Non poteva che chiamarsi “Residence degli aranci” il complesso di Mineo che ospita 404 unità abitative per i militari Usa di stanza nella base di Sigonella. Occupa un’area di 25 ettari nel cuore della piana di Catania, terra di agrumi, a due passi dalla statale che scorre veloce sino al mare, il Mediterraneo. Il residence a stelle e strisce è una struttura off-limits autosufficiente. Le villette, 160 mq di superficie su due livelli, giardino indipendente con prato inglese e megabarbecue, hanno una capacità ricettiva sino a 2.000 persone e sono dotate di tutti i confort. Nel residence trovano posto alcuni edifici adibiti ad uffici per il personale dell’US Navy, la sala Telecom, un supermercato, un bar, la palestra, un centro ricreativo con asilo, la sala per le funzioni religiose, la caserma dei vigili del fuoco, 12 ettari di spazi verdi con campi da tennis, baseball e football americano, aree di gioco attrezzate per bambini. L’approvvigionamento idrico, computerizzato, fornisce 20 litri d’acqua potabile al secondo, la copertura del fabbisogno di un comune di 10.000 abitanti. L’acqua giunge da un pozzo privato nel territorio di Vizzini distante 20 km, grazie ad un acquedotto realizzato nel 2006 dalla società costruttrice e proprietaria del “Residence degli aranci”, la Pizzarotti Spa di Parma.
Per conto dell’US Navy, la Pizzarotti si occupa della gestione e della manutenzione degli impianti elettrici, idrici e del depuratore, della pulizia di strade e marciapiedi, delle attività di giardinaggio, della raccolta differenziata dei rifiuti. Entro dicembre installerà nel complesso un impianto fotovoltaico da un megawatt che verrà posizionato su 105 abitazioni. Standard di vita a cui solo pochi autoctoni possono aspirare ma che lasciano tuttavia insoddisfatti gli esigentissimi militari statunitensi. Così si è deciso di abbandonare il “paradiso degli aranci” a partire dai primi mesi del 2011. Il 26 gennaio 2010 la Pizzarotti ha ricevuto una lettera del governo Usa che comunicava l’intenzione di non rinnovare il contratto decennale in scadenza, stipulato il 31 marzo 2001. Ufficialmente, dietro la scelta di lasciare Mineo, ci sarebbero ragioni di tipo economico. “Il Dipartimento della Marina richiede che le strutture siano occupate al 99%. Se la percentuale si riduce, le unità sfitte devono essere assegnate, in caso contrario si deve lasciare il complesso”, spiega il portavoce regionale dell’US Navy, Wendy Snyder. “A Mineo su 404 unità abitative appena 260 sono quelle occupate. E i costi di affitto annuali per la Marina statunitense superano gli 8,5 milioni di dollari”. A ciò si aggiunge la distanza del residence dalla Naval Air Station di Sigonella, oltre 20 minuti d’auto per raggiungere NAS II, la base operativa con lo scalo aereo, e 40 minuti per NAS I che ospita il commissariato, il Navy Exchange, le scuole per i figli del personale e l’ospedale militare. Inoltre, viaggiare sulla strada a scorrimento veloce SS417 è come giocare alla roulette russa e gli incidenti mortali sono all’ordine del giorno. Per ridurre i rischi alle autovetture dei militari al pericolosissimo incrocio con il “Residence degli aranci”, nel 2004 la Provincia di Catania e l’ANAS realizzarono a proprie spese – due milioni di dollari – una bretella di collegamento con la vicina strada provinciale, ad uso esclusivo del personale statunitense. Il dono, pur se apprezzato dal comando di Sigonella, non è bastato però ad ancorare l’US Navy al territorio di Mineo.
Persi i milionari canoni degli americani, la Pizzarotti ha intrapreso un’affannosa rincorsa verso nuovi possibili locatari del villaggio. Inizialmente si è giocata la carta del “sociale”, proponendo l’utilizzo di “alcuni spazi per le ex detenute”, la riconversione “a luoghi di detenzione alternativi al carcere per le detenute madri”, a “centro accoglienza per gli immigrati e per i tossicodipendenti”, finanche a polo di ricerca e cittadella dello studente dell’Università di Catania. Adesso in ballo c’è il business immobiliare. I manager della società hanno presentato alla Regione Siciliana e ai comuni del comprensorio un progetto di “nucleo sociale polifunzionale”, mettendo cioè a disposizione “case in affitto a canone agevolato nonché spazi per le attività sociali di enti pubblici e cooperative” e, possibilmente, per una multisala cinematografica. Il progetto ha raccolto diversi consensi. Il consorzio Sol.Co di Catania, uno dei più grandi di tutta la Sicilia con le sue 140 cooperative, si sarebbe dichiarato interessato a insediare nel residence “un’agenzia di inclusione sociale in cui poter accogliere le persone che si trovano in un momento difficile”. L’odierno sindaco di Mineo, in un ambiguo feeling pubblico-privato, è stato eletto dall’amministratore delegato di Pizzarotti “sponsor istituzionale dell’iniziativa”.
