Paolo COLLO – Saramago: non è il popolo dei fedeli ma la gerarchia vaticana a condannare l’umanità di un grande scrittore
28-06-2010Pare proprio che le più alte gerarchie cattoliche – quelle basse, vivaddio, hanno ben altro da fare, con i poveri, con gli esclusi, con le comunità – non perdano occasione per dire parole a vanvera, fare affermazioni profondamente anticristiane – lo sottolineo – e assumere atteggiamenti a dir poco reazionari. Ebbene, come molti avranno letto, L’Osservatore Romano anche questa volta non ha perso tempo, e mentre ancora stavano chiudendo la bara di uno dei più grandi scrittori del XX e del XXI secolo, ha mandato in stampa un articolo che a dir poco grida vendetta.
José Saramago non è stato solo un grande narratore – come non dimenticare libri del calibro di Memoriale del convento o Cecità o L’anno della morte di Ricardo Reis – ma è stato un “uomo” che, con tutte le sue contraddizioni, come del resto tutti quanti noi, ha preso da sempre le parti dei poveri, dei diseredati, degli ultimi, e si è sempre schierato contro il potere, l’oppressione, la barbarie, l’ideologia cieca e ottusa (che poi in gioventù sia stato comunista, be’, credo che sia un “difetto” che accomuna qualche milione di persone…)
Già al tempo del Vangelo secondo Gesù Cristo la Chiesa – quella ufficiale, quella con gli ermellini, le pantofoline, le Mercedes blindate, la sedia gestatoria e gli anelli grandi come mandarini, tanto per capirci – aveva dato dimostrazione di ottusità e di malafede. Aveva messo all’Indice un libro che come pochi altri ridava al Cristo una dignità, un’umanità, una serietà che ben pochi teologi erano riusciti a esprimere nel corso dei secoli. Il Vangelo secondo Gesù Cristo, di cui consiglio da sempre la lettura, è un libro bellissimo, pieno d’amore per chi aveva fatto dell’amore una ragione di vita. E per cui si era immolato.
E come al solito, la Chiesa, quella ufficiale, quella che scrive sull'”Osservatore Romano”, non aveva capito nulla e aveva difeso la cosiddetta propria “dottrina” – quella inventata dalla Chiesa, a suo uso e consumo, e di cui non esiste traccia nei Vangeli – accusando senza mezzi termini il futuro Premio Nobel portoghese di blasfemia e di “comunismo” (accusa che serve sempre, che va sempre bene, come ci ha insegnato il nostro a dir poco improbabile presidente del Consiglio).
Ma è mai possibile che una Chiesa inguaiata fino al collo con le porcherie politico-finanziarie di Propaganda Fide, con i preti pedofili, con il malaffare internazionale dello IOR, con il crollo delle vocazioni, abbia tempo da perdere per lanciare strali contro uno scrittore degno di fama internazionale?
È mai possibile che una Chiesa che, anche solo in un recente passato, non ha osteggiato Mussolini, che non ha fatto nulla riguardo le leggi razziali e la deportazione degli ebrei italiani, che ha taciuto sulle Fosse Ardeatine, che ha favorito la fuga di centinaia di criminali nazisti: l’Operazione Odessa ha salvato anche Eric Priebke, protagonista nel massacro delle Fosse Ardeatine. Si è dovuto convertire al cattolicesimo – era protestante – per strappare l’appoggio di un padre benedettino e scappare in Argentina. Chiesa che è stata muta complice di regimi come quelli Salazar in Portogallo, di Franco in Spagna, di Pinochet in Cile o di Videla in Argentina (tanto per dire), abbia il coraggio – sì, il “coraggio” – di scagliarsi tanto pateticamente quanto violentemente contro José Saramago?
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.