"Concorso esterno in associazione mafiosa": così la procura di Catania ha scritto nell'indagine a carico dell'imprenditore Mario Ciancio. Da decenni al centro delle inchieste dei pochi giornalisti liberi, l'editore siciliano - a lungo presidente della categoria a livello nazionale - era diventato uno degli uomini più potenti non solo della Sicilia. Ai suoi piedi intellettuali e politici, mafiosi e principi del foro tra servilismo, connivenza e omertà
Indagato Mario Ciancio. Dopo vent’anni forse un sistema di potere sta scricchiolando
02-12-2010
di
Riccardo Orioles
Dopo più di vent’anni, finalmente alla procura di Catania si accorgono che esiste un Mario Ciancio. Lo indagano, a quanto pare, per uno dei tanti centri commerciali; si parla di concorso per associazione mafiosa, ma alcuni sembrano anche orientati (se non cambieranno idea) a indagare sul terrificante episodio dell’editoriale di Vincenzo Santapaola, pubblicato su La Sicilia sotto forma di lettera al giornale. Vent’anni di articoli sui Siciliani, sui Siciliani nuovi, su Avvenimenti, sull’Isola Possibile, su Ucuntu e infine da qualche mese anche su altri giornali son dunque infine serviti a qualcosa?
Riusciremo a vedere, nei prossimi vent’anni, non solo le prime indagini ma anche un po’ di giustizia? Forse il clima politico, di si-salvi-chi-può e di sfacelo generale, potrebbe aiutare a vincere tante annose timidezze. Forse – poiché nulla è impossibile – una genuina volontà di giustizia s’intrufola persino nei palazzi tradizionalmente più lontani da essa, come – a Catania – quello di giustizia. Chi lo sa. In ogni caso, a caval donato non si guarda in bocca. Descrivere tutte le imprese – in senso imprenditoriale e no – di Ciancio, i sui incontri e rapporti con mafiosi di vario genere, i suoi intrecci politici, i suoi interessati sostegni, di volta in volta, a tutti i politici catanesi – da Andò a Drago, da Bianco a Scapagnini – sarebbe troppo lungo per queste pagine; del resto l’abbiamo già scritto in tante pagine che chi ne ha voglia può rileggersele in santa pace.
Per ora, vogliamo solo sottolineare l’estremo servilismo con cui il ceto intellettuale e politico di questa città si è prestato a fargli da corte e a difenderlo in ogni occasione, dall’elegante “fascista” Buttafuoco al feroce “compagno” Barcellona. Una vergogna che sarà difficile cancellare.
Un “bravo” ai colleghi Condorelli e Rizzo che sono riusciti a pubblicare per primi la notizia delle indagini in corso. Claudio Fava invece commenta:
Il terminale e il garante di un sistema di potere. Per vent’anni abbiamo indicato, fatti alla mano, Mario Ciancio come il terminale e il garante di un sistema di potere. Per vent’anni abbiamo denunziato le menzogne dei suoi giornali, le contiguità alla mafia, l’omissione quotidiana della verità. Ci rincuora apprendere che esiste un giudice anche a Catania.
Nato a Milazzo, dove comincia negli anni '70 con il giornalismo "impegnato" in piccoli giornali locali e le prime radio libere, assieme a Pippo Fava ha fondato nel 1982 e poi sostenuto il mensile I siciliani, edito a Catania, che ha avuto il merito di denunciare le attività illecite di Cosa Nostra in Sicilia. Cavalieri, massoneria, mafia e politica i temi principali di un giornalismo che si proponeva rigoroso nelle inchieste e nel mestiere di comunicare e portare alla luce ciò che la mafia per anni aveva fatto al buio. Giuseppe Fava, a un anno dalla nascita del giornale, viene ucciso dalla mafia.
Orioles è il punto di riferimento più forte nella redazione del dopo Fava, impegnato a contrastare in ogni modo il fenomeno della mafia; guida un gruppo che si contraddistinguerà negli anni per l'unità e per la qualità delle inchieste svolte. Egli è stato inoltre tra i fondatori del settimanale Avvenimenti e caporedattore dello stesso fino al 1994. Dalla riapertura, nel 1993, fino al 1995 ha diretto I siciliani.
Dal 1999, svolge la sua attività giornalistica scrivendo e diffondendo l'e-zine gratuita La Catena di San Libero.
Nel maggio 2006 esce la sua ultima fatica: Casablanca, mensile (che ha fondato e dirige) col quale continua a denunciare mafie e corruzioni. Nel corso del 2008, la redazione di Casablanca annuncia l'imminente chiusura per mancanza di fondi e, nonostante i numerosi appelli lanciati a livello nazionale, è costretta a sospendere le pubblicazioni. Parte dei giornalisti impegnati in Casablanca, insieme alle personalità più attive della società civile, ha poi ripreso forma e dato seguito ai precedenti contenuti nel magazine online 'U cuntu[1], disponibile anche in un formato pdf liberamente scaricabile.
Fonte: Wikipedia