La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Società » Italia »

Non si sblocca la situazione dei lavoratori campani licenziati dopo la cessione dei negozi a marchio Coop e la successiva chiusura. Intanto è finito il sussidio di disoccupazione e di nuove prospettive nemmeno l'ombra. Mentre prosegue l'iter giudiziario, si annunciano nuove proteste. «Non offriteci qualche soldo né le vostre scuse. Ridateci solo il nostro impiego»

Vuolo, ex Unicoop Tirreno: «Protesteremo fino allo sciopero della fame»

17-03-2011

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Manifestazione degli ex lavoratori Unicoop Tirreno di Soccavo avvenuta lo scorso 3 dicembre 2010

Manifestazione degli ex lavoratori Unicoop Tirreno di Soccavo avvenuta lo scorso 3 dicembre 2010

Ci sono storie che non possono terminare con la pubblicazione di un articolo. La vicenda dei diciassette lavoratori campani già dipendenti della Unicoop Tirreno, licenziati dopo la cessione dei punti vendita ad altre catene della grande distribuzione che li hanno chiusi, è una di quelle. Se n’era parlato in due occasioni a dicembre 2010 (gli articoli sono qui e qui) e ancora poco tempo fa avevamo di nuovo dato spazio alla questione pubblicando una lettera. Ma a tutt’oggi risultati concreti per i disoccupati non ce ne sono. E il punto della situazione lo fa ancora Carlo Vuolo, delegato a rappresentare gli ormai disoccupati campani.

Rispetto alla sua lettera pubblicata qualche giorno fa, è cambiato qualcosa?

«A dir la verità, sono stato contatto per vie private dalla dottoressa Vanda Spoto, la presidentessa di Legacoop Campania. Mi diceva che si sarebbe impegnata a sostenere la nostra battaglia, per quanto ammettesse di non poter fare granché. Nel frattempo è accaduto un altro fatto: al nostro avvocato viene spedito un fax dallo studio legale Schembri e Bertolini, che rappresenta la Unicoop Tirreno. Ci è stata così sottoposta una proposta di 10 mila euro a titolo non di risarcimento, ma si tratterebbe di una transazione che non riconosce neanche parzialmente delle nostre istanze. Se accettassimo, dovremmo rinunciare insomma a qualsiasi richiesta nei loro confronti, prima tra tutte il posto di lavoro, l’unica nostra vera rivendicazione».

Dunque la vostra decisione è di non accettare questa proposta?

«No, non accetteremo. Abbiamo parlato con il nostro avvocato e abbiamo deciso che andremo avanti perché non abbiamo bisogno di carità, ma di certezze. E la certezza ce la può dare solo il lavoro».

Prospettive di reinserimento lavorativo al momento ne avete?

«No. Io, a 47 anni, sto andando in giro a chiedere un impiego, ma vengo guardato come se fossi in alieno. Prima di tutto, dalle nostre parti, in Campania, lavoro non ce n’è, ma soprattutto alla mia età sembra che debba rinunciare a qualsiasi possibilità di lavorare. Sono giovane per la pensione, ma sono vecchio per una nuova occupazione».

Per quanti anni ha lavorato all’interno del settore della cooperazione? E con quali incarichi?

«Ci ho lavorato venticinque anni circa, dalla metà degli anni Ottanta fino al 2009, quando siamo stati ceduti e licenziati. Ho sempre fatto un po’ di tutto, ricoprendo il ruolo di addetto alle vendite, cassiere, magazziniere e qualcos’altro. Da noi c’erano figure professionali specializzate o con una maggiore specializzazione in un settore, ma il nostro tipo di cooperativa, soprattutto agli albori, era che tutti davano tutto. E noi ci credevamo perché credevano in valori come la solidarietà, l’utilità pubblica. Andando avanti però ci siamo accorti che questo sistema è stato sostituito da logiche finanziarie e bancarie che hanno fatto perdere i valori da cui eravamo partiti portando nell’agro sarnese-nocerino la Coop, che ai tempi dava lavoro, stipenti e legalità, cose non frequenti dalle nostre parti».