Del piano di riconversione ne ha parlato l’ingegnere Fabrizio Rubino della Pizzarotti Spa al periodico Qui Mineo. “Abbiamo individuato una strada nella legislazione sul social housing, l’edilizia residenziale locativa a canone calmierato”, ha dichiarato Rubino. “A differenza dell’edilizia popolare il social housing è un’impresa che produce un utile: si uniscono il versante imprenditoriale e quello sociale. Nel 2008 la legge sul “Piano casa” ha inglobato la legislazione precedente prevedendo il finanziamento di progetti di questo tipo, attraverso uno stanziamento complessivo di 2,6 miliardi di euro. Prevediamo di cedere il residence a un fondo sociale. Sappiamo che ci sono i fondi perché già il nostro amministratore è andato a parlare sia con Maroni che con Mattioli, e il decreto Tremonti-Mattioli prevede qualcosa come 38 milioni di euro destinati alla Sicilia per social housing, su un totale nazionale di 140 milioni di euro”. Per dare impulso al settore, lo scorso anno è stata fondata la “CDP Investimenti SGR”, una Spa di gestione del risparmio, il cui capitale, 2 milioni di euro, è detenuto al 70% dalla Cassa Depositi e Prestiti e per il restante 30% dall’Associazione delle Fondazioni bancarie (Acri) e dall’Associazione delle Banche (Abi).
Il rappresentante della società parmense dà la sua stima sui costi e ricavi dell’operazione. “Per costruire il residence, la Pizzarotti ha fatto un mutuo con Intesa San Paolo, attraverso lo strumento della “locazione finanziaria”: ogni anno gli affitti presi dagli americani vanno al gruppo bancario. Il mutuo dura 14 anni, ne mancano ancora 4 alla conclusione. Le case in tutto hanno 70.000 mq; contando un prezzo di 800 euro al mq, si arriva a una cifra di 60-70 milioni di euro, somma che dovrebbe essere messa insieme dal fondo immobiliare. Di tale cifra il 40% è stato già stanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti, un altro 20% vede impegnata la fondazione Intesa San Paolo. Rimane un 20% da coprire con i partecipanti volontari: comuni, enti, cooperative ecc. ma anche Pizzarotti come azionista di minoranza. Poi ci saranno le fondazioni bancarie, sicuramente la Regione e anche la Provincia di Catania, si auspica che ci siano tutti i comuni e anche lo Iacp”. L’affaire cioè sarà finanziato quasi del tutto con capitali pubblici, a beneficio del socio-costruttore privato. Con il dubbio, legittimo, che i costi di realizzazione del “Residence degli aranci” siano già stati in buona parte coperti con i canoni di affitto pagati dall’US Navy. Otto milioni e mezzo di dollari, il valore annuale dichiarato dal Comando di Sigonella, moltiplicati per i dieci anni di locazione, fanno 85 milioni di dollari. Gli immobili di Mineo hanno già fruttato cioè 1.000 euro a mq. Più i guadagni dell’impresa per la loro gestione e manutenzione.
La Pizzarotti è una delle principali aziende italiane contractor delle forze armate USA. Solo nell’ultimo decennio ha fatturato per conto del Dipartimento della difesa qualcosa come 134 milioni di dollari. Già nel 1979 le era stata affidata la costruzione di una serie di infrastrutture a Sigonella quando la base era stata scelta come centro operativo avanzato della Rapid Deployment Force, la Forza d’Intervento Rapido statunitense. A metà anni ‘80 la Pizzarotti partecipò pure alla costruzione di numerose infrastrutture nella base di Comiso (Ragusa), utilizzata per l’installazione di 112 missili a testata nucleare Cruise. Quindici anni dopo la società realizzò a Belpasso (Catania) il villaggio “Marinai”, anch’esso destinato ai militari di Sigonella, con 526 unità abitative e 42 ettari di estensione. Il contratto d’affitto con il Pentagono scade nel 2015 ma non dovrebbero esserci problemi per una sua estensione. Anche a Belpasso la Pizzarotti cura per conto dell’US Navy la gestione e la manutenzione di infrastrutture e servizi.
