Caro Domani, il ministro Bondi è sincero quando appoggia i dossier del “Giornale” che impasticciano Fini: noi lo conosciamo bene…
16-08-2010
di
A.G e R.G, Fivizzano, Massa (lettere firmate con preghiera di pubblicarle con due sigle di fantasia. Non si sa mai…)
Non ci siamo meravigliati quando abbiamo letto su “Repubblica” che il ministro Bondi è d’accordo col “Giornale” della famiglia nel Berlusconi nel pubblicare i dossier scottanti che riguardano la vita privata del presidente della Camera. Fanno il loro mestiere, dice Bondi, e chissà quale mestiere immagina debbano fare i giornalisti. Dobbiamo dire che la sua espressione è sincera. Ne fotografa il carattere. Noi lo conosciamo bene.
Lo abbiamo frequentato quando ancora era fidanzato con la prima moglie. Era un tipo debole. Si incantava davanti ai compagni importanti del partito che arrivavano da Massa, da Firenze o da Roma. Si appiattiva non per recitare l’obbedienza, ma perché è sempre stato così: ammirato da chi ha potere. È stato il primo e l’ultimo sindaco comunista di Fivizzano. È stato il cultore più appassionato della memoria della Resistenza: ha voluto un trittico costato nella sala del consiglio comunale che illustra i massacri nazi-fascisti nelle nostre montagne. I socialisti non volevano, ma con alle spalle il partito Sandro ce l’ha fatta. Ed è stata la nostra costernazione quando, tornando da Arcore o da Roma, voleva spiegarci che i partigiani ci avevano imbrogliati: era loro la colpa dei massacri.
Un ribaltone gli ha tolto la poltrona di sindaco e il partito non gli ha offerto neanche un posto da funzionario o da onorevole a Roma, come sognava Renzo, il padre. Si lamentava per l’ingratitudine. Ricordava che Sandro aveva amministrato la federazione e che lui, piastrellista, aveva messo le piastrelle senza pretendere un soldo nella sede del Pci. Abbiamo un Sandro distrutto e amareggiato fino a che lo scultore Pietro Cascella non gli ha dato una mano. Cascella aveva comperato il Castello di Verucoli, a Fivizzano. Si sono conosciuti e frequentati e quando Cascella lo ha visto alle corde gli ha dato una mano. Aveva militato in Rifondazione, ma appena Berlusconi gli commissiona il mausoleo familiare di Arcore, diventa di Forza Italia e si candida onorevole in Abruzzo.
Chiede a Sandro di fargli da segretario, prima in campagna elettorale, poi a Roma se la campagna andava bene. Sandro ci sperava. Lo presenta a Berlusconi e Sandro torna con un Rolex d’oro del quale è orgogliosissimo. Il nuovo partito lo manda a Roma a tenere seminari per i quadri di Forza Italia. Torna eccitato, ma tranquillizza noi che come lui veniamo dal Pci: «Con la politica ho chiuso, solo un lavoro come gli altri», anche se noi non capivamo la strategia di Forza Italia del fare insegnare ai comunisti come costruire la nuova destra.
A poco a poco si fa meno vedere. Va con la moglie (che ha abbandonato) a vivere ad Arcore e quando torna non nasconde la stessa passione che una volta lo travolgeva per i notabili del Pci e che adesso concentra su una sola persona: il Cavaliere. Ecco perché sentiamo che le sue dichiarazioni sui dossier non sono ipocrite tattiche ma il frutto di un amore sincero, che noi abbiamo conosciuto bene quando militavamo nello stesso partito.