Quello della tv è un eterno presente, dove si mente e si smentisce contemporaneamente e dove Berlusconi ogni giorno annuncia di voler aprire il dialogo (parola che ormai fa venire la nausea) con l’opposizione. Il tempo si è fermato anche per la fiction, con gli stessi telefilm di un anno fa o di decenni fa, che passano e ripassano in video. Per esempio, abbiamo visto su SkyCrime un episodio della serie Ellery Queen girato negli anni ’70, ma ambientato nei ’50. Il delitto si svolgeva nella redazione di un giornale agitata da rivalità professionali e politiche. Uno dei cronisti aveva la fissazione maccartista di scoprire comunisti dovunque e diceva: “Datemi un pacifista, un amante dell’umanità e vi mostrerò un comunista”. Beh, alla fine si scopriva che era lui l’assassino. Forse perché l’anticomunismo è la forma d’odio più diffusa nel mondo, che oggi (come ha detto Felice Gonfalonieri) è ridotta a puro marketing.
Quando i processi vengono decisi in tv
Ormai, appena arriva il disonore delle cronache una notizia efferata, non possiamo fare a meno di inorridire non solo per il fatto in sé, ma per l’uso che ne farà Bruno Vespa. Era perciò inevitabile che l’assoluzione di Alberto Stasi (ndr: che Vespa dimostrava colpevole) provocasse l’ennesimo ritorno sul luogo del delitto. Con particolare sadismo nei confronti dei genitori della vittima, costretti a rispondere a domande dolorose e messi a confronto con gli spietati cronisti di Libero. Ma il punto centrale è il diritto concesso a Vespa di allestire processi in tv, sempre in assenza di magistrati e quasi sempre contro pm e gup che, per principio, sono comunisti. E non si capisce (ma noi modestamente lo capiamo benissimo) perché quello che è concesso a Vespa debba essere proibito a Santoro. Il quale, tra l’altro, mette in scena solo “film” di interesse pubblico, su copioni scritti (intercettati) dalla realtà politica, che spesso è peggio di una villetta insanguinata.
Bruno Vespa, Porta a Porta ad Arcore
Ci sono cose che anche noi osservatori di tv, che, a furia di orrori, abbiamo i calli agli occhi, non riusciamo a sopportare. Succede quando si assiste a mutazioni come quella di Bruno Vespa, da untuoso notaio dei potenti (ndr: gli ultimi due capitoli del suo libro li ha mandati alla Mondadori per fax da Arcore) a grande inquisitore di tutti gli altri; da difensore di assassini (e assassine) ad accusatore assatanato di sangue di oppositori. Come è successo l’altra sera nei confronti di Donadi dell’Idv, insolentito da un conduttore urlante, che ripeteva con cipiglio degno di Antonio Socci: «Risponda! Berlusconi se l’è cercata o no?». E non che mancassero in studio i berluscones più accaniti, a partire da Cicchitto che è il più accanito di tutti nell’accusare e minacciare. Allo scopo, si capisce, di svelenire il clima. Mentre Cota, nell’occasione insperata, cercava di regolare i conti con Casini e, in confronto, il ministro della guerra La Russa sembrava quasi umano. Poi è arrivato Belpietro e abbiamo spento la tv!
Maroni angelo custode inaffidabile
Il dado è tratto, anzi il Duomo. Scelta non priva di valore simbolico da parte del folle lanciatore, che ha dato subito la stura alle folli illazioni dei nuovi specialisti della strategia della tensione. La sera stessa dell’aggressione, Cicchitto, nello Speciale Tg1, lanciava accuse contro chiunque non sostenga che il premier è un santo, un navigatore e un poeta. Nella mattinata successiva, ad Omnibus, il vice di Feltri, Sallusti, con la sua faccia trucida di sempre e le argomentazioni ancora più trucide, spiegava che i mandanti sono tutti quelli che si permettono di criticare Berlusconi, compreso Casini. Intanto, era già stata trasmessa migliaia di volte (diciamolo: senza alcun rispetto per la sofferenza della vittima) la faccia insanguinata e stravolta del premier. Ma il più efferato, alla fine, è stato Maroni, andato in tv a sostenere che tutto è stato perfetto nel sistema di protezione del capo del governo. Dagli alleati lo salvi Iddio.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.