Caro Domani, mio nonno contadino (sopravvissuto ad Auschwitz) mi ha insegnato a dire “No” alle ingiustizie
31-01-2011
di
Stefano Banali, Verona
Questa è una piccola storia veronese. È la storia di mio nonno e dei suoi racconti a me da bambino. Mio nonno, Angelo Banali, era nato nel 1889 a Verona. Trovatello e di lavoro stradino, catturato e prigionierio nei pressi del Piave durante la prima guerra mondiale e mandato a costruire trincee per fare da bersaglio per i cecchini italiani, sopravvissuto e tornato a Verona, si è sempre rifiutato di andare in piazza a cantare “Faccetta Nera” durante il fascismo, e per il suo essere semplice comunista ricevette in regalo due litri di olio di ricino e manganellate sulle costole alla settimana (raccontava mia nonna).
Troppo vecchio per essere mandato in guerra, venne deportato con le tradotte di ebrei (e non solo ebrei) veronesi prima a Terezin in Repubblica Ceka e poi ad Auschwitz, dove si salvò perchè, avendo imparato un po’ di tedesco durante la prima prigionia, alla domanda di chi sapesse lavorare il ferro rispose ad alta voce: “io”. Era un uomo molto magro, un buon contadino come tanti all’epoca, conosceva le erbe e quindi si salvò – a detta sua – perchè sapeva raccogliere le erbe giuste e le faceva bollire in latte usate.
Non ha mai voluto parlare molto della deportazione, ma mia nonna mi raccontò che un anno dopo la fine della guerra, quando lei ormai lo dava per morto, vide un uomo da lontano, barcollante, con i piedi fasciati di stracci. Era lui. Visse ancora nel suo sigillato e pesante silenzio parecchi anni dopo il suo ritorno. Avevo 8 anni quando lo vedevo a letto con una lenta ma inesorabile malattia dovuta ai patimenti del freddo in Polonia. Se ne andò come tanti nostri cari in silenzio e la sua storia non è diversa da quella di tanti altri ma non per questo di poco valore.
Mio nonno per me è sempre stato un eroe e mi ha insegnato con il suo breve esempio il valore degli ideali e la propria onestà. Vittima di un potere che non poteva assecondare perchè portava con se la memoria di un precendete periodo bellico e le carneficine in nome del Re, diverso, perchè semplice ma non così stupido da credere ai proclami di grandezza e benessere del fascismo, subì la stessa sorte di milioni di altri esseri innocenti.
Questa è la storia di un uomo in un Paese povero, la cui memoria dimostra che la giustizia, la democrazia e la libertà sono valori che vanno difesi contro chiunque intenda sottometterli ai propri interessi. Oggi che viviamo in un periodo di grande ipocrisia della politica, che migliaia di persone in Paesi non lontani da noi protestano per gli stessi diritti che dovrebbero essere alla base di uno stato moderno, uguaglianza, libertà, fratellanza, la sua storia mi insegna a vedere dentro le inguistizie e valorizzare chi con il suo esempio ha potuto aiutarmi a formare il mio pensiero critico e dare un giusto significato alle loro sofferenze.
Grazie.
Stefano