore di bere una sorta di “bevanda avvelenata e trasgressiva”, ma osservando la semplice regola della modulazione che, come spesso ripeto in questi miei interventi, risulta essere sempre la strada migliore da seguire.

Note di approfondimento

Luisa BarbieriLaureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati. Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico. Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).
 

Commenti

  1. giovanna arrico

    Finalmente si riesce di volta in volta a sfatare pregiudizi su bevande e alimenti. Come sempre la conclusione migliore è la modulazione. Vero. Grazie ancora per le informazioni scritte e le note riportate.

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