Prima che Unicoop manifestasse l’intenzione di vendere i supermercati in cui era impiegato anche lei, c’erano già stato segnali dei problemi che si sarebbero presentati?

«Nel 1998, quando c’è stato il passaggio da Coop Campania a Unicoop Tirreno, fummo contenti perché si realizzava un sogno: realizzare un’unica grande cooperativa, una sorta di grande famiglia accomunata da certi valori. Subito dopo ci accorgemmo che la realtà era differente perché, in dieci anni, solo all’inizio si videro interesse per i negozi e azioni convincenti di fidelizzazione della clientela. Ci siamo sentiti, a livello regionale, abbandonati ai nostri problemi e i punti vendita ne hanno risentito, a favore degli ipermercati. E si è passati sopra a nostre situazioni familiari molto gravi, che avrebbero meritato più considerazione, dopo la dedicazione che noi abbiamo dedicato al lavoro».

Dal punto di vista delle vertenze aperte tra tribunale del lavoro e azioni giudiziarie in corso, contate di poter conquistare qualche forma di risarcimento?

«L’unico risarcimento che vogliamo è il posto di lavoro, i soldi non ci interessano, altrimenti avremmo agito diversamente e magari avremmo presentato noi per primi una richiesta economica, senza attendere che ci venisse sottoposta. Pretendiamo solo chiarezza dal lato giuridico, soprattutto per quanto riguarda ciò che è successo dopo la vendita dei supermercati Coop alle realtà locali che hanno chiuso tutto e ci hanno licenziato (senza ancora aver ricevuto la liquidazione). Già ad Avellino e a Napoli i magistrati hanno detto che i lavoratori essere devono reintegrati in Unicoop Tirreno. Attendiamo dunque gli sviluppi perché, dopo tanti anni, rimango legato al mondo della cooperazione e vorrei vedere ben riposto il mio convincimento».

Quando sono stati aperti nuovi centri commerciali a marchio Coop in Campania, voi ex lavoratori avete manifestato pubblicamente. Contate di ripetere l’esperienza in futuro?

«Il 3 dicembre 2010 siamo stati a Napoli per dire all’azienda che non ci saremmo arresi. Tant’è vero che, dopo alcune azioni pubbliche, poi ci hanno ricevuto. Io, come delegato dei lavoratori, sono stato a un incontro in cui si era detto che c’era la volontà di risolvere il nostro problema. Tuttavia non sono seguite proposte concrete, neanche dopo un’udienza celebrata a Napoli il 13 gennaio successivo. Ai tempi però ci eravamo fermati e ci eravamo illusi che si potesse arrivare a una soluzione. Constatato che non è così, riprenderemo con la nostra lotta, per quanto preferisco non raccontare quello che abbiamo in mente di fare. Posso solo aggiungere che non escludiamo il ricorso allo sciopero della fame».

La vostra situazione si sta trascinando così a lungo tanto che è finito anche il sussidio di disoccupazione. Come riesce una persona che ha lavorato tanti anni ad andare avanti?

«Questa è una bella domanda. Le posso dire che, alla mia età, chiedere un aiuto economico ai genitori o a qualche familiare è quanto di più umiliante si possa pensare. Loro capiscono il mio disagio e non si tirano indietro, ma per me è devastante. Devo solo sperare di non ammalarmi, a questo punto, perché altrimenti è davvero la fine. Ho cercato di spiegare questa situazione ai miei ex datori di lavoro. E posso aggiungere che non ci interessa trovare responsabilità personali, vogliamo a questo punto solo ricostruire la nostra vita e quei valori in cui abbiamo creduto. Mi ripeto, ma è importante: possiamo farlo solo lavorando. Ritengo che i miei colleghi e io siamo vittime di un’ingiustizia, ma non vogliamo che qualcuno venga a chiederci scusa. Ridateci solo il nostro impiego. Non vediamo l’ora di ricominciare».

