CHI VIAGGIA PER LAVORO, FIGLIO DI UN DIO MINORE
22-06-2009
di
Gian Giacomo Schiavi
Sui treni pendolari sporchi, bisunti, in ritardo, con le porte bloccate, i condizionatori guasti, i bagni sudici, i controllori invisibili, c’è un’Italia che va, lavora, studia, produce, ma nessuno ascolta nelle proteste esasperate da anni da promesse non mantenute.
Dal Nord al Sud è identico il tracciato dei disagi, come identici sono i problemi descritti in questi giorni dai cronisti del Corriere. E’ incredibile come nessun politico e nessun governo si sia indignato per una volta davanti allo sfascio di un servizio che ricorda più le vecchie tradotte che i treni di un Paese civile. Le tratte dei pendolari, a differenza dell’alta velocità, restano il volto poco rappresentabile di un’Italia che insegue l’efficienza europea ma non sa garantire un viaggio decente a centinaia di migliaia di cittadini.
C’è in questo distacco della politica il segnale preoccupante di un disinteresse che allontana il Paese reale da chi lo rappresenta, e c’è forse la (perfida) volontà di lasciar macerare il disagio dei pendolari perché non è – come la sicurezza e gli immigrati – un argomento da cavalcare in campagna elettorale. La par condicio nelle responsabilità tra centrodestra e centrosinistra, che in Italia hanno penalizzato il trasporto su rotaia, offre un buon alibi a tutti: quello di non fare. Ma è un alibi sbagliato.
L’Italia e le Regioni hanno le competenze tecniche e le capacità per migliorare le tratte le tratte dei pendolari, per rendere meno difficile il viaggio di quell’esercito di passeggeri che sale sul treno per raggiungere un posto di lavoro. Si dirà: mancano le risorse finanziarie. E’ vero. Ma basterebbe almeno riconoscere le ragioni di una situazione che in certi casi è vergognosa, per invertire la pericolosa tendenza a non fare, e avviare un piano straordinario per costruire nuove vetture e nuovi locomotori. I 500.000 passeggeri che ogni giorno sbarcano (in ritardo) a Milano con Trenitalia e con le ferrovie e con le Ferrovie Nord, non sono figli di un dio minore: chiedono la decenza, non l’impossibile. Senza eufemismi, si meritano di più.
Gian Giacomo Schiavi, vice direttore del Corriere della Sera, viene da Piacenza: sa come funzionano i 60 chilometri di binari che dividono la sua città da Milano. Sa come tribolano e si umiliano 2 milioni e mezzo di pendolari italiani.