La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Italia »

Verdi 200 anni dopo: “Dicendomi addio tradì l’amor mio”. A Parma “Un ballo in maschera” per raccomandati

13-10-2011

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Riflessi verdiani - Foto di duetramontiEra la seconda volta che a Verdi facevano quello scherzetto: la censura gli bloccava un lavoro quando ormai era quasi finito. La prima avvenne a Venezia per il Rigoletto, adesso toccava al Ballo in maschera. Originariamente il “Rigoletto” da “Le roi s’amuse” di Victor Hugo che ripercorreva le scorribande amorose di Francesco I di Valois re di Francia (amicone di Enrico VIII al Drappo d’oro e poi tradito da costui dopo l’alleanza con il ‘nipote’ Carlo V; mecenate di artisti italiani ma da Vasari definito un predatore d’opere d’arte nostrane, come quasi tutti i francesi che hanno transitato qui da noi, del resto; despota e tiranno come tutti i suoi predecessori e successori tanto che si dovette arrivare alla Rivoluzione francese) venne censurato perché le teste coronate non possono essere messe alla berlina per i loro amorazzi (e comunque si vorrebbe lo stesso anche per i governanti senza corona dei giorni nostri) e quindi Francesco I di Francia fu declassato a Duca di Mantova (rilevante come questo Duca non abbia nome proprio, ma solo quello fasullo che esibisce all’ingenua Gilda: Gualtier Maldè) e la censura dette il nullaosta.

Con “Il ballo in maschera” la storia si ripete a Napoli: i re non si toccano, non si rammenta alla popolazione che i regnanti possono essere oggetto non solo di riverenza ma anche di odio, e quindi l’attentato alla vita di un sovrano non può essere tollerato dalla censura di uno Stato totalitario come era quello dei Borboni di Napoli. Grandi baruffe con la direzione del San Carlo che arriva al punto di ‘sequestrare’ Verdi che, alla fine, con un escamotage se ne va rescindendo il contratto e approdando a Roma. Figurarsi: la Roma papalina era più tollerante della repressiva Napoli, chi l’avrebbe mai detto! Il Ballo in maschera vede la luce nel febbraio 1859 all’Apollo di Roma, però anche qui il regicidio non è visto molto di buon occhio, così l’azione si deve spostare addirittura fuori dall’Europa, a Boston in America, e il protagonista ridotto a Conte è il governatore del Massachusetts.

L’opera in questo modo perse molto del suo spessore e della sua drammaticità (si capirebbero certe frasi in bocca a un sovrano assoluto, molto meno in quella di un semplice governatore) e il librettista Antonio Somma pretese che il suo nome venisse tolto dal cartellone. Del resto a quei tempi non si scherzava: il testo di Scribe aveva preso le mosse da un fatto realmente accaduto: Gustavo III di Svezia nel 1792 fu assassinato durante un ballo in maschera e il 13 gennaio 1858 Felice Orsini attentò alla vita di Napoleone III: malauguratamente per Verdi proprio negli stessi giorni in cui a Napoli doveva darsi la sua opera. E questo era un monito per Verdi e tanti altri: il potere meglio non sfiorarlo. Dopo questo preambolo bisogna dire che “Il ballo in maschera” ebbe un discreto successo e fu poi rappresentato sempre con sommo godimento degli spettatori. E magari anche dei giornalisti presenti all’allestimento. I fortunati giornalisti che riescono a farsi concedere uno strapuntino.

Una volta, se si voleva recensire un’opera, o solo più modestamente farne la cronaca, bisognava essere presenti in carne e ossa. Adesso, per fortuna, non è necessario. Per fortuna di chi? si chiederà qualche incredulo. Ma di chi deve sovrintendere alla buona riuscita del lavoro in oggetto, di chi deve diffonderlo nel mondo dei media affinché i media lo diffondano nel mondo. Perché, per fare di queste operazioni, bisogna avere una buona organizzazione, ottimi elementi che la compongano e qualche denaro. Adesso accade sovente che una delle tre cose manchi e a volte anche due, e spesso persino tutte e tre.

Accade a volte che gli uffici stampa non abbiano poltrone sufficienti a ospitare il pennivendolo di turno (ma i vecchi del mestiere sanno che queste sono scuse) e quindi il povero cronista che comunque si sarebbe dovuto finanziarie viaggio, alloggio e anche (come è accaduto per la stagione estiva di Caracalla a Roma) il costo del programma di sala, rimane fuori dallo spettacolo di cui avrebbe dovuto scrivere. Non difettando a questa categoria così negletta dei giornalisti un po’ di ingegno, e venendo in ausilio l’informatica, con meno dispendio pecuniario e energetico, possiamo affermare senza dubbio che il direttore d’orchestra Gianluigi Gelmetti (a Roma sempre apprezzato e anche rimpianto) è stato superlativo, che il cast era di prima scelta, sempre con qualche neo beninteso, e che il pubblico si è divertito a dismisura.

Caterina RennaCaterina Renna è nata e vive a Roma. Giornalista e scrittrice ha sempre pubblicato per le pagine culturali (critica letteraria, teatrale e musicale) de 'Il Tempo' e dell'ormai scomparsa rivista 'La dolce vita'. Dopo una tesi di laurea in critica letteraria sul giallista romano, Augusto De Angelis morto in seguito alle percosse inflittegli dai fascisti, si è appassionata a questo genere 'minore' ed ha scritto un romanzo poliziesco ambientato nella capitale (ora pubblicato online da Feltrinelli) dal titolo 'Cronaca di Roma VI pagina', nonché vari racconti pubblicati da Giulio Perrone Editore. Ha ricevuto una speciale menzione per un suo racconto nell'VIII edizione del Premio Nazionale Narrativa Poliziesca 'Orme Gialle' di Pontedera. Si accinge a completare una serie di racconti dal titolo 'Razzismi' molto in tema con gli avvenimenti odierni.
 

Commenti

  1. Alessandro Riatsch

    La censura è sempre stata una delle attività preferite (e naturali) del potere. Quest’ultimo è rappresentato a volte da illustri personaggi, altre volte da mediocri cialtroni con grande disponibilità di denaro. Al dì la del quesito su quale delle due categorie sia più vicina ai nostri casi locali, una differenza tra oggi e ieri salta all’occhio. Oggi sembra completamente assente una critica del potere che riesca a sublimarsi in un capolavoro dell’arte (vedi Ballo in Maschera). E sembra assolutamente inconcepibile che figure invise al senso comune possano diventare protagoniste di vicende teatrali gloriose e appassionanti (vedi coro dei gitani del Trovatore, o la stessa Carmen). Allora non ci rimane che lo spettacolo sublime dell’arte del passato, cercando di comprenderne anche i significati spendibili per una maggiore consapevolezza dei giorni nostri.

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