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Una signora consigliere del Popolo della Libertà ha chiesto ed ottenuto dalla polizia municipale di Novellara, cittadina alle porte di Reggio Emilia, di ritirare le bandiere dei movimenti che invitano a votare il referendum sull'acqua: vietata l'affissione su bacheche ed esposizione nelle vetrine e dalle finestre delle famiglie. Sindaco e prefetto non le hanno risposto, ma i vigili urbani si sono messi al lavoro. Pd, Idv e sinistra uniti nella protesta. Dopo il disastro delle elezioni, i berluscones hanno paura di perdere i referendum, dall'acqua al nucleare e al legittimo impedimento così caro al Cavaliere

Referendum: il Pdl fa togliere striscioni e bandiere esposte a balconi privati

19-05-2011

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Ragionevolmente non possiamo - Foto di GeomangioIl Pdl ha dichiarato guerra ai referendum del 12 e 13 giugno, non solo a livello nazionale ma anche intervenendo sul territorio. A Novellara un consigliere del Pdl (Cristina Fantinati) ha scritto al sindaco, al prefetto e alla Polizia municipale chiedendo di eliminare le bandiere dei vari movimenti per i referendum sull’acqua e sul nucleare perchè si tratta “di propaganda elettorale fuori dalle zone autorizzate”. I vigili sono andati di casa in casa a far togliere le bandiere dalle finestre e dai balconi. Lo racconta la signora a R24.

“Durante il periodo elettorale il Pdl si è sempre mosso per controllare il rispetto delle regole ma non è mai successo di vedere bandiere e striscioni su rotonde e monumenti in questo modo – spiega la Fantinati intervistata da 24Emilia – Ricordo che nei 30 giorni precedenti la chiamata alle urne è vietata l’affissione nei luoghi pubblici, tipo bacheche e vetrine, ma (mi riferisco alla Circolare dell’Ufficio Elettorale del Ministero dell’Interno) anche in luoghi visibili da una pubblica piazza o da una pubblica via, insomma in luoghi esposti al pubblico. Si tratta sempre di propaganda elettorale fissa. Questo sta accadendo non solo a Novellara, anche a Reggio e in provincia e siamo pronti a intervenire su tutto il territorio reggiano”.

“Noi ci siamo rivolti alla polizia municipale, al sindaco e al prefetto. Sindaco e prefetto non ci hanno risposto ma i vigili si sono subito prodigati per far togliere le bandiere senza però dare sanzioni, come invece sarebbe previsto dalla normativa – prosegue la Fantinati – I cittadini ora sono arrabbiati ma voglio far presente che noi ci siamo mossi proprio a partire da alcune segnalazioni giunte dai novellaresi. Io non sono un’estremista, tutti hanno diritto di manifestare la propria opinione, ma voglio che questo diritto sia garantito a tutti. Loro vogliono liberalizzare la campagna elettorale ma in questo modo chi ha più soldi ed è più potente invade gli spazi a scapito della parità dei diritti. Per chi ci taccia di comportamento incostituzionale, chiedo: allora la polizia municipale sta agendo in modo illegittimo?”.

L’idea del Pdl locale non è andata giu a Pd, Idv, Sinistra per Novellara e Prc. “Più ci si trova in difficoltà e più si cade in basso nella dialettica e nel confronto. Questo sta succedendo al Pdl novellarese, che rispecchia pienamente la situazione di difficoltà del Pdl nazionale – si legge in una nota comune – Anche a Novellara il Pdl va a colpi di dossieraggi, gossip, clamorose scoperte ‘hot’ tanto per attirare l’attenzione. Ma crediamo che la gente ormai sia stanca di questi atteggiamenti, di questi discorsi e falsità. Senza parlare dell’attività frenetica di andare a scovare nei balconi delle case bandiere pro-referendum (a favore dell’acqua pubblica) e addirittura farle togliere….. immaginiamo dia molto fastidio a loro che i cittadini abbiano un’opinione su un tema delicato come l’acqua (che il centrodestra vuole privatizzare), dà fastidio che si parli del referendum… nucleare e legittimo impedimento! Certo, han paura che la gente vada a votare e faccia cambiare i piani del Governo”.