Sempre in ambito militare, ha eseguito i lavori di ristrutturazione ed ampliamento delle banchine della (ex) base navale di Santo Stefano (arcipelago de La Maddalena), utilizzata sino alla primavera 2008 come base appoggio per i sottomarini nucleari di stanza nel Mediterraneo. Alla Maddalena, la Pizzarotti è attualmente impegnata alla costruzione di una cinquantina di alloggi per il personale della Marina militare italiana. Tra il 2004 e il 2007, la società ha operato all’interno della base US Army di Camp Darby (Livorno) per la realizzazione di una piccola tratta ferroviaria interna e di 7 nuovi edifici da adibire a depositi. Nella base aerea di Aviano (Pordenone), Pizzarotti Spa è stata chiamata invece per ampliare i locali adibiti a servizi e casermaggio. Molto più rilevanti i lavori eseguiti a Vicenza. A metà anni ’90 Pizzarotti ha realizzato a Camp Ederle un complesso di edifici residenziali per 300 marines (costo 20 milioni di euro). Recentemente, in associazione con l’azienda tedesca Bilfinger Berger, ha invece consegnato all’US Army un nuovo polo sanitario avanzato, costo 47,5 milioni di dollari. A Vicenza Pizzarotti si è però visto soffiare l’appalto più ambito, quello per la trasformazione dell’ex aeroporto Dal Molin nella mega-cittadella della 173^ Brigata Aviotrasportata USA, vinto dalle “coop rosse” di Bologna e Ravenna. Poca fortuna pure a Quinto Vicentino, dove nonostante un pre-accordo del 2006 con il Comando statunitense per la realizzazione di un villaggio di oltre 200 abitazioni (valore stimato 50 milioni di dollari), c’è stato uno stop all’iter progettuale da parte degli amministratori locali.
Pizzarotti vanta pure la realizzazione di un invidiabile elenco di opere “civili”, alcune delle quali dall’altissimo impatto socio-ambientale: il deposito delle scorie radioattive di Caorso, la centrale nucleare di Montalto di Castro, la tratta ferroviaria ad alta velocità Milano-Bologna, due lotti dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. A Santa Maria Capua Vetere è stato realizzato un grande presidio carcerario che ha però stimolato gli appetiti criminali dei “casalesi”. Nel marzo 2008, il tribunale della città campana ha emesso una serie di pesanti condanne al processo contro i mafiosi locali, sentenziando che “l’impresa aggiudicataria venne sottoposta a una duplice estorsione: il versamento di una tangente pari al 5% dell’importo dei lavori e l’obbligo ad affidare una parte di essi in subappalto a ditte di gradimento del clan”.
Nel giugno 2004, è stato affidato a Pizzarotti il ruolo di general contractor per la realizzazione dell’autostrada Catania-Siracusa, costo stimato 473,6 milioni di euro. Secondo quanto dichiarato dall’allora presidente ANAS, Vincenzo Pozzi, “la Catania-Siracusa potenzierà notevolmente la rete dell’isola anche con rilevanti funzioni di collegamento per i traffici diretti verso il futuro Ponte sullo Stretto”. E al Ponte di Messina Pizzarotti ci aveva fatto davvero un bel pensiero, partecipando in associazione con Astaldi al bando di gara per la progettazione ed esecuzione dell’opera, poi vinto da Impregilo e socie. Nel capoluogo dello Stretto l’impresa parmense è comunque radicata da tempo grazie alla controllata Garboli Spa, presente in una società a capitale misto che punta ad una assai discutibile “riqualificazione” del quartiere storico del Tirone. Partner chiave di Pizzarotti-Garboli, la Demoter, importante azienda messinese di costruzioni e movimentazione terra, di proprietà di Carlo Borrella, il presidente dell’associazione provinciale costruttori grande sostenitore del Ponte. Coincidenza vuole che proprio alla Demoter (in associazione con la Itaca Srl di Brolo), la Pizzarotti aveva subappaltato lavori per 5,2 milioni di euro per il “Residence degli aranci” di Mineo. Dalle basi di morte al Ponte gli attori sono sempre gli stessi.
Antonio Mazzeo, peace-researcher e giornalista impegnato nei temi della pace, della militarizzazione, dell'ambiente, dei diritti umani, della lotta alle criminalità mafiose. Ha pubblicato alcuni saggi sui conflitti nell'area mediterranea, sulla violazione dei diritti umani e più recentemente un volume sugli interessi criminali per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ("I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina", Edizioni Alegre, Roma).