Quattro consigli (solo consigli) per il Quirinale: La Valle: si denunci la distruzione dell'ordine costituzionale; Pasquino: usi lo strumento dei messaggi alle Camere; Spadon: la chiave forse nel recupero della storia istituzionale; Lenzi: alla ricerca della centralità parlamentare perduta
Presidente Napolitano, ecco come salvare l’Italia dalla catastrofe annunciata
03-02-2011Denunciare la distruzione dell’Ordine Costituzionale
di Raniero La Valle
Non si può dire in astratto che cosa potrebbe fare il presidente della Repubblica, in una condizione di grave emergenza come la nostra. Certo, dandosene seri motivi, ha i poteri di sciogliere le Camere, pur con un governo non dimissionario: ma con la menzogna al potere e la destra eversiva che c’è, difficilmente sfuggirebbe all’accusa di abuso di potere se non addirittura di “golpe”.
Quello che il presidente della Repubblica deve fare è di rivendicare il suo ruolo di rappresentante dell’unità nazionale e dell’unità dei distinti poteri e delle diverse funzioni dello Stato: il potere esecutivo che deriva dalle sue nomine, il potere legislativo condizionato dalle sue autorizzazioni e promulgazioni, la magistratura, di cui presiede il Consiglio Superiore, le Forze Armate di cui ha il comando, presiedendo anche il Consiglio Supremo di Difesa. Rompendo l’unità dell’ordinamento, sottraendosi come imputato al controllo di legalità, mettendo il governo contro l’ordine giudiziario e lanciando i ministri nell’esercizio delle loro funzioni contro il presidente della Camera, Berlusconi rompe anche l’unità rappresentata dal presidente della Repubblica e dunque obiettivamente si pone in alternativa a lui.
Quello che il presidente della Repubblica può fare è di mandare a norma dell’art. 87 della Costituzione un messaggio alle Camere, non esortativo (il tempo delle esortazioni è scaduto), ma di grave denuncia di questa distruzione dell’ordine costituzionale, enunciando dettagliatamente gli assalti che esso ha subito, e chiedendo al Parlamento di porvi fine cessando di dare copertura con la fiducia alla difesa spasmodica di un uomo solo, sostenuto dalla falange dei suoi fedelissimi. In forza della fiducia di cui gode, il capo dello Stato può fare appello al Parlamento e al Paese perché al disopra degli interessi personali e del potere di un singolo esponente politico, sia difesa l’unità e assicurata la salvezza della Repubblica.
Messaggio alle Camere
di Gianfranco Pasquino
Caro Presidente,
vorrei chiarire a molti, ma anche a me stesso, il difficile compito che stai svolgendo. Mai come nei quattro turbolenti anni del tuo mandato, la tua carica si è rivelata centrale nel circuito istituzionale. Il ruolo della Presidenza della Repubblica, che alcuni costituzionalisti considerano ambiguo, è, invece, definito con sufficiente chiarezza: la rappresentanza dell’unità nazionale. A mio parere, questa rappresentanza si esprime nei rapporti con le altre istituzioni: governo, Parlamento, magistratura, in special modo, nel mantenere gli equilibri e le sfere di autonomia.
Del governo, non puoi che valutare con distacco e senza interferenze l’operato, anche rifiutandoti di autorizzarlo a presentare determinati disegni di legge. Quanto al Parlamento, puoi bloccare la promulgazione di alcune leggi e di alcuni decreti. Presiedi il Consiglio Superiore della Magistratura. Dunque, puoi parlare alto e forte sia contro gli attacchi ai magistrati sia a favore di una giustizia più efficiente e più “giusta”. La tua rappresentanza dell’unità nazionale ti consente anche di esprimerti ripetutamente sotto forma di dichiarazioni da tempo definite “moral suasion”. Se la scena politica fosse popolata da gentildonne e gentiluomini, la persuasione morale, ovvero, la tua predicazione civile, sarebbe sufficiente indirizzare verso comportamenti rispettosi della Costituzioni e improntati ad una rigorosa etica della politica.
Disponi, infine, di uno strumento più incisivo che consiste nell’inviare messaggi alle Camere. Siamo consapevoli che qualsiasi messaggio rischia di essere ignorato dai destinatari che insistano a perseguire i loro interessi politico-personali. Forse, però, se esiste un giudice a Berlino, è anche possibile che esista un’opinione pubblica in Italia. Un tuo messaggio, adeguatamente interpretato dagli opinion-leader, può influenzare il dibattito politico e, persino, i comportamenti di alcuni protagonisti. Probabilmente, è venuto il tempo di un tuo autorevole messaggio nel quale immagino e consiglio che tu suggerisca non quale stile di vita si attaglia ai governanti e ai rappresentanti (la valutazione è compito degli elettori), ma, che i conflitti fra le istituzioni debbono essere limitati e tenuti bassi, che nuove elezioni sono indispensabili qualora la maggioranza di governo non sia più tale o, semplicemente, non riesca più ad essere funzionante e operativa, che chi vuole davvero consentire al popolo di esercitare la sua sovranità ha l’obbligo di riformare la legge elettorale seguendo, per evitare pasticci all’italiana, un modello già esistente in Europa.
