Cari scrittori, imparate l’umiltà da Saramago
02-10-2009
di
Paolo Collo
Riporto – pari pari – alcune righe che José Saramago scriveva nel dicembre del 1995: “Nel bene e nel male, tutto quanto degli editori si racconti è sempre meno di quello che dovrebbe essere raccontato. Quando un autore, per esempio, pensa che la sua casa editrice non gli dedichi le attenzioni che lui crede di meritare, probabilmente bisognerebbe informarlo che lei lo classifica all’ottavo grado di una scala di considerazione editoriale che va da uno a dieci, e che pertanto dovrà essere molto grato di non essere stato messo al nono posto, o addirittura all’ultimo. Eviti, soprattutto, di domandare per quale motivo non sia lui il primo: rischierebbe che gli mostrassero i deprimenti risultati editoriali delle vendite dei suoi libri… Un autore prudente non fa domande di questo genere, si rassegna a quello che gli hanno detto e gli hanno pagato, e se, nonostante la prudenza, gli manca l’assennatezza, gli resta l’espediente di credere nell’immortalità per poter riscuotere la differenza”.
Non sarebbe forse il caso di far imparare a memoria queste righe a buona parte dei nostri accidiosi e litigiosi – e in definitiva mediocri – scrittori?
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.