La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Famiglie riunite 45 minuti al giorno

23-06-2009

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Cena, Tv, poche parole: lo spettacolo per bambini che Rodisio fa girare in Europa

Uno studio inglese apparso sui quotidiani nazionali ci rivela che la famiglia esiste solo 45 minuti al giorno: tre quarti d’ora impiegati a mangiare, solitamente la cena, o guardare la tv. Spesso queste due cose insieme. Il sondaggio è stato condotto in occasione della Family Week, la Settimana della Famiglia, ma è un dato ormai presente in tutte le società occidentali.

E proprio a questa famiglia contemporanea, la piccola e giovane compagnia teatrale Rodisio, con sede a Parma ma ormai sempre in giro per il mondo, ha dedicato uno dei suoi spettacoli più emblematici di una ricerca artistica che rivolgendosi prevalentemente all’infanzia tira in ballo proprio il mondo degli adulti.

Loro sono Manuela Capece, 34 anni, e Davide Doro, 35 anni, e lavorano insieme dal 1997 con la complicità di preziosi collaboratori. Dopo anni di faticosa gavetta, e dopo un periodo iniziale di formazione presso il Teatro delle Briciole, i loro spettacoli per bambini, ma sarebbe più corretto dire per tutti, stanno travalicando i confini nazionali (tradotti in lingua inglese, francese e portoghese) per essere accolti con grande curiosità e attenzione in tutta Europa (e non solo), intrecciandosi ad interessanti e complessi progetti di formazione.

Il lupo e la capra (Storia di due ribelli inconsapevoli e quindi di un’utopia), Premio Eolo 2007 come Miglior Spettacolo del Teatro Ragazzi italiano e Storia di una famiglia (e delle cose di ogni giorno) sono gli spettacoli sicuramente più significativi del loro percorso artistico che sta portando lontano la Compagnia fortemente ostinata a non arrendersi alle mille difficoltà e sempre spinta da entusiasmo nell’ “inseguire i propri sogni”, per citare una celebre canzone di Endrigo che non a caso è riportata sui loro materiali di presentazione.

Rodisio nasce nel 2005 prendendo a prestito il suo nome dal rodizio, quel sistema di ristorazione sudamericano in cui ci si siede insieme intorno ad una tavola apparecchiata e si trascorre la serata assaggiando a rotazione piccole porzioni della cucina locale. Fino al raggiungimento della sazietà.

Sono appena tornati da una residenza artistica al National Theatre Studio di Londra dove l’eco del loro lavoro fa sì che il direttore artistico li convochi, insieme a tutto il suo staff, per conoscerli di persona e per metterli a disposizione del proprio nucleo d’attori e formatori di provenienza accademica.

Dopo qualche giorno li troviamo a Vilnius, in Lituania, e poi ancora a Edinburgo, a Belfast, dopo mesi di tournée in Francia, Portogallo, Danimarca e Russia.

Numerosi premi coronano le loro fatiche: nel 2008 ricevono il Grand Prix Tiba Festival e il Premio Assistej Serbia per la miglior ricerca artistica e il Premio Festebà dalla Città di Ferrara.

Ora, tra luglio ed agosto, li aspetta l’Estremo Oriente (Giappone e Corea) su invito del Kijimuna Festival di Okinawa con lo spettacolo Storia di una famiglia (che vanta già una versione russa) che diventa anche progetto di ricerca teatrale ed antropologica iniziato tre anni fa in Emilia-Romagna, coinvolgendo bambini, famiglie, insegnanti, artisti ed operatori culturali di diverse realtà sociali, culturali e geografiche.

Con un tavolo, tre sedie, un lampadario e “O sole mio” nella versione di Dalida, Rodisio mette in scena quella famiglia di cui si scriveva in apertura, una famiglia seduta a tavola in preda alle sue mille nevrosi quotidiane perché come dicono i due artisti “partendo dal cibo abbiamo alzato gli occhi e abbiamo trovato tutto il resto”.

La famiglia, in questa nuova fase di ricerca e progettualità, diventa un complesso campo d’indagine per parlare di bene e di male, di presenze e assenze, di cibo come elemento di compensazione a mancanze d’altro tipo, un’occasione per riflettere sui modelli culturali che in quel microcosmo nascono.

“Durante lo spettacolo ci hanno fatto vedere per 10, e dico 10 volte consecutive la vita. Guidare, stirare, fare la spesa, la ginnastica…e alla fine non si sono più guardati” scrive Simone, 9 anni; “C’erano una volta una bambina, un papà e una mamma. L’inizio mi ha lasciato perplesso. Mi chiedevo dentro di me, perché stanno scappando? Forse dalla vita che passano insieme” scrive Andrea, 8 anni.

Spesso partono da un’immagine, come loro la chiamano, ossia una visione di pochi minuti mostrata al pubblico, anche con un certo gusto provocatorio. E da lì nasce tutto. Può essere l’immagine di un vecchio e di un bambino seduti su un divano prima di emettere un urlo liberatorio o quella di un bacio appassionato tra due giovani, per parlare rispettivamente di rivolta e di amore (progetto “Sta per succedere qualcosa”). L’immagine scatena reazioni diverse, provoca, affascina, seduce, turba e stimola l’immaginario del pubblico. I bambini si divertono, gli adulti spesso si spaventano.

E quell’immaginario viene da loro utilizzato ed elaborato drammaturgicamente nei propri spettacoli, ai quali si arriva senza rinunciare al tempo necessario alla creazione che rimane in una forma aperta. Quel cercare e non finire che deriva peraltro dall’importante incontro dei due artisti con Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza di Volterra.

L’incontro e il confronto con lo sguardo dell’infanzia diventa così un momento fondamentale ed imprescindibile nel processo creativo generatore degli spettacoli della Compagnia.

Ben lontani da tutto ciò che produce un’immagine stereotipata dell’infanzia, per Rodisio la parola didattica è bandita per lasciar spazio all’arte. “Non tutto – sostengono – deve essere per forza spiegato e sottolineato, non tutto deve essere rassicurante e a lieto fine”: la ricerca artistica di Rodisio punta alla formazione della coscienza.

Nessun psicologismo, un uso ridotto di mezzi teatrali, una cura anche estetica nella ricerca di oggetti-simbolo e di musiche coinvolgenti ed emozionanti spesso prese a prestito dal cinema. Il teatro di Rodisio utilizza una chiave ironica e moderna, si alimenta di poesia e di danza (e proprio la danza, o meglio la narrazione danzata, sarà protagonista di una delle prossime produzioni sul tema dell’amore rivolta a bambini più piccoli realizzata in coproduzione con ABC – Association Bourguignonne Culturelle di Dijon).

Tutto questo con niente, nessun finanziamento, notevoli sacrifici economici, tournée massacranti, pochi mezzi ma molte idee. E quando queste sono fresche, precise e molto determinate, a volte, si può ancora andare lontano.

Raffaella IlariÈ nata a Parma il 15 dicembre 1971, città nella quale tutt'ora vive. Lavora da ormai numerosi anni in ambito culturale, occupandosi prevalentemente di comunicazione e organizzazione presso istituzioni e festival teatrali nazionali.