Lo faremo se davvero i nomi escono dalle segrete del ministero del Tesoro. Sta cambiando idea: distribuirà solo numeri, settore per settore, e nessuno saprà mai niente
Caro Domani, avete il dovere di pubblicare, città per città, cosa guadagnano gli italiani appena Tremonti metterà i loro nomi on line
05-09-2011
di
Antonio Del Bosco, insegnante, Milano
Questa volta ha ragione Tremonti: appena metterà in rete, città per città, le dichiarazione dei contribuenti, dovreste voi per primi pubblicarle. A puntate, un numero dopo l’altro tutti i contribuenti d’ Italia. Dubito lo farete. Prinma di lasciare la poltrona a Tremonti, tre anni e mezzo va, Visco lo aveva fatto ma nessun giornale a mia memoria, ne ha approfittato. Nessun giornale di carta, nessun giornale on line. E’ prevalsa la prudenza: meglio non suscitare malcontento o- come ripete allarmato il responsabile nazionale della così detta privacy – non è utile in questo momento al paese inasprire i malumori. E’ prevalso l’italico sentimento della prudenza: meglio tacere le verità che inaspriscono lo scontento sociale. Nel caso degli eserciti degli evasori da stanare col contagocce si preferirà arrestare quattro mafiosi o venti allocchi i quali con tre milioni di incassi segretri l’anno si sono lasciati prendere dall’ingordigia ed hanno nascosto il malloppo sotto chissà quale cuscino. Pochi sprovveduti nelle mani di commercialisti poco furbi. Gli altri nessuno saprà mai chi sono. Solo mettendo tutto in vetrina sarà possibile stanarli. Ecco perché il Cavaliere è scontento del suo ministro. Perché mettere in graticola amici e correligionari? Il 17 marzo 2006 aveva annunciato di tagliare le tasse per evitare che “ il 40 per cento degli italiani sia costretto a lavorare in nero “. Ormai stiamo precipitando ed é urgente sapere i nomi di questo 40 per cento. Tutti in vetrina in modo che tutti possano sapere. E giudicare, e votare. Non sarebbe male tornare all’Italia anni ’70 piuttosto che esasperare il risentimento delle folle per favorire i sotterfugi di chi non è ormai minoranza, sempre che il teorema Berlusconi sia vero. Sarebbe bene dare la possibilità ad ogni cittadino di controllarlo. Senza terrorizzare. Mai denunce anonime; nessuna caccia alle streghe. Basta distribuire ai giornali – di carta e on line – gli elenchi dei redditi dichiarati conservando la tutela della privacy in ogni altro settore: dai telefoni, ai blog che imporporano le indiscrezioni delle cronache gialle o rosa. Ma quando il cittadino certifica il proprio reddito con onestà, perché non informare di questa onestà coloro che gli vivono attorno? Un modo per disegnare e condividere pubblicamente benessere e malessere. Lo si è fatto per anni, fino a trent’anni fa.
Sono state le pagine più lette della storia d’ Italia. Dietro le porte dei condomini, sui tavoli dei caffè, dondolando nel metrò o nei bus di provincia, ogni capofamiglia faceva conti e confronti. Com’era possibile che il vicino di pianerottolo avesse comprato case al mare, in montagna, in campagna, automobili dal muso lungo, guadagnando tre milioni di lire in meno all’anno di quante il capofamiglia perplesso ne aveva denunciate assieme al mutuo casa non ancora esaurito e la macchinetta che invecchiava da dieci anni? E il vicino superprorietario sfogliava il giornale e si rabbuiava pensando come rispondere alle domande che dall’ufficio agli amici del biliardo gli sarebbero piovute addosso. Meraviglia che si ripeteva quando le commesse scoprivano di essere il doppio ricche della proprietaria del negozio di lusso dove sorridevano dal mattino alla sera, o camerieri costretti a sussurrare il conto ai clienti senza mai allungare la prova di un pezzo di carta. Loro tornavano a casa in motorino, il titolare spariva sul Porsche. O imbianchini, falegnami, idraulici talmente timidi da non voler apparire non solo nelle fatture ma anche nelle classifiche delle tasse. Domande che hanno attraversato ogni ceto medio suscitando l’eterno dubbio: val la pena nutrire lealmente le esigenze dello stato? E far sapere degli imbrogli vuol dire “mettere le mani in tasca ai cittadini”? Berlusconi e gran parte dei suoi cortigiani si indignano e teorizzano un paese senza libertà. Rifugiarsi in una clinica privata al primo mal di pancia autorizza a infastidirsi per le mani pubbliche che pretendono, ma quando mancano dieci, venti o trenta mila euro per farsi operare nella corsia hollywoodiana, ci si rassegna all’ospedale di tutti e l’ospedale funziona se tutti pagano il dovuto. Se ne frega chi ha l’autista che lo porta a spasso, non se ne frega chi brontola per l’aumento del biglietto degli autobus che scrollano i pensionati. In una società dove il denaro è ormai il criterio morale dominante, i cittadini paradossalmente vengono costretti alla non conoscenza lasciando credere che servizi ed equità siano ormai i compiti improbabili a carico di uno stato ormai svuotato da privatizzazioni e liberismo.
