Caro Domani, perché l’Italia non firma la convenzione Onu contro le bombe a grappolo? Perché è un “affare” che tira…
05-08-2010
di
Maria Giovanna Stella, impiegata, Vicenza
Sono una persona normale, con un lavoro normale ma sono indignata perché l’Italia non ha raccolto l’appello Onu e l’invito della Unione Europea: il 10 agosto entrerà in vigore, nei paesi che vi hanno aderito, la convenzione che proibisce produzione e vendita delle bombe a grappolo. E noi non ci siamo: silenzio e silenzio. Si tratta di ordigni micidiali. Scoppiano nell’impatto al suolo disperdendo 30, 40, 60 piccole bombe che hanno l’aria di schegge. Esplodono appena qualcuno le sfiora o prova a ripulire le macerie o le raccoglie nei prati. In Afghanistan, in Africa ma anche a Gaza e in ogni altro posto dove si combatte, migliaia di bambini perdono occhi, gambe, la vita così. 30 paesi hanno sottoscritto il divieto, l’Italia no. Nessuno spiega perché, ma capirlo è facile. Anni fa la Fiat si è liberata di una industria che prospera fabbricando armi di questo tipo: la Simmel Difesa di Colleferro. L’ha acquistata un impresario straniero, produzione a gonfie vele. Un documento di Human Right Watch certifica che vari paesi dell’Occidente «continuano la produzione e possono avere stoccato quantità ingenti di cluster munition», bombe a grappolo, appunto. Il documento precisa che l’Italia non ha ancora rivelato quante bombe cluster conserva nei depositi e la loro tipologia avanzata. Dal sito della Simmel Difesa è sparito il «catalogo» della produzione. Mistero profondo. Ma se il padrone che fabbrica morte ha per orribile giustificazione il fare soldi, e i ministri che tacciono e non firmano il protocollo Onu sono ministri della guerra e ministri di un’economia che traballa, quindi ministri dall’etica invisibile, i sindacati metalmeccanici delle tre confederazioni, perché non fanno sentire le loro voci di protesta? Mi rendo conto che nei giorni dei licenziamenti e della mobilità il pane sicuro è un’attrazione fatale ma se, come ripetevano i nazisti nei campi di sterminio, «il lavoro rende liberi», dipende dal tipo di libertà. Qui a Vicenza ci stiamo battendo per «liberarci» dalla base Usa che una grande coop di Bologna sta costruendo fregandosene della popolazione duramente contraria. Posso capire la confusione in politica, ma confondere la vita e la morte con i soldi mi sembra troppo.