Anche la consigliera regionale Idv Liana Barbati interviene sulla questione denunciando un “comportamento anticostituzionale”. “Appare evidente che anche i berlusconini locali per paura cercano di intimidire i cittadini che hanno tutto il diritto di esprimersi in merito a scelte importanti come la qualità della vita – scrive la Barbati – Già non bastava che questo governo in asfissia facesse spendere milioni in più agli italiani per non aver voluto accorpare i referendum alle amministrative. O il silenzio della Rai, televisione pubblica, sui referendum, o la bufala che il nucleare non si fa più. I balconi delle abitazioni private non possono certo considerarsi ‘luogo pubblico’, infatti se qualcuno vi si introducesse clandestinamente compirebbe il reato di violazione di domicilio, a prescindere da fatto che essi siano visibili dalla strada. Censurare e addirittura chiedere ed ottenere che la Polizia municipale ‘perda’ tempo per andare nelle case dei cittadini per ordinare di togliere dai loro balconi le bandiere del sì al referendum è atto che noi denunciamo come spreco di denaro pubblico che la consigliera del PdL dove risarcire al Comune”.

“Ognuno è libero di manifestare il proprio pensiero appendendo qualsiasi cosa sul proprio balcone. Ma la libertà di pensiero fa paura e allora via, togliamo la Polizia municipale dalle strade e da compiti più importanti e mandiamoli a togliere le bandiere del Sì Acqua Pubblica. A ciò si aggiunge il fatto che nel 1995 (sent. 161) la Corte costituzionale ha ritenuto irragionevole estendere anche alla propaganda referendaria i divieti relativi a quella elettorale nei trenta giorni antecedenti al voto. Invitiamo la Consigliere KGB  a consultare la sentenza, in particolare il punto 6 dei ‘considerando in diritto’, relativamente alla campagna referendaria, non esiste alcun divieto di propaganda nei trenta giorni antecedenti al voto” conclude la Barbati. Protesta di chi sostiene il frefrendum: “ Non se ne può più di questa intolleranza”.

 

Commenti

  1. welcome Piruw

  2. fantinati cristina

    Quanto è pericolosa la disinformazione!

    Ma cari amici Daoli, Barbati, grillini vari, PD, ecc, state dicendo sul serio?
    Non vi siete accorti che state sbagliando perchè non siete informati?
    Io non ho ripescato da un cassetto polveroso una vecchissima legge per fare l’estremista!
    La legge che regola le competizioni elettorali è sempre quella, chi fa politica dovrebbe ormai conoscerla bene.
    Ogni qualvolta si organizza una campagna elettorale, si mette in moto la macchina organizzativa: richiesta spazi, rappresentanti di lista, permessi per comizi, per banchetti, ecc. e questa legge ne regolamenta da tempo gli aspetti relativi alla propaganda.
    Ma veniamo agli aggettivi infamanti che mi avete attribuito: innanzi tutto io non ho né spiato, nè ordinato, nè costretto, nè denunciato, nè segnalato tutti i casi di bandiere a Novellara.
    Io ho inviato soltanto un fax una settimana fa al Sindaco, Polizia Municipale e Prefetto per segnalare la presenza di striscioni e bandiere a Novellara.
    Poi, più nulla, nessuno mi ha risposto, non ho inviato comunicati stampa, non ho fatto polemiche: l’argomento era chiuso! Io non ho insultato nessuno, come avete fatto voi, nè ho usato metodi da regime come invece mi attribuite.
    Poi la sinistra ha fiutato la possibilità di strumentalizzare la mia doverosa segnalazione: e allora arriva un comunicato del PD, poi della Barbati, del Sindaco Daoli e dei grillini, tutti interessati a creare ad arte una polemica che è solo e soltanto politica.
    Per quanto riguarda la sentenza 161/95 della Corte Costituzionale, alla quale si appella la Barbati e il Sindaco Daoli, se si avesse la pazienza di leggerla tutta, si capirebbe che non c’entra nulla con il referendum di giugno. Però, stranamente, nessuno di questi grandi politici se n’è accorto!
    La cosa più grave di questa vicenda è quella di incolparmi di essere illiberale e nemica dei diritti dei cittadini: ma io non ho ordinato ai Vigili di togliere le bandiere, io sono un semplice Consigliere che ha soltanto segnalato una violazione della legge.
    E la Barbati dice che dovrei risarcire il comune per le ore che avrebbero perso i Vigili?
    Ma cara Barbati, rappresentante della casta emiliana con un mega stipendio, pensa che un consigliere, che guadagna 20 euro al mese, potrebbe ordinare ai Vigili di togliere le bandiere?
    Ma lo sa la Barbati che esiste un Comandante? Lo sa che la Polizia Municipale è autonoma? Conosce le leggi? Lo sa quello che dice?
    La Barbati dovrebbe soltanto ringraziarmi per la visibilità che le ho indirettamente dato su questi temi!
    E pensare che il Sindaco mi ha pure formalmente rimproverato dicendomi che se venissi a conoscenza di fatti illeciti, la legge mi impone di segnalarli in quanto pubblico ufficiale: ha forse cambiato idea? E se era così sicuro, perché ha lasciato togliere le bandiere ai Vigili e soltanto oggi li ha bloccati con una direttiva ad hoc? Ci ha meditato su per una settimana intera?
    Ma siamo o non siamo tutti d’accordo che la democrazia è prima di tutto il rispetto della legge? Cara sinistra reggiana, la legge vale solo quando vi fa comodo?
    Le bandiere potevano stare sui balconi fino al 12 maggio, dal 13 in poi andavano tolte.
    Chissà come mai soltanto in questa regione nessuno lo sapeva…
    Chissà come mai soltanto nei nostri comuni i Sindaci non hanno fatto la dovuta informazione.
    Purtroppo in Emilia è lecito solo quello che piace alla sinistra, altro che dittatura della Fantinati.

