Caro Domani, in tempi di “salva-nazisti” ricordiamoci che gli Archivi della Vergogna urlano ancora
08-07-2010
di
Andrea Di Betta, studioso di storia della Resistenza, Parma
Ci sono fatti che passano in un silenzio relativo. I più attenti hanno letto nelle righe dei giornali i fatti attorno al decreto “salva-nazisti” del 28 aprile 2010. Una notizia passata come l’eco degli spari nella calma delle piazze dei paesi arsi sulla Linea Gotica. O come il rombo del fiato teso dinnanzi al plotone d’esecuzione, nel prato dietro casa. Poi la scarica e l’irreale silenzio a coprire la strage. Sottile e grigio come la polvere che si è posata sugli oltre duemilasettecento fascicoli dell’Armadio della Vergogna.
E le pagine di Franco Giustolisi, ormai lontane sei anni da queste righe, hanno tagliato il buio che avvolgeva quelle pratiche rese inoperose. Itteriche dopo sessantacinque anni, quelle carte raccontano di posti comuni, di vita comune in uno scenario di guerra che oramai ci paiono lontanissimi, assuefatti come siamo dai colossal hollywoodiani e dalle scarse fiction nostrane. L’esplosione delle polveri – e delle muffe – dei lacci dei faldoni azzittiti sembravano le ultime nubi sulla Verità di quei giorni.
Parevano, perché di nuovo plumbei ritornano i colori e le sovraccoperte, pesanti ricascano a stritolare luoghi persone e memorie. Così vicine da potergli parlare e toccare le mani… Così questo è il mio contributo e la mia vicinanza a tutti i famigliari, le Associazioni e dei tanti che si sono spesi in questi anni. Ammetto nulla di eccezionale, ma non è un Impegno per ricordare, ma per far ricordare.