La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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John Ford, padre di Ombre Rosse, non era fascista

21-05-2009

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Trentatre articoli di Javier Marías pubblicati nel corso degli ultimi anni su rivista – come “Nosferatu” o “Nickel Odeon – e immagini dei film di Jean Renoir e di John Ford, di Billy Wilder e Vincent Minnelli, di Hitchcock, di Capra, di Tarantino e di Chaplin. E poi le pagine dedicate agli attori preferiti: Cary Grant, Jerry Lewis, James Steward, Robert Mitchum, Audrey Hepburn, Jayne Mansfield, Shirley MacLaine, Maureen O’Hara, Paul Newman, Sean Connery, Michael Caine…

Pochi, in realtà, i titoli italiani. Plaude, tra gli altri, Tutti a casa di Comencini, I complessi e I mostri di Dino Risi, e Un maledetto imbroglio di Germi, ma definisce “sopravvalutato” Fellini e “manierato” Antonioni. Oppure ricorda un pessimo film del 1961 (Madame Sans-Gêne) interpretato da Sofia Loren, unicamente per la generosa, indimenticabile scollatura della suddetta. Dopodiché, durante un soggiorno romano, si va a comprare i dvd di “alcuni brutti film di colui che è stato forse il più grande comico europeo, Totò”.

Pagine bellissime sono poi quelle dedicate ai registi che Marías ritiene i più grandi. Innanzi tutto John Ford, “il miglior regista della storia”, per anni stupidamente accusato dai “critici europei stalinisti” – quelli che sostenevano che il whisky è di destra e il vino rosso di sinistra… – di essere “fascista e militarista”. Veniva condannato senza nemmeno guardare i suoi film, e per dargli del reazionario “bastava che in essi comparisse l’esercito e ci fossero indiani morti”.

Poi l’Orson Welles del Falstaff, e Mankievicz de Il fantasma e la signora Muir. E ancora: l’ Hitchcock di Intrigo internazionale, Peckinpah del Mucchio selvaggio e Billy Wilder de L’appartamento.

Come ha scritto Miguel Marías – fratello del nostro e critico cinematografico – “Quando Javier scrive di cinema non è né il romanziere né l’omonima persona che pubblica i suoi articoli sui giornali e che commenta quanto accade intorno a lui, ma un personaggio intermedio […] Le sue pagine dedicate al cinema sono essenzialmente letterarie, ma non vogliono raccontare di nuovo la storia e nemmeno la sminuzzano nei particolari; Javier non è propriamente quel che oggi si definisce un ‘critico cinematografico’, ma sa molto bene che nel cinema, come del resto in letteratura, non è così importante ciò che si racconta, ma il modo di raccontarlo, di affrontarlo, di svilupparlo”.

Un piacevolissimo libro con un unico neo: peccato che alla fine non ci sia un indice dei film citati.

Paolo ColloPaolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.

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