Antonella Beccaria è giornalista, scrittrice e blogger. Vive e lavora a Bologna. Appassionata di fotografia, politica, internet, cultura Creative Commons, letteratura horror ed Europa orientale (non necessariamente in quest'ordine...), scrive per il mensile "La Voce delle voci" e dal 2004 ha un blog: "Xaaraan" (http://antonella.beccaria.org/). Per Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri - per la quale cura la collana "Senza finzione" - ha pubblicato "NoSCOpyright – Storie di malaffare nella società dell’informazione" (2004), "Permesso d’autore" (2005),"Bambini di Satana" (2006), "Uno bianca e trame nere" (2007), "Pentiti di niente" (2008) e "Attentato imminente" (2009). Per Socialmente Editore "Il programma di Licio Gelli" (2009) e "Schegge contro la democrazia" (con Riccardo Lenzi, 2010). Per Nutrimenti "Piccone di Stato" (2010) e "Divo Giulio" (con Giacomo Pacini, 2012)
 

Commenti

  1. carlo vuolo

    Cari ex colleghi credo che sia giunto il momento di mettere fine ,a questo teatrino . mai mi sarei immaginato che qualcuno scendesse nel personale dicendo bugie ed infangando il mio nome.IO NON LO FACCIO e Sfido chiunque a provare quello detto sulla mia persona, onesta e leale con tutti, tanto che oggi sono stato ricevuto dal PRESIDENTE nazionale legacoop DOTT. POLETTI che mi assicurava di voler prendere a cuore la nostra situazione .SI E’ PARLATO DI TUTTI !!! testimone
    della mia trasparenza la PRESIDENTE LEGACOOP CAMPANIA DOTT, SPOTO. vi abbraccio carlo vuolo.

  2. carlo melillo

    Dici bene caro Carlo quando dici che è venuta l’ora di mettere la parola fine a questo teatrino .(Teatrino non voluto da me e da noi di soccavo)Nel personale si scende quando cominciano gli altri .Detto questo consentimi di dirti l’ultima cosa sei un’ingenuo se credi ancora alle promesse del presidente nazionale legacoop dott Poletti ,come lo chiami tu (Mi sembra il titolo di un film di fantozzi)Che veniva a Napoli lo sapevamo anche noi di soccavo ,non ci siamo andati xkè non serve a niente questi personaggi non si impietosiscono x niente figurati se prendono a cuore la nostra situazione,ma tu sei padrone di crederci.Noi ci siamo passati prima di te dal lontano 2007 ,siamo stati a Vignale abbiamo parlato con tutti presidente al personale ,con il vice ,con il vice del vice fino all’ultimo dei dirigenti e tutti dicevano di prendere a cuore la situazione ma a tutt’oggi la situazione è questa .Quindi ti do un consiglio xkè in fondo in fondo mi sei un poco simpatico ,NON ILLUDERTI . La vera lotta è quella di conquistarti il posto di lavoro con l’unità ,quel posto di lavoro che ci hanno tolto ingiustamente ,quell’unità che voi non avete mai accettato fino in fondo .Finisco qui x non fare ancora inutile polemica e auguro a voi tutti e a noi di essere riassunti tutti in coop . In fede Carlo Melillo.

  3. carlo vuolo

    Difronte a noi non c’e’ piu’la cooperativa nella quale siamo cresciuti ed abbiamo lavorato, ma un azienda gestita da falsi cooperatori convertiti al profitto personale e poca gli importa se ci sono famiglie che non arrivano a fine mese, NOI NON CI VENDEREMO + UNA SOLA PAROLA CONOSCE IL NOSTRO VOCABOLARIO SI CHIAMA LAVORO!!!

  4. […] […]

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