Dopo aver assistito in diretta al dibattito parlamentare che ha portato la Camera ad approvare l’illegittimo impedimento di Berlusconi a rispettare la legge, pensavamo che niente più ci potesse sembrare brutto. Invece dobbiamo ammettere che Raidue ha tutte le carte in regola per entrare nel Guinness del sempre più brutto. Con questa consapevolezza, abbiamo affrontato una puntata de Il più grande (italiano di tutti i tempi). Uno show di cui il meglio che si possa dire è che è realizzato anche peggio di quanto sia pensato. Così, ci è toccato sentir riferire da Mara Venier pettegolezzi di due secoli fa su Giacomo Leopardi, mentre quel genio assoluto di Monica Setta ha bocciato Michelangelo. La follia più nera, appena mitigata dalla lucida follia di Sgarbi, che voleva essere altrove, ma siccome, forse, (speriamo) lo hanno pagato bene, è rimasto a fare il suo sporco lavoro, limitandosi a ostentare tutto lo schifo che il pubblico mostra di condividere!
Morgan aiuta a nascondere la disperazione degli operai che sfilano in Sardegna
Ovvio che i tg (a parte il tg3) si sono ben guardati dal riferire dello sciopero generale in Sardegna. Molto più importante montare il solito chiacchiericcio su Sanremo e chiedere a Morgan dichiarazioni di pentimento davanti al tribunale supremo di quello stesso Bruno Vespa che non si sognerebbe mai di chiedere comportamenti etici ai politici. Soprattutto quelli (e quello) di riferimento. Ma va così. Si ritiene che a dare il buon esempio debbano essere solo gli artisti, mentre quelli che hanno davvero il potere di far andare meglio le cose per tutti, continuano tranquillamente a dare il cattivo esempio con le parole e con i fatti. Seminando il razzismo, che è la droga più pesante di tutte, nonché razziando il territorio e strizzando l’occhio alle mafie con norme ed atti che gridano vendetta. Poi si pretende da Morgan che educhi le nuove generazioni, mentre la ministra preposta taglia i fondi della scuola e le speranze del futuro.
Il Tg1 adora anche “trota” Bossi, erede del capo
Del Tg1 non basta più dire che è asservito, pieno di servizi inutili e indegno di un Paese civile. Tutte cose giuste, ma che restano ancora nell’ambito di un giudizio sull’informazione. Per il tg di Minzolini bisognerebbe passare alle invettive alla Littizzetto. Ogni edizione è solo un mix di propaganda e stronzate. Del Pd se ne parla solo per dirne male, come fanno con passione tutti i ministri intervistati (mai meno di 3), più Gasparri e i passanti, che comunque sono più interessanti di Gasparri, se non altro perché passano. Mentre resta Roberto Castelli, che ieri mattina infastidiva Emma Bonino a Omnibus con risatine e cazzatine. Tra le quali la più straordinaria è stata la difesa della candidatura di Renzo la Trota Bossi alle prossime elezioni. Per Castelli non si tratta certo di familismo, come sarebbe se si trattasse di un terrone, ma di una scelta democratica che spingerà il ragazzo a misurarsi nell’arena politica. Lo slogan è facile: Asino chi elegge!
Bocchino cortigiano del Cavaliere: “macché processi, deve lavorare”
Incredibile gag a Ballarò dell’onorevole Italo Bocchino. L’ex di An è stato intervistato mentre si recava alla Camera per difendere gli interessi privati di Berlusconi e mentre i lavoratori Alcoa manifestavano per difendere il loro lavoro. Alla domanda se non fosse imbarazzato per l’evidente sfregio portato alle ragioni degli operai, Bocchino ha risposto di no. E ha aggiunto che bisogna liberare Berlusconi dai processi proprio perché possa occuparsi dei lavoratori Alcoa. Geniale. Purtroppo però il premier ha già avuto molti anni per occuparsi dei lavoratori e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ha avuto anche tutto il tempo di partecipare in Sardegna alle elezioni regionali, candidando l’inutile Cappellacci, sua muta controfigura nei comizi. Durante i quali prometteva di salvare quelle fabbriche che il giorno dopo le elezioni cominciavano già a chiudere i battenti. E questa si può definire soltanto ingiustizia ad orologeria.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.