Caro Domani, perché la gente vota a destra? Provo a dare qualche spunto di riflessione da Treviso, la città dove vivo
25-10-2010
di
Pierluigi Furlanetto, Treviso
Da tempo dove posso – purtroppo in poche occasioni, data la mia natura privata – invito a considerare l’idea che non è la classe politica al potere il solo oggetto necessario di un’attenzione critica e alternativa; forse nemmeno il principale, tatticamente; lo è invece il consenso – vero o presunto – di cui gode questa stessa classe. Non basta dire che forse anche le proporzioni del consenso sono alterate: sono senz’altro a favore. Io vivo in area leghista e lo tocco con mano. Il problema siamo noi. La mia diagnosi è che esiste una stratificazione in tale seguito berlusconiano-bossiano (finiano?):
- 1. gli evasori, i redditieri, i piccoli industriali, gli artigiani ma principalmente quelli che che vedono nella gestione privata degli affari il solo modo utile e lo perseguono (credo che altri abbiano una visione più allargata e che siano pensierosi circa l’andazzo, per esempio l’area di Italia Futura di Montezemolo).
- 2. Poi ci sono gli aspiranti alla partecipazione al festino, quelli che potrebbero fare il salto da due – tremila euro al mese a venti – trentamila e oltre.
- 3. Poi ci sono quelli che si identificano nel modello di vita conclamato (ombra longa, sesso, assenza di regole): costoro sono molti giovani ed ex giovani che magari in buona fede, anzi forse per lo più, non vedono cosa ci sia di male a divertirsi e a soddisfare il desiderio invece che affliggersi. Qui cominciano le confusioni, poiché è l’area in cui si mescola la grettezza alla vitalità ancora in crescita e maturazione civile; ne è sintomo la richiesta su facebook della ripetizione dell’ombra longa a Treviso, che invece di essere stata un’educazione al bere (naturalmente ridendo) è un festival dell’ubriacatura di vino andante e del vomito nonché di altre piacevolezze.
- 4. Poi ci sono i delusi dalla sinistra, che appartengono a classi sociali più deboli (quelle che vengono per lo più identificate come le classi “lavoratrici”). Questi cercano risposte e se le sentono dire (più che dare) dalla lega e da forza Italia. Questi sono recuperabili, perché di solito non cercano la sopraffazione dei primi due gruppi, né come loro sono convinti che chi sa e può emergere deve farlo anche a spese degli altri (massa di pecoroni).
Dicendo questo non intendo avanzare una visione sufficiente delle cose, ma suggerire che se non cerchiamo di comprendere perché la gente voti a destra comunque questa si comporti (impunità, lode dell’evasione, dire una cosa e farne un’altra, eccetera, oltre i comportamenti privati), non arriviamo da nessuna parte. Non credo che basti (i fatti lo mostrano) essere convinti di una visione politica: occorre che sia condivisa e quella della sinistra non lo è abbastanza.
Perché? A chi parlare? Come? Una delle cose che la destra sbandiera è il consenso (magari ampliandolo): è ingenuo non prendere atto che questa è da sola una grande argomentazione, migliore delle analisi sofisticate dell’opposizione. Chi sono (siamo) gli italiani che danno il voto alla destra? Penso che sia necessario capirlo anche a costo di accorgerci che una politica fondata sulla tematica della distinzione di classe e sulla perequazione sociale, sull’equità eccetera non basti più.
La sinistra non si accorge di quanto faccia piacere alla destra l’invettiva dell’opposizione, perché questa rischia di essere l’unico biglietto di presentazione che le resta.