La Sacra Scrittura sottolinea la fragilità dell’uomo peccatore, debitore davanti a Dio, e la grandezza di Dio che perdona e ristabilisce l’integrità dell’uomo caduto. Questo il dato essenziale dell’atteggiamento di Dio che con il perdono dimostra il suo amore verso l’umanità.
Di fronte al peccato dell’uomo, il Dio geloso si mostra come il Dio dell’amore che perdona. Le pagine della Bibbia sono costellate di questa fiducia nel «Dio di tenerezza e di pietà, tardo all’ira, ricco di grazia e di fedeltà… che perdona le colpe dell’umanità» (cfr. Es 33-34). È un perdono legato al pentimento che riconosce la sua colpa.
Il Vangelo ci mostra un volto nuovo del perdono. Nelle parabole della misericordia (cfr. Lc 15) che ci raccontano della pecora perduta e ritrovata, della moneta perduta e ritrovata, culminanti nel grande affresco del Padre misericordioso, il primo dato che causa il perdono non è il pentimento, ma l’amore. Il figlio prodigo non torna perché pentito, ma solo per fame: si prepara il suo discorsetto per commuovere il padre e viene sorpreso da un abbraccio che soffoca le scuse. Il transfuga viene ristabilito nella sua dignità figliale prima che possa dirsi pentito. Con questo, Gesù ci mostra una prospettiva totalmente nuova della fede: Dio non ti perdona perché tu sei pentito, ma perché tu possa finalmente pentirti. La conversione a Dio nasce dall’esperienza diretta del suo perdono che previene i nostri passi del ritorno e ci ricostituisce nella nostra vera identità.
È questo il dato divino del perdono. Per noi perdonare significa non avere più nulla contro l’altro, non serbare rancore. Il perdono di Dio è qualcosa di più e di diverso. Tramite il perdono di Dio nell’uomo succede qualcosa di assolutamente nuovo. Romano Guardini specifica dicendo: «Perdono non può significare che l’uomo resta peccatore e che nonostante ciò Dio non è più in collera con lui. Non è solo una trasformazione del cuore e dello sguardo divino, che lascerebbe immutato l’essere dell’uomo; l’uomo deve diventare tale che Dio possa compiacersi in lui… Dio con il perdono non compie magie, ma dà all’uomo un cuore nuovo…» (R. Guardini, Le cose ultime, Vita e Pensiero 1997, pg. 51).
Il segno definitivo del perdono di Dio è la venuta di suo Figlio. È per mezzo di Gesù che Dio rivela il suo perdono capace di generare a nuova vita, come avviene nel Battesimo. Con questo sacramento noi siamo immersi nella vita, nella morte e nella risurrezione di Cristo così che in noi abiti Lui solo e in ogni occasione sia la sua grazia ad agire in noi. È in nome di questa assimilazione al Figlio che noi possiamo imparare a perdonare.
Nel Padre Nostro, la preghiera dei battezzati, si chiede: «E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Questo non vuol dire proporre un confronto tra il perdono ricevuto e quello dato, ponendo la nostra capacità di perdono come criterio della misericordia divina: sarebbe impossibile rimanere al cospetto di Dio con la sola forza delle nostre capacità. L’invocazione del Padre Nostro, invece, suggerisce di vivere in continuità il perdono ricevuto con quello dato. Nella misura in cui tu ti senti perdonato sei in grado di perdonare. In greco il verbo è posto al passato, quasi a dire che questa continuità è talmente vera che il perdono dei fratelli è dato come già avvenuto (per questo alcune traduzioni propongono «come noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori…»).
Il cristiano, l’uomo nuovo che si sente perdonato, non può far altro che vivere come il suo Signore e il gesto più eloquente di questa assimilazione a Cristo è il perdono.
[cortesia Madrugada]
Servizio diocesano per il catecumenato, Diocesi di Padova