PASSAVO DI LÌ – Profughi e clandestini: un po’ di matematica non fa mai male
28-04-2011
di
Paolo Collo
Certe volte leggendo sui giornali le decisioni prese dal nostro governo pare di avere a che fare con un’accozzaglia di dementi. E anche all’opposizione le cose non vanno troppo diversamente. Prendiamo ad esempio il problema “migranti”. Che senso ha togliere da Lampedusa 5000 poveracci per trasferirli – deportarli – in massa in uno o due o tre o quattro posti diversi? Lo stesso senso di fare un buco per terra per riempirlo della medesima quantità di terra di un altro buco. Lo capirebbe anche un bambino: non serve assolutamente a niente, anzi. Perché in questo modo si finisce per ricreare il “problema Lampedusa” a Manduria o a Torino o a Palermo o dove diavolo volete.
Proviamo invece a ragionare in modo semplice. Elementare. Banale. Proviamo a fare un compito come alle elementari.
Compito in classe:
Quante sono le province italiane? Centodieci. Quanto fa cinquemila diviso centodieci? Circa quarantacinque e mezzo.
Ordunque, gestire l’ordine pubblico, l’eventualità di una fuga, la pulizia, i pasti, il riposo, il lavoro di 45 persone è sicuramente più facile per una provincia, per qualsiasi provincia, direi.
E’ cosa decisamente possibile, percorribile (e anche più umana, sia per i migranti e sia per chi li deve accogliere).
E soprattutto è più facile che dover gestire le stesse necessità di 1000 o 2000 o 3000 persone.
Fine del compito in classe.
(Alle elementari sicuramente mi avranno capito)
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.