Le città d'Italia invase dall'onda rosa: comunità di donne protagoniste che pretendono le dimissioni del rozzo sultano, con la preziosa ed attiva partecipazione di tanti uomini. Una lezione per tutte e per tutti: oggi più di ieri il personale è politico
“Più zucca, meno patata”: ecco la ricetta per archiviare l’Italia di Arcore
14-02-2011
di
Monica Lanfranco
Come sostiene la studiosa nordica Drude Dalherup il problema non è tanto che le donne non votino le donne, quanto piuttosto che siano gli uomini che non le votano: buone per fare cornicette in tv o le puttane a palazzo come al parlamento, ma non abbastanza per essere prese sul serio dovunque. Il problema profondo dell’Italia è che non è un paese abbastanza laico e sufficientemente colto (lo era, ma 25 anni di pervasione catodica lo hanno distrutto) da poter esprimere una democrazia laica e democratica compiuta, altrimenti mai un imprenditore rozzo come Berlusconi avrebbe potuto governare così a lungo e con un consenso così vasto. La manifestazione di ieri, la cui grandezza sta soprattutto nell’aver scardinato la logica partitica – sindacale della chiamata generale in un solo luogo, ma finalmente l’aver messo al lavoro le singole città, piccole e grandi, e le loro comunità di donne protagoniste della mobilitazione, ha comunque scosso le coscienze, in modo inedito e inusuale. Anche se il lavoro da fare è lungo e irto di ostacoli, perchè mai prima d’ora il vero programma politico di cambiamento indicato dai movimenti femministi degli anni ruggenti è stato preso in considerazione, e cioè che il personale è politico, la grande e attiva presenza di giovani e di uomini ieri è un prezioso segnale.
Oggi è già quel ‘quando’ invocato dall’appello: è da subito che bisogna chiedere le dimissioni di un governo indegno, che l’opposizione deve compattarsi per dare spazio alla domanda di cambiamento, senza le solite risse tra partitini e chiesine. Oltre all’economia devastata dalla crisi globale l’Italia ha un serio problema locale: ricostruire il proprio tessuto culturale devastato dal sessismo, dalla misoginia e dall’analfabetismo di ritorno che ha purtroppo alimentato i sogni catodici di almeno una generazione.
Questa è una delle emergenze che donne e uomini, come femministe e come attivisti della cultura e della informazione ci tocca adesso fronteggiare. ‘Che vinca la zucca sulla patata’ recava scritto su uno striscione portato da due ragazze in piazza ieri a Genova. Quello che c’è da fare si potrebbe anche dire, semplicemente, solo così.
Monica Lanfranco è giornalista e formatrice sui temi della differenza di genere e sul conflitto. Ha fondato il trimestrale di cultura di genere MAREA. Ha collaborato con Radio Rai International, con il settimanale Carta, il quotidiano Liberazione, con Arcoiris Tv. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici). Insegna Teoria e Tecnica dei nuovi media a Parma.
Il suo primo libro è stato nel 1990 "Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi". Nel 2003 ha scritto assieme a Maria G. Di Rienzo "Donne disarmanti - storie e testimonianze su nonviolenza e femminismi" e nel 2005 è uscito il volume "Senza Velo - donne nell’Islam contro l’integralismo". Nel 2007 ha prodotto e curato il film sulla vita e l’esperienza politica della senatrice Lidia Menapace dal titolo "Ci dichiariamo nipoti politici". Nel 2009 è uscito "Letteralmente femminista – perché è ancora necessario il movimento delle donne" (Edizioni Punto Rosso).