Magari non basterà, ma la tua voce autorevole avrà indicato percorsi istituzionali e democratici per evidenziare le alternative e costruire il futuro, nell’unità nazionale.
Dichiarare decaduto il governo Berlusconi
di Gino Spadon
Suggestivo l’articolo col quale Eugenio Scalfari s’interrogava sui poteri del Presidente della Repubblica. Difficilmente praticabili però, almeno a mio avviso, i due percorsi che egli sembra prefigurare per togliere di mezzo, in maniera certo traumatica ma non anticostituzionale, l’attuale presidente del Consiglio. Il primo di questi percorsi prevede che il Presidente della Repubblica, preso atto del marasma in cui versa la nazione e dei gravi pericoli che essa corre a causa degli insanabili conflitti istituzionali, affidi a persona da lui scelta il compito di accertare l’esistenza di una maggioranza parlamentare a lui favorevole.
Percorso a mio avviso pressoché impraticabile visto che è ancora in carica un governo che gode della fiducia dei due rami del Parlamento. Il secondo percorso prevede, per scelta autonoma del Presidente della Repubblica, la nomina di un primo ministro che avrebbe il compito di presentarsi con un suo programma in Parlamento al fine di ottenerne la fiducia. Cammino anche questo impervio, benché esista un precedente risalente ai primi anni della Repubblica quando Luigi Einaudi, come nota lo stesso Scalfari, nominò presidente del Consiglio l’onorevole Pella senza che questi avesse una preliminare garanzia parlamentare. A me sembra meno complicata una terza via.
Il presidente Napolitano, nella sua veste di garante supremo della Costituzione dovrebbe rimuovere o dichiarare decaduto il primo ministro Silvio Berlusconi perché, nonostante il solenne giuramento prestato all’atto della sua nomina, egli ha tradito l’articolo 54 di detta costituzione che così statuisce: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di compierle con disciplina ed onore”.
Abbassare i toni ormai non basta
di Riccardo Lenzi
Dopo che per lungo tempo ogni sollecitazione (critica o costruttiva) al presidente della Repubblica è stata liquidata come “populismo” o “ignoranza della Costituzione”, oggi persino l’equilibratissimo Eugenio Scalfari osa fornire colti suggerimenti al popolarissimo Capo dello Stato. Fino a spingerlo, addirittura, a prendere in considerazione l’ipotesi di sfiduciare il governo a prescindere dalla maggioranza parlamentare. Nulla di scandaloso, nulla di anticostituzionale, per carità. Eppure…
Anche se l’attuale legge elettorale ha contribuito non poco alla progressiva demolizione della “centralità del Parlamento”, siamo sicuri che sia realisticamente sostenibile l’ipotesi di bypassare il voto del 14 dicembre che bocciò la sfiducia al governo? I precedenti rendono improbabile una simile forzatura. Il Presidente ha promulgato, firmandole, leggi come il lodo Alfano o lo scudo fiscale, rispondendo ai critici che rinviarle alle Camere sarebbe stato inutile, perché al secondo passaggio avrebbe dovuto firmarle comunque. Argomento poco convincente: il tempo in politica è oro. Anche l’attualità lo dimostra. Lo scorso novembre i piani alti delle istituzioni e della “opposizione” decisero di concedere al sultano di Arcore un mese di tempo prima di votare la sfiducia. Un aiuto insperato che ha reso possibile la tristemente nota campagna acquisti di parlamentari. Rinviare al Parlamento leggi in odore di anticostituzionalità, ritardandone l’approvazione, non è forse una modalità ineccepibile di svolgere il ruolo di garante della Costituzione?
L’invito del Presidente, oggi come ieri, è ad “abbassare i toni”. Siamo sicuri che basti abbassare il volume per uscire dalla cacofonia dell’attuale confronto politico? È populismo auspicare che, ogni tanto, si levino dal Colle poche parole, forti e chiare sebbene sussurrate, che diano un motivo di speranza a chi non si rassegna alla decostituzionalizzazione dell’Italia?
Ci sono momenti in cui i toni e la testa vanno alzati, prima che sia troppo tardi. Milioni di cittadine e cittadini che si oppongono all’applicazione del ‘piano di rinascita democratica’ di Licio Gelli & co non sono disposti ad abbassare né i toni né le orecchie.