Chissà quante persone ora adulte – parlo di quelle che negli anni Ottanta potevano avere tra i venti e i trent’anni – si ricordano ancora di un militare che rispondeva al nome di Antonio Tejero? Poche, credo. E se questo è vero, chissà quanti giovani nati in quegli anni – parlo di quelli che ora hanno tra i venti e i trent’anni – possono avere anche solo una pur minima conoscenza del rischio mortale che quel militare, all’epoca tenente-colonnello, fece correre alla neonata democrazia spagnola?
“Il passato è una creatura curiosa” diceva Emily Dickinson, ed è proprio vero. La Spagna, per i giovani – per i giovani italiani, naturalmente, non certo per una parte dei giovani spagnoli travolti da una crisi economica devastante -, rappresenta ancora quella miniera di possibilità, di divertimenti, di scambi culturali, di corsi Erasmus, di conoscenze, di vivacità in generale. E per gran parte di noi adulti la Spagna è ancora il boom economico di solo qualche anno fa, le città che cambiano in continuazione, la movida, i film di Almodóvar, la Bilbao di Frank O. Gehry, il concerto di Freddy Mercury e Montserrat Caballé, le riforme di Zapatero, i grandi cuochi, le manifestazioni contro L’Eta all’indomani dell’assassinio di Miguel Ángel Blanco, i romanzi di Vázquez Montalbán, di Millás, di Marías…
La storia sta dietro le spalle. La storia di una spaventosa Guerra Civile, la morte di García Lorca e della democrazia, le Brigate Internazionali, le truppe straccione di Mussolini e i bombardieri di Hitler sopra Guernica. La storia, insomma, impersonata dal Generalísimo Francisco Franco. Fino alla sua morte, il 20 novembre del 1975. E poi il lento, inevitabile ritorno alla democrazia.
Ma tra quel 1975 e oggi compare, appunto, la figura del tenente-colonnello della Guardia Civil Antonio Tejero Molina. Ed è su di lui, su quell’avvenimento apparso sulle televisioni di tutto il mondo, che si incentra il nuovo, bellissimo volume scritto dallo spagnolo Javier Cercas (Ibahernando, 1962), l’autore del celeberrimo “Soldati di Salamina”.
“Anatomia di un istante” si intitola il volume edito ora in Italia da Guanda. Di quell’istante in cui Tejero, con il lucido tricorno sul capo e con stretta in pugno la calibro 9 d’ordinanza irrompe nell’emiciclo del Congresso dei deputati in cui si sta tenendo la votazione d’investitura di Leopoldo Calvo Stelo a presidente del governo, in sostituzione del dimissionario Adolfo Suárez.
Sono le diciotto e ventitre minuti del 23 febbraio 1981.
“State fermi dove siete!”, “Buttatevi tutti a terra!”. C’è chi riesce a scappare, e chi cerca riparo sotto i banchi. L’usciere e gli stenografi si inginocchiano accanto al tavolo. L’unico a rimanere in piedi è l’anziano generale Manuel Gutiérrez Mellado, vicepresidente del governo, che, anzi, va verso Tejero intimandogli di uscire immediatamente. Tre guardie civil si gettano su di lui, ma in suo soccorso interviene Adolfo Suárez. Poi scoppia la sparatoria, e d’un tratto tutti i deputati spariscono dalla vista. Rimangono – a sfidare i golpisti – fisicamente presenti solo tre persone, gli unici che non si sono mai gettati al suolo: il vecchio generale Mellado, sempre in piedi; il presidente Suárez, ritornato a sedere; e Santiago Carrillo, segretario del partito comunista, che fuma immobile al proprio posto.
Il colpo di stato – organizzato dal capo dei servizi segreti José Luis Cortina, dal tenente-colonnello Calderón, uomo forte dell’intelligence, dal generale Milans del Bosch, e dallo stesso Tejero, e che avrebbe dovuto installare come presidente il generale Armada, ex segretario del re – come si sa, fallisce. Verso l’una del mattino del 24 febbraio il re Juan Carlos compare in televisione. “La Corona, simbolo dell’unità della Patria, non può tollerare in alcun modo azioni o atteggiamenti di persone che pretendono di interrompere con la forza il processo democratico che la Costituzione votata dal popolo spagnolo ha intrapreso in seguito a referendum”.
E la memoria dell’avvenimento è racchiusa in quella mezz’ora di ripresa televisiva: un colpo di stato “in diretta”, che a tanti anni di distanza viene riproposto proprio grazie a quelle immagini e all’abilità letteraria di Javier Cercas con una drammaticità e una forza inusuali, rileggendo la storia attraverso le biografie dei suoi attori. Una vera e propria sfida letteraria.
E un pezzo di storia recente da non dimenticare. Non si sa mai.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.