Con tante strade di fuga aperte. Il Previti evasore in miliardi ha confessato con innocenza in tribunale: in fondo, cosa ho fatto di male? Solo un conto in Svizzera, normale evasione fiscale… Normale, capite. E i viaggiatori perbene che montano sull’Alpen Express con l’aria della gita a Zurigo, come i Previti d’ Italia nascondono i tesori in posti sicuri ma con una fatica che solo capitali importanti possono sopportare. Dopo la notizia che inorgoglisce per il censo riconosciuto, gli otto- novecento mila che raggiungono i 90 mila euro lordi l’anno e vengono indicati fra i più ricchi d’ Italia, avrebbero voglia di conoscere chi sono gli altri 5 o 6 milioni dalla tripla casa, barca, fuoristrada, vita al ristorante, mogli mar Rosso- Carabi, figli master Usa. Insomma, gran piacere di incontrarli per fare qualche domanda. Dammi un consiglio tu che guadagni un terzo del mio stipendio di professore d’università, come hai amministrato il piccolo gruzzolo per raggiungere una sterminata felicità? Nel nostro quartiere o nelle nostre città ognuno conosce, incontra o chiacchiera con almeno cinquecento anime morte considerate al di sotto del benessere del quale godono i 900 mila privilegiati da 90 mila euro l’anno, eppure si presentano talmente bene in carne e denaro da sorprendere perfino chi ne è amico. Nessuna macchina statale potrà mai rivolgere la stessa domanda a protagonisti che remano nelle retrovie della quasi indigenza ufficiale mentre la loro vita è una specie di vacanza splendidamente ammobiliata. Passerebbero anni e negli anni le fortune possono cambiare: non ce la faremo mai ad estorcere i loro consigli su come moltiplicare pochi pani e niente pesci senza farsi beccare dal fisco. Parlando, parlando forse gli evasori potrebbero cominciare a vergognarsi, speranza disperata di chi invoca il miracolo di una guarigione miracolosa. Gli spot che le Tv cominciano a sfornare non solo non suscitano vergogna, danno solo fastidio. Le anime che il fisco considera quasi morte hanno i loro siti ufficiali. In ogni città esistono almeno venti ristoranti dove è impossibile prenotare perché i 900 mila privilegiati ogni sera vengono delegati dalle statistiche a darsi appuntamento. A Milano bisogna moltiplicare i ristoranti per trecento senza contare le luci dei nuovi tavoli: da una settimana cerco di mangiare fra gli specchi dei giapponesi di Corso Magenta dove una fetta di tonno crudo costa 50 euro. Sempre respinto. Prenotato da una settimana. A Roma, da Piperno, si prenota un mese per l’altro. Forse la tessera di soci d’oro della clan uppertax obbliga a cicli intensissimi di spesa per aiutare la ripresa dei consumi interni. Si affaccia il dubbio: sono sempre gli stessi 800 mila o qualche milione di fantasmi si nasconde alle loro spalle? Per scoprirlo non resta che far sapere a tutti cosa tutti hanno dichiarato. Poi se ne parla.