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Eugenio MELANDRI – Un Natale triste, ecco perché

23-12-2009

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Qualche giorno fa è morto Sher Khan. L’hanno trovato in piazza Vittorio, a due passi da casa mia. Era morto di freddo. Sher Khan l’ho conosciuto a Senzaconfine. È stato uno dei primi ad arrivare, ormai 20 anni fa. Poi la Pantanella. Le tante battaglie per i diritti degli immigrati. Con Dino Frisullo. Con don Luigi Di Liegro. Era uno che non mollava mai. Che non chiedeva nulla per sé, ma che si metteva sempre con quelli che stavano peggio di lui. Fino a “perdersi”. A lasciarsi andare.

L’avevo visto l’ultima volta pochi mesi fa. Invecchiato, gonfio, forse anche alcolizzato. Ci siamo salutati. Abbiamo parlato un po’. Poi lui è andato per la sua “strada” e io sono tornato a casa, al caldo. Come al solito stava occupando un immobile, insieme con i tanti disperati come lui, che ogni giorno dovevano cercare di sopravvivere. Poi di lì è stato cacciato. Qualche giorno a Ponte Galeria, poi di nuovo la strada. E alla fine non ce l’ha fatta. L’hanno trovato morto di freddo a due passi da casa mia.

La tentazione facile per me sarebbe ancora una volta lanciare un’accusa a questa città non accogliente. A questa politica intollerante e razzista. Ma sarebbe una tentazione facile. Vera, ma non completa. Perché il primo interrogativo sulla morte di Sher Khan lo devo porre a me. Sher Khan, un combattente per i diritti, aveva il torto di non essere come avrei voluto che fosse. Di non essere diventato come avrei voluto diventasse. Aveva il torto di non fare come faccio io e tanti di noi: lottare e impegnarsi per i diritti, ma quasi dall’esterno. Sher Khan lottava per gli emarginati, ed era lui per primo diventato emarginato. Anche da me. Anche da noi.

Forse è ora che ci interroghiamo su quella sorta di aristocrazia che accompagna il nostro impegno. Che arriva fino ad un certo punto. Ma che si ferma sulla porta della buona educazione della pulizia, della sobrietà, della “vita per bene”.

I miei auguri di quest’anno sono prima di tutto per me. Quel bambino nato a Betlem ha rotto tutte le resistenze e tutti gli indugi. “Lui, che era di natura divina, non ha considerato come sua proprietà la sua uguaglianza con Dio”. È diventato in tutto come noi. Anzi si è fatto povero, ultimo, emarginato. Ha rotto gli schemi della buona educazione. È nato in un rifugio per animali. È stato posto in una greppia. E mi domando: se fossi stato lì, in quel momento, sarei andato a trovarlo? A stare con lui? Gli avrei proposto di venire al caldo della mia casa?

Quel Bambino ha scelto di scendere nel buco più profondo della storia e proprio questa sua venuta ha rimesso in moto la speranza.

Buon Natale ai tanti Sher Khan che non conosco, che vivono ai limiti della società, non solo per colpa della grande politica, del razzismo delle istituzioni, ma anche mia, anche nostra.

Buon Natale a tutti noi perché siamo capaci di riconoscere l’avvento misterioso di Dio che entra nella storia attraverso i tanti che nascono senza una casa, che vivono emarginati dal mio perbenismo e dalla mia solidarietà aristocratica. Natale è la loro festa. Quanta strada devo ancora fare perché diventi la mia.

Quest’anno il Bambino del mio Presepe ha il volto dei tanti Sher Khan che, pur essendo stati miei compagni di viaggio, non ho saputo riconoscere.