    Cristina Fantinati

    Capogruppo PDL Novellara
    Capogruppo PDL Unione Bassa Reggiana

  3. andrea sommani

    scusi, mi dice di quale legge sta parlando? Non riesco a trovarla, ma forse mi sbaglio io…

  4. valentino

    La legge 212 del 1956 all’Articolo 2 prevede che “1. In ogni comune la giunta municipale, tra il 33° e il 30° giorno precedente quello fissato per le elezioni è tenuta a stabilire in ogni centro abitato, con popolazione residente superiore a 150 abitanti, speciali spazi da destinare, a mezzo di distinti tabelloni o riquadri, esclusivamente all’affissione degli stampati, dei giornali murali od altri e dei manifesti di cui al primo ed al secondo comma dell’articolo 1, avendo cura di sceglierli nelle località più frequentate ed in equa proporzione per tutto l’abitato. Contemporaneamente provvede a delimitare gli spazi di cui al secondo comma anzidetto secondo le misure in esso stabilite.”
    La legge 212 del 1956 all’art. 6 prevede che “a partire dal trentesimo giorno precedente la data fissata per le elezioni, è vietata ogni forma di propaganda elettorale luminosa o figurativa, a carattere fisso in luogo pubblico, escluse le insegne indicanti le sedi dei partiti”.
    In sostanza, secondo la legge suddetta, le affissioni devono essere effettuate in appositi spazi rigorosamente predisposti dai Comuni (secondo le proporzioni di cui al comma 2 dell’art.2 ), e specificamente assegnati alle varie liste.
    La ratio della legge è dunque questa: nell’ultimo periodo di campagna elettorale la pubblicità non è vietata, bensì garantita. Tuttavia per evitare le affissioni in spazi non consentiti, da un lato si impone ai comuni di realizzare appositi spazi, dall’altro si impone ai partiti (la legge aveva in mente essi) di affiggere unicamente negli spazi consentiti.
    La legge, dunque ha la specifica funzione di evitare le affissioni di manifesti sui muri, non certo di comprimere le possibilità comunicative.
    Quando prevede che la propaganda luminosa e figurativa debba avvenire negli spazi consentiti, la legge vuole, quindi, solo evitare che le pareti di tutti i palazzi vengano ricoperte di manifesti. Nel contempo, però, la legge fornisce una valida alternativa, con spazi di affissione, addirittura, assegnati alle liste.
    Non vi è, nella legge suddetta, alcuna menzione delle bandiere, che ovviamente differiscono profondamente dai manifesti, non avendo la stessa ‘invasività’ e persistenza (dopo le elezioni i manifesti restano affissi sui muri).

    Nell’interpretare il disposto normativo occorre tenere presente, quindi, da un lato, il fine che si prefiggeva la legge, dall’altro lato occorre adeguare quello stesso fine all’intervenuto sviluppo tecnologico ed anche delle pratiche comunicative. Infine (o meglio, prima di tutto) la legge va interpretata in modo conforme ai principi democratici e costituzionali.

    La questione che ora si pone è quella di capire se, tra la pubblicità che obbligatoriamente va incardinata negli spazi autorizzati (i pannelli predisposti dai Comuni), vi siano anche le bandiere.

    Fino ad un certo momento storico è prevalsa l’interpretazione restrittiva della norma. Le bandiere sono state tollerate in effetti, ma talora alcuni sfortunati cittadini si sono viste applicare le sanzioni amministrative previste dal comma 2 dell’art. 6 L. 212 del 1956.

