Guantanamo - Grafica di Geekstats
L’ex presidente degli Stati Uniti, Georges W. Bush, è uscito di scena silenziosamente. Speravo che questa riservatezza fosse la prova del fatto che sapeva benissimo che, meno si parlava delle sue malefatte e meglio era. Ma qualche tempo fa ha avuto voglia di farsi un giro in Europa con qualche conferenza nella pacifica Svizzera. Appena uscita la notizia dell’arrivo di Bush, l’Organizzazione Mondiale contro la Tortura, nella sua sede di Ginevra, ha chiesto al governo svizzero di aprire un’indagine sull’uso della tortura che l’ex presidente ha autorizzato nelle tragiche vicende di Abu Graib, Guantánamo, ma anche in carceri statunitensi o di paesi amici.
A seguito di questa denuncia, il pavido Bush rischiava di venire arrestato non appena avesse messo piede in territorio Svizzero. Qualcosa di simile era capitato a Londra al vecchio e sfacciato golpista, torturatore e violatore dei diritti umani, il generale cileno Augusto Pinochet. Che si trattasse di un rischio concreto lo dimostra il fatto che Bush ha annullato il suo viaggio e se ne è ritornato nell’ombra dove farebbe meglio a restare, approfittando della memoria corta della pubblica opinione che gli consente di non dover affrontare un redde ratione per i guasti che ha prodotto nel mondo intero, a cominciare dal martoriato Medio Oriente, passando per il resto del mondo e includendo gli Stati Uniti, la cui tradizione democratica è stata gravemente violentata dalle leggi di eccezionalità promulgate nella folle e incomprensibile “guerra al terrorismo”.
In questi stessi giorni è morto, nel carcere a cielo aperto di Guantánamo, l’afgano Awal Malin Gul di 48 anni, accusato di terrorismo e detenuto dal 2002 senza che siano mai state presentate prove contro di lui. Gul è il settimo detenuto che muore in quel carcere, i primi cinque si sono suicidati, un sesto è morto per un tumore e Gul – a quanto dicono le autorità – per un attacco cardiaco.
Questi due avvenimenti suscitano poca eco nei mezzi di informazione non solo in Italia (in tutt’altre faccende affaccendata) ma anche nel resto del mondo.
I giornali più attenti e sensibili alla questione dei diritti umani non hanno ripreso la legittima iniziativa dell’Organizzazione Mondiale contro la Tortura; ha dimenticato Guantánamo e le sue illegalità; non rivela nessun interesse per il caso di Posada Carriles, il terrorista internazionale che ha operato a Cuba, in Venezuela, in Salvador e a Panama, ordendo sabotaggi ed omicidi ed assumendosene la responsabilità; ignorano sistematicamente le angherie a cui sono sottoposti cinque agenti cubani nelle carceri statunitensi la più grave delle quali è il divieto alle visite delle mogli di due di loro che dura ormai da dodici anni.
Eppure stiamo parlando di mezzi di informazione assai importanti e di grande portata, capaci di armare efficaci e tempestive campagne per il rispetto dei diritti umani nel mondo. Sono i giornali, le radio e le catene di televisione che si sono dimostrati prontissimi a rilevare qualsiasi scossa, anche la più lieve, che provenga da Bolivia, Venezuela o Cuba. Sono quelli che per la morte in carcere a seguito di uno sciopero della fame del detenuto Orlando Zapata hanno fatto venire giù il mondo.
Ma su Guantánamo, su Posada Carriles, sui Cinque cubani prigionieri, sulle gravissime colpe di Georges W. Bush e sull’opportunità di chiamarlo a darne conto davanti ai giudici, silenzio assoluto.
Alessandra Riccio ha insegnato letterature spagnole e ispanoamericane all’Università degli Studi di Napoli –L’Orientale. E’ autrice di saggi di critica letteraria su autori come Cortázar, Victoria Ocampo, Carpentier, Lezama Lima, María Zambrano. Ha tradotto numerosi autori fra i quali Ernesto Guevara, Senel Paz, Lisandro Otero.E' stata corrispondente a Cuba per l'Unità dal 1989 al 1992. Collabora a numerosi giornali e riviste italiani e stranieri e dirige insieme a Gianni Minà la rivista “Latinoamerica”. E’ tra le fondatrici della Società Italiana delle Letterate.