Strauss-Kahn è stato liberato, ma rimane sotto processo per stupro. La donna che lo accusa ha mentito su molte cose, ma potrebbe aver detto la verità sulla violenza subìta. Oppure, se questa terribile storia rilanciata dalla tv planetaria, ha una vittima, potrebbe essere lo stesso Strauss-Kahn, che comunque è stato rilasciato in base a un’intercettazione. Di sicuro è stato barbaro esibirlo in ceppi come una preda. Perché forse è innocente, ma anche se fosse colpevole, non è attraverso la sua umiliazione che passa la giustizia. Lui è ricco, potente e socialista, mentre la donna è una cameriera immigrata e forse bugiarda. La verità è uno sport estremo, anche perché, mai come in questo caso, qualcuno ha voluto dimostrare che, negli Usa, non fa differenza davanti alla legge se sei ricco e potente. Mentre da noi, il segretario del Pdl eletto personalmente da Berlusconi, ha subito dichiarato che Berlusconi è perseguitato dalla legge proprio perché ricco e potente. In Italia, infatti, c’è la dittatura dei giudici comunisti e conviene di gran lunga essere poveri e immigrati.
Alfano, segretario per caso
Tra i tanti luoghi comuni, che purtroppo spesso si rivelano veri, c’è stato quello per cui la Rai sarebbe «lo specchio dell’Italia». Così si diceva ai tempi della tv unica, ma ha funzionato anche dopo, anzi, forse soprattutto dopo che la tv privata ha creato Berlusconi (e viceversa). E siamo arrivati all’oggi, con il berlusconismo che si decompone sotto i nostri occhi e la Rai che, coerentemente, cade a pezzi. Come un mosaico che perde le sue tessere; tutto il contrario del partito del premier, che le tessere neanche ce le ha. Il coordinatore Bondi ha sostenuto infatti che gli iscritti sono pericolosi perché magari diventano massa di manovra di qualche politicante. Molto meglio che tutto il partito (e magari anche il governo) sia nella mani di un qualche Bisignani che nessuno (tra gli elettori) conosce e nessuno ha eletto. Come del resto non è stato eletto neanche il nuovo segretario del Pdl, che, a norma di statuto, infatti non esiste, ma è stato plebiscitato dall’intero corpo politico di Berlusconi. Una scena commovente che resterà nella Storia dell’elettrodomestica italiana.
Se intercettando…
Chissà se Berlusconi ha mai detto la verità una volta nella vita. Di certo, ognuno di noi è testimone oculare di quante bugie abbia detto da quando è in politica. Peccato che noi spettatori siamo considerati solo in quanto pubblico e non come parti in giudizio, perché, se no, non ci sarebbe legge ad personam capace di salvarlo dai processi. Per esempio, anni fa, al momento di ‘scendere’ in politica, per tacitare quelli che denunciavano il suo colossale conflitto di interessi, promise che in Rai non avrebbe ‘spostato una pianta’. Poi ha messo in tutti i posti chiave della tv pubblica non solo uomini del suo partito, ma addirittura suoi ex dipendenti Fininvest. I quali avrebbero comunque potuto sentire l’obbligo di lavorare nell’interesse della Rai e invece si sono comportati esattamente come se lavorassero ancora alle dipendenze del loro ex padrone, a danno della Rai e nostro. E meno male che, a rivelarci la loro vergogna e quella di Berlusconi, oggi ci sono le intercettazioni, cioè la testimonianza che questi dipendenti infedeli (troppo fedeli al boss) rendono contro se stessi.
Non è la Rai?
Un tempo c’era la guerra preventiva di Bush (nella quale, non dimentichiamolo mai, Berlusconi gettò generosamente l’Italia) e oggi c’è la manovra postuma, da accollarsi al governo (di sinistra) a venire. La destra è così sicura di aver meritato la sconfitta elettorale del 2012-2013, che si prepara già alla campagna, chissà, del 2017. Quando gli italiani saranno furenti per i sacrifici imposti, si celebreranno (se ancora qualcuno celebrerà) i cent’anni dalla Rivoluzione Russa e Berlusconi, a più di ottant’anni, sfoggerà ancora un parrucchino rosso. Per intanto si governicchia, come direbbe Totò, cercando di ottenere la salvezza in alcuni processi decisivi per il premier. E non bastano più leggi ad personam; ci vuole un intero Paese ad personam, nel quale quel che conta è salvare le proprietà del boss. In primis le tv, un acquario nel quale boccheggiano sempre gli stessi pesci e marciscono scolorite alghe di plastica. Ma, per brutta che sia, la tv Mediaset potrà sopravvivere a se stessa contando su una Rai ridotta all’osso dalla cura Masi. Veda Lei.
Portiamo la monnezza a casa di Bossi
Bordello: è la parola che, pur pronunciata di sfuggita nei tg, si staglia nitida e chiara nella mente per definire il traffico di carne umana ben organizzato attorno alla villa di Arcore. Ma non si può fare a meno di pensare che la stessa scandalosa definizione si attaglia perfettamente anche a tutto il resto del notiziario politico governativo. Lega e camorra unite per appestare Napoli; il pidiellino Crosetto rivela al Paese che Tremonti non è Dio e il vertice della Guardia di Finanza dichiara di non essere il diavolo. In tutto questo bordello, in fondo, la monnezza ci farebbe quasi la figura, appunto, della figura retorica, se non fosse per la puzza (unico miasmo che la tv ci risparmia) e per il fumo dei roghi, che produce sì la diossima, ma non tanta. Ce lo certifica il responsabile della sanità, Fazio, che finalmente si è svegliato per occuparsi di Napoli e assicurarci che non c’è il pericolo del colera. Ma se è veritiero come lo è stato nei disastri precedenti, meglio affidarsi al metodo Totò, cioè corna e bicorna. E portare ognuno il suo sacchetto di rifiuti a casa di Bossi; così, tanto per gradire.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.