Eugenio

Eugenio Melandri è nato a Brisighella (Ravenna) nel 1948. Diploma in teologia e laurea in sociologia. Per dieci anni direttore della rivista dei Missionari Saveriani: “Missione Oggi. Dal 1989 al 1994 parlamentare europeo, vicepresidente dell'Assemblea Paritaria CEE–ACP. Nel 1992 eletto alla Camera dei deputati, ma dopo qualche mese si dimette per non tenere il doppio mandato. Fondatore dell'Associazione Senzaconfine, per i diritti degli immigrati (1989), al termine del mandato parlamentare si dedica in maniera particolare all'Africa fondando con altri amici “Chiama l'Africa”. Da dieci anni circa dirige la rivista “Solidarietà internazionale” del Coordinamento iniziative popolari di solidarietà internazionale (CIPSI). Scrive per giornali e riviste, anche internazionali. È stato assessore alla Cultura, alle politiche giovanili e alla solidarietà internazionale nel comune di Genzano (Roma).
 

Commenti

  1. Domenico Falconieri

    D’accordo con Christian, non con Enrico, visto che lo stesso Melandri dice d’essere criticabile, facendo un mea culpa che, pur nelle forbite parole, nasconde l’atteggiamento tipico dei cattolici, di maniera e no.
    Sarà, a mio avviso, sempre troppo tardi quando ci riusciremo a liberare di religioni e superstizioni ed a cominciare a vivere una vita reale, senza deleterie sovrastrutture mentali.

  2. Rosanna Conti

    Concordo in ieno con Falconieri ..inoltre io sono atea e non appartengo a quella sorta di aristocrazia che viene nominata da Eugenio …

  3. Daniele

    Penso si stia ragionando col paraocchi e per schemi, che mi sembra stia diventando un problema sempre più forte nel dibattito sociale odierno.
    Quella di Eugenio era un attenzione per gli emarginati della società che prende spunto dalla sua fede cristiana. Ma attenzione, non mi sembra abbia parlato di religioni, istituzioni , … Il suo punto di partenza è una persona storicamente esistita che portato un messaggio semplicissimo: amare il prossimo. Un concetto che non può essere esclusivo del mondo cristiano. Penso che Domenico e Christian, pur ripudiando l’aspetto religioso, siano benissimo capaci di amare il prossimo.

    Per Christian: mi sembra che tu sia contrario una delle libertà fondamentali come la libertà di credere. Non ti sembra un po’ superata come posizione?

    Per Rosanna Conti: non mi sembra che Eugenio parlasse di un’aristocrazia credente.

  4. sara elter

    cari “compagni”. Anche io ero come voi. Marciavo nei cortei e mi impegnavo . Pensavo che il mio mondo fosse l’unico possibile, ora che sono anche io senza posto fisso, senza stipendio e senza casa (anche se sono al caldo, ospitatata) vi dico che non è così che si cambia il mondo, giudicandolo, sempre da fuori. Che il prossimo non è più amato, ma nemmeno considerato e neppure da voi. Da qualche tempo seguo qualche lavoretto per una importante istituzione cattolica e vi dico semplicemente che stanno facendo un lavoro che la sinistra dovrebbe fare, anziché perdere tempo a parlare nei salotti più o meno buoni di questo stravolto paese. Bisogna stare con la gente, dividere la fatica, il freddo, la fame, capirne i bisogni. Voi continuate a fare cortei e non capite proprio un bel niente. Intanto in mezzo alla gente ci va la lega e alla fine chi pagherà per tutti saranno solo i più deboli: gli stranieri.

  5. M.TeresaPellegrini Raho

    C’è moltissima gente, uomini e donne, giovani o meno giovani, che imparano giorno per giorno ad esprimere il loro “talento” essendo poveri ed emarginati (oggi tante/i lo stanno diventando per la mancanza di lavoro) essendo anche in una posizione meno precaria ma solidale, avendo una fede o non avendola, militando in un partito o non sentendosi di farlo, operando comunque scelte di condivisione “reale” sulla base delle necessità e dei diritti fondamentali per l’umanità. Cosa voglio dire? Voglio dire che la ricerca non finisce mai e comincia con il rispetto per sé e per tutte/i coloro che cercando possono sbagliare e di cui mi sento prossim -a, fianco a fianco o meglio occhi negli occhi, per riconoscere ad ognuna/o il diritto prima d tutto all’ascolto senza pregiudizio

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