Se il comico Faletti diventa Dio (ovvero: Giorgio Faletti versus Eleonora Andreatta)
31-08-2009
di
Paolo Collo
Probabilmente l’ex comico Giorgio Faletti è entrato un po’ troppo nella parte del personaggio del suo (?) ultimo romanzo: quel Io sono Dio edito da Baldini Castoldi Dalai e che tanto successo sta riscuotendo sotto gli ombrelloni estivi. E già, perché ai dubbi sulla paternità della scrittura del libro – che, detto in soldoni, pare scritto (da chi?) in un primo tempo in inglese e poi successivamente tradotto (male) in italiano -, che la traduttrice Eleonora Andreatta avalla con citazioni ed esempi, il Faletti risponde dalle pagine de “La Stampa” con una violenza e una volgarità francamente inaudite. E del resto senza mai fugare alcun dubbio sul fatto che il libro sia infarcito di cattive traduzioni di modi di dire inglesi: “Non giurare intorno al cespuglio”; “Pensavo che una ventina di grandi vi avrebbero fatto comodo”; “Non te ne devo una, ma mille”; “La fata del dentino”; “carta da visita”; “eccitati” (per emozionati); “disordine mentale” (per disturbo mentale); “compagnia” (per azienda); e altre amenità simili. Alle accuse – forse – Faletti avrebbe potuto rispondere con una sorta di “E’ vero, forse mi son lasciato prendere la mano, ho frequentato così tanto New York e gli Usa che m’è rimasto qualcosa appiccicato addosso…” E invece no, e con la sua testa dura di buon astigiano si arrampica sui vetri e decide di sostenere che no, che anche così si può scrivere, che non sono calchi da un’altra lingua, parla di “risibile querelle estiva e premestruale”, che è tutta invidia solo perché lui ha venduto milioni di copie (come se vendere milioni di copie fosse automaticamente sinonimo di qualità…), che tradurre libri di Premi Nobel possa indurre a facili entusiasmi (“Non credo che il barista di Del Piero si sia convinto di saper tirare le punizioni anche lui”…). E inoltre avrei più rispetto per la categoria dei traduttori, visto che lui stesso viene tradotto “in tutte le principali lingue del mondo”, come si sottolinea nel risvolto di copertina. Il tutto – lasciatecelo dire – sotto una foto che pare una via di mezzo tra Mascellone-Minchia-signor-Tenente e il suo geniale personaggio comico Vito Catozzo. Forse ci sbaglieremo, ma ci era molto più simpatico e ci pareva molto più intelligente il Faletti-comico che l’attuale Faletti-scrittore-Io-sono-Dio. Almeno ci faceva ridere (e senza dover scrivere nemmeno una riga).
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.