MICHAEL JACKSON: LA SOLITUDINE NON MUORE MAI
30-06-2009
di
Azzurra Carpo
Cara Azzurra, tutti come corvi a sbranare Michael Jackson ora che è morto…Mara
R. Le sue mosse erano mercurio nelle vene, sussulti nel ventre. Ballare e ancora ballare, mentre attorno si agitano scheletri. Ballare, sempre ballare. Anche da soli, se è il caso. Ricordo che nel 1993 Michael venne in Argentina; doveva realizzare tre concerti nello stadio del River Plate come parte del suo “Dangerous Wold Tour”. Le ragazzine stavano assediando il suo albergo, facendo un baccano indiavolato. Lui non si affacciò mai. Quando usciva dalla stanza, si levava le scarpe e, con le sole calze ai piedi, si divertiva a fare piccole corse e scivolare sul marmo lungo i corridoi. Riservò in esclusiva un intero parco di divertimenti e lo fece blindare per usarlo da solo. Solitudine, divino tesoro, che non muore mai, e l’eterno bambino dentro ognuno di noi. Balla e canta, Jacko, canta e balla: fuori ci sono gli scheletri. Scivola sempre, Jacko, non fermarti più.
Specialista in cooperazione internazionale. Autrice di "Romanzo di frontiera" (Albatros, Roma 2011), magia e realtá delle donne latinoamericane alla frontiera Messico-USA; "In Amazzonia" (Milano, Feltrinelli, 2006); "La Ternura y el Poder" (Quito, Abya Yala, 2006); "Una canoa sul rio delle Amazzoni: conflitti, etnosviluppo e globalizzazione nell'Amazzonia peruviana" (Gabrielli Editore, Verona, 2002); co-autrice di "Prove di futuro" (Migrantes, Vicenza, 2010).