Gentile Domani,
mi rivolgo a voi per scrivere pubblicamente a Marcello Limina, direttore generale dell’ufficio scolastico dell’Emilia Romagna, e rispondergli a proposito della sua circolare liberticida: proprio quella nella quale invita i dirigenti scolastici a non criticare scuola e relativo ministero sui giornali.
Dunque, dottor Limina, Le scrivo questa lettera per chiederLe umilmente perdono e confessare le mie colpe di fronte a tutto il popolo italiano. Sì, lo ammetto: non ho identificato lo Stato col partito di governo, mi sono concessa la libertà (parola ormai odiosa alle mie orecchie, in quanto foriera di tanti mali) di avere un’opinione diversa dalla Sua e da quella dei Suoi e miei superiori.
Ho colpevolmente dimenticato, e me ne pento, che non è tollerato avere opinioni e men che meno esprimerLe. Prometto che d’ora in avanti, ogni volta che la stampa mi chiederà informazioni sulla scuola, io Le telefonerò prima per chiederLe il permesso di parlare e farLe preventivamente leggere le mie dichiarazioni. D’altronde, so che Lei è sempre disponibile ad ascoltare i Suoi docenti, in qualunque momento La interpellino. Chissà quanti ne avrà già ricevuti e ascoltati da quando è venuto tra noi! E chissà quante volte si sarà reso disponibile a parlare con i genitori e gli studenti, perciò dovrei vergognarmi ad aver anche solo pensato di poterLa in qualche modo scavalcare. Con il Suo richiamo, Lei mi ha ricordato che dobbiamo credere, obbedire e combattere tutti uniti per il medesimo scopo: realizzare questo progetto meraviglioso, la scuola Tremonti-Gelmini.
Sento di doverLa ringraziare con tutto il cuore per avermi ricordato i miei doveri di servitore dello Stato e per avermi rammentato la fedeltà che devo alla nazione. Effettivamente in questi ultimi mesi non ho svolto fino in fondo il mio dovere di cittadino e di funzionario dello Stato. Non ho adeguatamente tutelato l’amministrazione per cui lavoro: infatti, non ho parlato con ogni singolo collega ed ogni singolo studente o genitore della mia scuola di quello che sta succedendo. Non ho fatto di tutto per tutelare il diritto allo studio e la scuola della Costituzione.
Non ho anteposto ad ogni considerazione personale il bene primario che la scuola pubblica rappresenta, come il mio contratto di lavoro e le leggi dello Stato prevedono, permettendo che mille sciacalli ne facessero a turno la loro preda. Non ho affrontato in classe con i miei studenti l’argomento “riordino dei
cicli”, né quello inerente i tagli alla scuola, all’università e alla ricerca come avrei dovuto fare, per invitarli a difenderne il profilo costituzionale. Non ho difeso come avrei dovuto diritti sanciti dalla nostra Costituzione, come ad esempio quello sulla libertà di pensiero e sulla libertà di insegnamento, sulle pari opportunità di accesso al sapere e sulla laicità e gratuità della scuola.
Sono colpevole, lo riconosco. So che posso fare molto meglio e impegnarmi assai di più. Ma sono disposta a tutto pur di espiare questa grave colpa. Mi impegno, da domani stesso, ad entrare in classe tutte le mattine e dire per prima cosa: “Attenzione, ragazzi, vi stanno togliendo il diritto allo studio, stanno distruggendo la Scuola della Costituzione”, e a parlare profusamente con loro del perché.
Mi impegno, da domani stesso, a parlare con ogni singolo genitore, perché si impegni con me nel difendere questo bene primario della nazione a cui io debbo fedeltà ed obbedienza come funzionario e come cittadino.
Mi impegno, da domani stesso, a informare ogni singolo docente ed ATA sulle possibili azioni da compiere per difendere i diritti sanciti dalla Costituzione.
Mi impegno, da domani stesso, a scriverLe ogni giorno inviandoLe sulla casella e-mail le mie domande e le mie richieste e ad invitare tutti quelli che conosco a fare altrettanto, in modo che Lei sia sempre aggiornato sui nostri anche più reconditi pensieri.
In trepidante attesa di ricevere ulteriori istruzioni tramite il Suo sito web, Le porgo i miei umili ed ossequiosi saluti.