    Tale interpretazione restrittiva non è però attualmente in linea con l’evoluzione della giurisprudenza; in particolare con quella della Corte Costituzionale, che, con Sentenza 161 del 1995, ha affermato:
    “La disposizione in questione prevede che, a partire dal trentesimo giorno precedente la data delle elezioni (o del referendum), è vietata ogni forma di pubblicità, anche se relativa a successive consultazioni elettorali o referendarie.
    Tale norma viene censurata, con riferimento alle campagne referendarie, come incongrua, irragionevole e sproporzionata per quanto concerne il suo inciso finale (secondo motivo) e come irragionevole, comparativamente alla disciplina prevista per le campagne elettorali, nel suo complesso (primo motivo).
    Occorre premettere che, riguardando la materia l’esercizio di un diritto politico fondamentale, le limitazioni contestate – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte – devono essere sottoposte a un rigoroso scrutinio, …. Alla luce di tale premessa la fondatezza delle censure in esame emerge ove si venga a confrontare la particolarità dello strumento referendario con la natura e la misura del limite introdotto. E invero, mentre per le campagne elettorali la presenza di un limite temporale ragionevolmente contenuto per lo svolgimento della pubblicità può trovare giustificazione nel fatto di privilegiare la propaganda sulla pubblicità, al fine di preservare l’elettore dalla suggestione di messaggi brevi e non motivati, eguale esigenza non viene a prospettarsi per le campagne referendarie, dove i messaggi tendono, per la stessa struttura binaria del quesito, a risultare semplificati, così da rendere sfumata la distinzione tra le forme della propaganda e le forme della pubblicità.
    Nelle campagne referendarie le forme espressive della propaganda vengono, invero, in larga parte a coincidere con le forme proprie della pubblicità, con la conseguenza che, per queste campagne, gli effetti delle limitazioni introdotte in materia pubblicitaria possono risultare aggravati fino a ridurre al di là della ragionevolezza gli spazi informativi complessivamente consentiti ai soggetti interessati alla promozione o alla opposizione ai quesiti referendari”

