Bolzano-Lecce, viaggio nell’agonia
09-06-2009
di
Antonello Merico
Ho letto cosa è successo tra Milano-Piacenza al signor Massimo Davoli e non so come ringraziare Davoli e chi ha preso l’iniziativa di pubblicare le avventure di noi costretti al treno. Perché Ferrovie Italia è un buco senza fine. Le proteste affondano e nessuno le prende in considerazione. E il degrado aumenta: altro che Italia accorciata dalla Freccia Rotta, proprio rotta.
Vi racconto cosa mi è successo mercoledì 27 maggio anno 2009, non 1899. Sono un tecnico e abito a Lecce. Ero volato nella provincia di Bolzano per rimediare ai problemi di un impianto vinicolo e, una volta risolti, ho pensato di ridurre la spesa del ritorno prenotando un comodissimo Bolzano-Lecce, partenza 9,31 del mattino. A mezzanotte a casa, alle 9 del giorno dopo in fabbrica. Partenza puntuale, ma come mai la velocità diventa all’improvviso da lumaca ? A Matterello si ferma 12 minuti. Stazioncina fra piante di meli e viti a perdita d’occhio. Non si affaccia nemmeno il capostazione e nessuno spiega perché. Pochi chilometri, alta fermata forse per permettere ai viaggiatori di ammirare il musero Caproni, aeronautica ed elicotteri con un jet arrugginito puntato verso il cielo. Sarà per dare spazio alla fretta di un super treno, pensiamo. Ma siamo i soli a navigare. Nessun sorpasso. A Peri, ritardo di 18 minuti. A Verona la gente che aspetta monta di corsa, ma l’Intecity se la prende calma davanti al marciapiedi vuoti. Altri 11 muniti di niente. La grande sosta è nell’aria sulla linea morta Verona-Mantova- Modena. La stanzioncina alla Don Camillo si chiama Rolo-Novi- Fabbrico, pochi chilometri da Carpi. Finalmente una voce fa sapere: per ragioni elettriche ci fermeremo 10 minuti. Diventano venti, arriva la mezzora. Sotto il sole delle una siamo arrosto. Malgrado l’implorazione – ormai implorazione – della giovane bigliettaia che avverte ” proibito aprire le porte e scendere sui marciapiedi “, i viaggiatori prendono aria quasi fosse una vacanza. Chi fuma, chi sbuccia banane. Nella piazzetta davanti alla stazione, cinque metri più in là, dal tendone di una pizzeria escono le voci dei commensali. A poco a poco i viaggiatori vi si trasferiscono. Un panino, un caffè. Poi il fischio amico della locomotiva. In carrozza, si parte. Arrivo a Bologna con più di un’ora di ritardo. Il pensiero di scendere lungo l’Adriatico, binari che da due diventano uno, quindi soste per lasciar passare le corse veloci, mi diventa insopportabile. Domani devo lavorare. Lascio il treno, prendo un taxi, all’aeroporto trovo un posto per Brindisi. Alle 9 di sera finalmente a casa. Vorrei capire come possono scusarsi.