Massimo Salvatorelli, Il collezionista ostinato, Piemme, 2008.
Avere trentasei anni, un lavoro e qualche problema economico non è certo una condizione straordinaria. E infatti Max Perri, avvocato per volere di mammà, non ne sembra particolarmente preoccupato e si arrabatta a condurre senza troppo entusiasmo lo studio legale ereditato dal padre, profondendo invece tutte le proprie energie nell’autentica passione della sua vita: collezionare dischi di musica rock. Un interesse che lo spinge a trotterellare – già, perché Max è anche sovrappeso ed è costretto a sottoporsi, oltre che a una dieta feroce, a quotidiane sgambate sciogligrasso – fra le bancarelle di Porta Portese, dove affronta estenuanti trattative per aggiudicarsi qualche pezzo raro senza svenarsi.
L’arrivo di una nuova cliente allo studio sembra offrire l’opportunità di un facile guadagno, ma quella che si presenta come una banale questione di eredità si rivela ben presto un caso complicato, e quando una delle persone coinvolte – la madre della cliente, che fino a quel momento l’aveva creduta sua sorella – viene uccisa in un poco credibile incidente stradale, Max scopre il gusto avventuroso dell’indagine e ci si butta a capofitto. Coadiuvato dai due collaboratori dello studio – Roberto, mago dell’informatica, e Rita, della quale Max, single per scelta… della sua ex, apprezza le doti non solo professionali -, il giovane avvocato si trova a scavare in un passato che tutti paiono invece intenzionati a nascondere, anche a prezzo di numerosi tentati omicidi. E la ricerca si fa ancor più appassionante quando lo porta a ficcare il naso nella storia di… ma sì, proprio di un gruppo rock parecchio famoso negli anni Settanta! Grazie alla stessa ostinazione che ne ha fatto un discreto collezionista di dischi, Max riuscirà a trovare il bandolo di una matassa accuratamente annodata per anni da personaggi insospettabili, in un gioco di identità cancellate, sovrapposte e rinnegate che riserva sorprese ad ogni passo, sovvertendo immancabilmente ogni ipotesi di soluzione fino alle ultimissime pagine.
Insomma una lettura piacevolissima, resa ancor più accattivante dallo stile ironico di Salvatorelli (avvocato lui stesso e autore nel 2004 di un altro giallo, Caina attende) e dalla scelta di scandire la narrazione in una sorta di diario. Adattissimo da leggere in treno, con un’unica avvertenza: meglio evitare di iniziare un nuovo capitolo in prossimità della stazione d’arrivo, perché, una volta tanto, anche la fine del viaggio potrebbe sembrare un’indesiderata interruzione!
Federica Albini, laurea in filosofia. Ha insegnato negli istituti statali. Nel 1994 lascia il mondo della scuola per avventurarsi nell’editoria. È redattrice in uno studio editoriale. Vive a Piacenza, lavora a Milano.