    La sentenza della Corte Costituzionale, dunque, in primo luogo nega che si possano applicare le stesse, rigorose, limitazioni della campagna elettorale per le elezioni politiche ed amministrative alla campagna referendaria. La sentenza afferma che la campagna referendaria ha una propria peculiarità comunicativa, essendo limitata ad una scelta ‘binaria’ (Sì o No).
    Si potrebbe aggiungere che, essendo il referendum un’iniziativa straordinaria e non programmata, la campagna referendaria ha anche lo scopo di informare il cittadino che il referendum stesso si terrà. Tale informativa è particolarmente importante perchè a differenza delle elezioni politiche il referendum è valido solo se viene superato il quorum.
    Tuttavia, la sentenza sopra citata non contiene solo questo principio di diritto. Essa afferma un ulteriore, importantissimo, principio. Essa afferma che “riguardando la materia l’esercizio di un diritto politico fondamentale, le limitazioni contestate – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte – devono essere sottoposte a un rigoroso scrutinio”.
    Tale affermazione è ben più importante di quanto appaia a prima vista.
    Da essa infatti si desume che le norme che ‘regolamentano’ le campagne elettorali – contenendo limitazioni alla libertà di espressione del pensiero (di cui all’art. 21 Cost.) – devono essere interpretate con estrema attenzione, in modo che non vietino più del minimo necessario. In sostanza, nel dubbio, si deve ritenere consentita l’espressione del pensiero politico, e non vietata.
    Nel caso di specie, abbiamo visto sopra che la norma dell’art 6 legge 212 del 1956 non è chiara nel proibire l’esposizione di bandiere. La norma prevede che “a partire dal trentesimo giorno precedente la data fissata per le elezioni, è vietata ogni forma di propaganda elettorale luminosa o figurativa, a carattere fisso in luogo pubblico, escluse le insegne indicanti le sedi dei partiti”.
    In assenza di diversa esplicita indicazione, nella propaganda figurativa dovrebbero rientrare unicamente i manifesti e non altro.
    Si consideri che per i manifesti è prevista un’alternativa. Viceversa la legge 212/1956 non si occupa di luoghi pubblici in cui possano essere esposte le bandiere.
    E’ ben evidente che, interpretata in modo restrittivo, di fatto, per le bandiere non vi sarebbe possibile luogo di esposizione. Ma un esplicito divieto delle bandiere avrebbe dovuto essere meglio esplicitato, e soprattutto avrebbe dovuto avere un fine, quantomeno, in linea con il disposto costituzionale.
    In altri termini, la compressione di un diritto democratico così rilevante come quello della manifestazione del pensiero non può essere previsto così, senza un (maggiore) contrapposto interesse da tutelare, e soprattutto senza una contropartita (costituita, per i manifesti, dagli spazi appositamente predisposti).
    Si noti, infine, che la medesima legge ammette pacificamente la propaganda ‘mobile’ fino al giorno delle elezioni. Per cui vi sarebbe il paradosso per cui sarebbe consentito sventolare le bandiere , ma non tenerle ferme.
    ***
    Sotto un secondo profilo, da quanto risulta, sarebbe contestata l’esposizione di bandiere dalle finestre private delle abitazioni e dai balconi.
    In questo senso il principio affermato dalla Corte Costituzionale è lapidario: riguardando la materia l’esercizio di un diritto politico fondamentale, le limitazioni devono essere sottoposte a un rigoroso scrutinio”.
    Ebbene, i luoghi sopra menzionati (balconi, finestre etc) non sono luoghi pubblici, ma luoghi privati esposti al pubblico.
    La differenza è notevole. Il luogo pubblico, secondo la definizione canonica è il luogo accessibile a tutti i consociati. Luogo privato esposto al pubblico è, invece, anche l’interno di un’autovettura, o addirittura l’interno di un’abitazione senza tende alle finestre.
    Si noti che, le norme, quando hanno voluto, hanno esplicitamente ricompreso tutte le categorie di cui sopra (ad esempio per i c.d. atti osceni l’art. 527 c.p. menziona esplicitamente ‘luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico”).
    Se si ritenesse di dare un’interpretazione estensiva alla norma dell’art. 6 legge 212 del 1956 ( ‘è vietata ogni forma di propaganda elettorale luminosa o figurativa, a carattere fisso in luogo pubblico’) e volendo ritenere che per luogo pubblico, estensivamente , si ritengano anche i luoghi esposti al pubblico, si dovrebbe dire che anche nelle abitazioni o nelle autovetture è vietato esporre bandiere.
    Tale conclusione è, chiaramente, insensata:
    1) In primo luogo è preclusa un’interpretazione estensiva della norma, come affermato dalla sentenza Corte Cost 161 del 1995.
    2) Non si vede poi per quale motivo dovrebbe essere vietata l’esposizione in simili luoghi di semplici bandiere. Non si comprende, in altri termini, quale sia il bene giuridico, che una simile norma tutelerebbe.
    3) La violazione dell’art. 21 Cost. sulla libertà di manifestazione del pensiero sarebbe gravissima.

    Una simile norma sarebbe quindi drasticamente incostituzionale.
    Per quanto sopra, fino a diversa interpretazione da parte della Corte Costituzionale, le Amministrazioni devono attenersi al disposto letterale dell’art. 6 L.212/1956. Sotto un primo profilo non possono estendere una norma che, palesemente, attiene alle affissioni abusive, all’esposizione delle bandiere (pena poi dover multare per affissione abusiva anche coloro che espongono dal balcone le bandiere delle squadre di calcio). Inoltre non possono applicare la norma oltre il dettato della stessa, che si limita ai luoghi pubblici, e che certo non riguarda l’esposizione delle bandiere dalle case private.

  5. andrea sommani

    Ringrazio sentitamente Valentino per l’esaudiente spiegazione. peccato non aver avuto risposta dalla signora Fantinati! Evidentemente non sapeva cosa rispondere. Nel frattempo io ho comprato 2 bandiere da esporre!
    …E sì, è proprio brutta la disinformazione! si rischia di fare certe figure…

  6. nino lombardo

    Gentile Signora Fantinati, qui a Termoli (CB) duranre le ultime votazioni provinciali, ho notato solo balconi imbandierati PDL(fino a tutto lunedì 16 u.s.), con nome e cognome di Berlusconi e del Candidato di dx, risultato vincitore.E non si trattava solo di balconi privati. Vuole che solo per questo il detto candidato sia risultato vincente? Insomma, gli elettori di dx(non noi deficienti come ci definisce il presidente del C.)sarebbero alternativamente e secondo le convenienze,ora intelligenti, informati ecc. ecc. e domani tanto facilmente influenzabili? Faccia Lei. Un saluto.

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