La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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Domani chiude, addio

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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La Liberazione: è la nostra festa

25-04-2011

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25 aprile sempre - Immagine di Marco TrevisanIl 25 aprile è Festa nazionale. Il che significa che la nazione italiana riconosce in quella data il fondamento della propria identità. Detto altrimenti: il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani perché per far parte della Patria è necessario riconoscere – nel fatto storico che si celebra – la radice della propria comune cittadinanza. Ora, il 25 aprile è stato scelto a riassumere i giorni in cui i partigiani insorgono in tutte le più importanti città del nord, liberandole. “Aldo dice ventisei per uno” è la frase in codice trasmessa da Radio Londra con cui il comando della Resistenza il pomeriggio del 24 aprile dà l’ordine dell’insurrezione generale.

Il 25 aprile è dunque la festa di tutti gli italiani perché è la festa della Liberazione, la festa della vittoria della Resistenza antifascista. La Resistenza antifascista è dunque il fondamento del nostro essere italiani. Chi della Resistenza antifascista nega o disprezza o combatte i valori sta semplicemente minando e negando l’identità e l’appartenenza che ci fanno Patria. Patria e Resistenza antifascista sono sinonimi, fino a che l’Italia vuole restare “Repubblica italiana” e non collassare di nuovo in quella mera “espressione geografica” di cui parlava Metternich. La Resistenza antifascista fa tutt’uno infatti con la Costituzione repubblicana, che nasce nel pieno esplodere della guerra fredda e che tuttavia custodisce l’identità comune della Nazione, al di là di uno scontro politico sempre più aspro, proprio perché radicata nell’impegno comune – fino al sacrificio della vita – cui hanno saputo dar luogo i partigiani in montagna, i militanti dei partiti clandestini nelle città, nelle carceri, in esilio.

La Resistenza antifascista, e la Costituzione che ne codifica la “buona novella” (firmata dal democristiano De Gasperi e dal comunista Terracini, ed elaborata da figure straordinarie come Calamandrei), rappresentano perciò una sorta di religione civile, di ethos comune dell’Italia democratica, nel venire meno dei quali va in pezzi la Patria stessa, e resta la nuda forza degli “spiriti animali”, le “ragioni” di chi ha più potere ed eversiva-mente lo esercita in una sorta di guerra civile soft. Forse l’articolo 1 va cambiato davvero: “L’Italia è una Repubblica democratica … nata dalla Resistenza antifascista, ai cui valori si ispira”.

Il 25 aprile, giorno della Liberazione, della vittoria della Resistenza antifascista, è Festa nazionale. Festa dell’Italia. Chi non vi partecipa “toto corde” è perciò contro la Patria, dell’Italia si fa nemico.

(Questo articolo è stato pubblicato sul Fatto Quotidiano del 24 maggio 2011)

Paolo Flores d'Arcais, filosofo e intellettuale, dirige la rivista MicroMega.
 

Commenti

  1. paolo bertagnolli

    Berlusconi non ha partecipato.

  2. Giorgio Lombardo

    Ciò che brucia a coloro che si sentono del tutto estranei a un contesto istituzionale attento all’equilibrio dei poteri istituzionali affinché l’uno non prevalga sull’altro e fondano le loro speranze di mantenere il potere su un controllo mediatico-economico-istituzionale che assicuri loro nel tempo il consenso di una maggioranza relativa di votanti è proprio la Costituzione Repubblicana così com’è concepita nei suoi principi irrinunciabili. Tutto il resto viene di conseguenza. Che la liberazione dal giogo nazifascista sia venuto dall’azione vittoriosa dei “liberatori” non esclude affatto la circostanza che essi fossero al tempo stesso “invasori”, progressivamente di tutto il territorio nazionale: la prima e sperabilmente l’ultima invasione straniera nella storia dell’Italia unita. Lo scatto di dignità di una diffusa minoranza valse a riscattare quell’invasione di eserciti stranieri: la resistenza dei civili nelle città, da Napoli e dall’Abruzzo e su verso Nord, il contrasto delle bande armate in montagna e nelle città, il rifiuto dei seicentomila militari prigionieri dei Tedeschi che rifiutarono di arruolarsi nelle forze armate della RSI, gli scioperi operai nel Nord, il nascondimento di non pochi ebrei braccati, il condividere il poco pane disponibile con i più affamati, il tetto con chi lo aveva perduto, il dolore con chi non sapeva più se i propri figli al fronte fossero ancora in vita o sapeva di averli perduti. Moltissime furono le forme e i modi della resistenza. Ciò che per chi osteggia questa liberazione è indigeribile è l’alto profilo della Costituzione che è frutto di quella libertà di pensare a un’Italia nuova e di confrontarsi sulle norme che l’avrebbero per sempre più giusta e più libera maturate nella sofferenza immane di tutto un popolo. A costoro, che vogliono mascherare la loro sete di potere sotto un velo formale di democrazia populista e che non si preoccupano di mascherare il loro intento occorre opporre l’unità di tutte le opposizioni, parlamentari e nella società civile.

  3. Giorgio Lombardo

    Ciò che brucia a coloro che si sentono del tutto estranei a un contesto istituzionale attento all’equilibrio dei poteri affinché l’uno non prevalga sull’altro e fondano le loro speranze di mantenersi in sella su un controllo mediatico-economico-istituzionale del consenso di una maggioranza relativa di votanti è proprio la Costituzione Repubblicana così com’è concepita nei suoi principi irrinunciabili. Tutto il resto viene di conseguenza. Che la liberazione dal giogo nazifascista sia stato il risultato dell’azione vittoriosa dei “liberatori” non esclude affatto la circostanza che essi fossero al tempo stesso “eserciti invasori”, progressivamente di tutto il territorio nazionale: la prima e sperabilmente l’ultima invasione di eserciti stranieri nella storia dell’Italia unita. Lo scatto di dignità di una diffusa minoranza valse a riscattare quell’invasione. La “resistenza” al nazifascismo fu un impasto di dolore e di coraggio, di offerta della proporia vita: la resistenza dei civili nelle città, da Napoli e dall’Abruzzo e su verso Nord, il contrasto delle bande armate in montagna e nelle città, il rifiuto dei seicentomila militari prigionieri dei Tedeschi che rifiutarono di arruolarsi nelle forze armate della RSI, gli scioperi operai nel Nord, il nascondimento di non pochi ebrei braccati, il condividere il poco pane disponibile con i più affamati, il tetto con chi lo aveva perduto, il dolore con chi non sapeva più se i propri figli al fronte fossero ancora in vita o sapeva di averli perduti. Moltissime furono le forme e i modi della resistenza. Ciò che, per chi osteggia questa liberazione, è indigeribile è l’alto profilo della Costituzione, è il fatto che esso sia il frutto di quella libertà di pensare a un’Italia nuova e della capacità di confrontarsi fino al raggiungimento di una sintesi cristallina sui principi che l’avrebbero resa per sempre più giusta e più libera, qualità maturate nella sofferenza immane di tutto un popolo. A costoro, che vogliono mascherare la loro sete di potere sotto un velo formale di democrazia populista e che non si preoccupano di mascherare il loro intento occorre opporre l’unità di tutte le opposizioni, parlamentari e nella società civile.

    (Testo corretto rispetto al precedente pur se il senso è lo stesso)

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