Giancarla CODRIGNANI – Quante Cenerentole fra gli uomini che fanno politica
07-01-2010Avete visto il film “Brothers”? Non è la storia di Cenerentola. Non c’è, infatti, nessuna matrigna, ma un padre reduce dal Vietnam che tardivamente riconosce qualche merito al figlio più fragile, ma ha sempre valorizzato solo quello che “non molla mai”. Il primo resterà uno spostato e finirà in galera, ma conserverà cuore disponibile; l’altro sembrerà un eroe, ma avendo compiuto il più vile dei tradimenti pagherà il rimorso maltrattando moglie e figlie. La matrigna di Cenerentola fa da schermo ai genitori di sangue e ai padri inesistenti o violenti, ma le favole avvertono delle ingiustizie nei confronti dei più vulnerabili e rivelano la costruzione degli stereotipi e della morale di genere: le ragazze imparano che, anche vittime, debbono ubbidire perché ci sarà sempre una fata buona che le aiuterà a trovare marito. Se i maschi incontrano qualche mago, farebbero bene a nascondersi per evitare draghi, duelli, insidie e guerre chiamate avventure; intanto imparano che l’azione violenta è bella e che bisogna non cedere per principio ai sentimenti deboli.
Si potrebbe, perciò, pensare che ci siano cenerentole anche tra i maschi. L’essere stati vittime e frustrati non giova a nessuno neppure se arriva il lieto fine, perché la debolezza non valorizzata come virtù si paga e la solitudine resta compagna di vita. Le donne la conoscono assai bene questa solitudine, quanto meno per avere introiettato la storia di Cenerentola come ruolo. Ma può pesare gravemente anche sui maschi, danneggiati dall’essere stati educati a indurirsi anche quando si sentono miti.
In questi ultimi anni sono comparsi segnali di allarme: le condizioni di lavoro sono diventate sempre meno umane per le conseguenze di una competitività esasperata. Prima erano le donne che denunciavano le molestie sessuali e i ricatti che da sempre le perseguitavano nell’attività professionale, oggi le molestie non sono più “di genere”: sono diventate “mobbing”. Il termine ha un’identificazione giuridica non facilmente configurabile e, soprattutto, comprovabile; tuttavia indica che si vivono male i rapporti quando diventano gerarchici senza che compaia alcuna fata democratica a produrre inversione di tendenza. E anche alle ragazze si offre una parità che consente di farsi strada senza mollare nessuna presa.
Forse non ce ne accorgiamo, certamente non ce lo diciamo, ma tutti, imparando a subire, diventiamo cenerentole senza fate e senza prìncipi. Guardate i politici: li malediciamo senza renderci conto che ne conosciamo una percentuale minima, i leaders. Gli altri, eletti in Parlamento o in tutte le amministrazioni, partiti compresi, possono essere bravissimi, ma, se restano sconosciuti, non possono neppure fornire alternative alle nostra buona volontà di condannati alla frustrazione di finire per non andare a votare. Da decenni in politica dominano il verticismo e le gerarchie: anche nella prima repubblica i deputati dei diversi gruppi subivano la mancanza di condivisione e di consultazione delle questioni: le “linee” venivano calate dall’alto da padri che pensavano di essere lì per assumersi tutte le responsabilità e per non mollare mai come se la libera discussione o il riconoscere di avere bisogno di un confronto fossero segni di debolezza. Sarà che allora i maschi facevano tutti il servizio militare, ma obbedir tacendo non è una virtù neppure nell’esercito. Le donne, anche se protagoniste nei partiti, hanno sempre giudicato risibile la presunzione di dettare linee senza stabilire relazioni e confronti; ma oggi o stringono anche loro i denti o nessuno, neppure le altre donne, le sostiene. Stiano attenti i politici che presumono di dettare “la linea”: non sono principi azzurri e, se nessuno li ama, non ci sono fate che li sottraggano alla solitudine. Il popolo-cenerentola, quando resta troppo solo, può cedere alla disperazione di immaginarsi la favola…
Giancarla Codrignani, docente di letteratura classica, giornalista, politologa, femminista. Parlamentare per tre legislature