Ogni mia parola vale 5000 euro, parola di Berlusconi
Mi sto montando la testa. A parte il merito e il demerito delle accuse che Silvio Berlusconi rivolge a me e alle altre compagne dell’Unità tramite il suo avvocato Fabio Lepri (notevole scrittore porno), non posso fare a meno di sorprendermi per il valore che il capo del governo attribuisce alle mie modestissime parole. Nell’atto di citazione, in particolare, è riportato un brevissimo brano di mio pugno, praticamente questo: ‘Qualcuno poteva pensare che il governo cercasse almeno di nascondere lo scandaloso conflitto di interessi del boss. Invece no, Berlusconi spinge la Rai contro Murdoch, perché si rompa le corna. Due nemici colpiti al costo di uno. Costo che naturalmente è pagato dagli italiani’.
Ora, per queste scarse (da ogni punto di vista) paroline, l’uomo più ricco d’Italia pretenderebbe da me ben 200.000 euro, praticamente 5000 euro a parola. Tralasciando il costo delle sillabe perché la matematica non è il mio forte.
Francamente, se le parole sono pietre, d’ora in avanti mi vanterò che le mie sono pietre preziose. E ringrazio Silvio Berlusconi per avermelo fatto scoprire. Anche se, questa valutazione monetaria delle singole sillabe lui deve averla praticata fin da piccolo, quando vendeva i compiti ai compagni di scuola. Ma io, essendomi sempre limitata a credere che le parole valgono per la verità che possono contenere, scopro adesso di essere miliardaria di parole e di verità. Senza che lui possa farci niente, visto che neppure uno dei suoi miliardi può comprare una delle mie parole. E così, per la prima volta nella vita, mi sento talmente più ricca di lui, che mi suscita perfino una certa pena. Poveretto. Costretto sempre a pagare ogni sillaba dei suoi portavoce, portaborse e porta a casa Lassie, crede di valutare allo stesso modo tutto quanto. Ma si sbaglia di grosso: sappia che le mie, le nostre parole costano care e lui non se le può permettere. Comunque, anche ammesso che ci sia un giudice disposto a dargli ragione in un tribunale della Repubblica, non avrà mai i miei soldi. Prima di tutto perché non ce li ho. E poi perché sarei disposta a versare una lira nelle sue mani solo se fosse l’uomo più povero d’Italia e me la chiedesse in elemosina all’angolo della strada.
Il testimone Fiorello
Chiediamo scusa ai lettori per essere costretti a toccare fatti apparentemente personali. Ma, avendo ricevuto l’atto di citazione da parte di Silvio Berlusconi, (in arte premier) riguardante argomenti strettamente inerenti a questa rubrica, vorremmo spiegare in che cosa consiste l’accusa, sintetizzando al massimo e traducendo in lingua italiana. La nostra colpa è aver scritto che il dottor Berlusconi (come lo chiama il suo avvocato), controlla la Rai ed è in guerra con Sky, a vantaggio delle sue aziende. Cose tutte palesemente false, come il dottore sicuramente dimostrerà in tribunale. Se troverà un giudice capace di affermare che lui di televisione non se ne occupa proprio. Mentre noi, nel nostro piccolo, possiamo citare la testimonianza di tale Rosario Fiorello (in arte Fiorello), che ha raccontato nei minimi esilaranti particolari di quando fu convocato dal capo del governo, perché non firmasse il contratto con Sky. Ma lui firmò.
Le donne devono soffrire
Il presidente Gasparri è tornato in tv. Sì, perché pure lui è presidente, del gruppo Pdl al Senato. Del resto, ormai, le cariche non si negano neanche alle escort, magari per farle tacere. Invece Gasparri lo hanno eletto per farlo parlare. Così ieri è tornato in tv per dire la sua sulla pillola Ru486, che, secondo lui, violerebbe la legge sull’aborto. Si tratta di uno dei cosiddetti ‘temi sensibili’ e, quando si parla di sensibilità, Gasparri è in prima linea, con tanto di elmetto e bazooka. Per questo ha iniziato come fascista ed è finito tra i berluscones di stretta osservanza, avendo anche firmato la legge che premia il conflitto d’interessi del premier. Legge che poi Berlusconi, con le nomine Rai, ha pure trasgredito. Ma Gasparri non se l’è presa: a lui preme di più difendere l’aborto da chi vorrebbe farlo diventare magari meno doloroso per le donne. Perché le donne devono soffrire, come vuole il capo, che ha querelato tutte noi dell’Unità.
Il padrone e lo sbranatore
Sulla 7, a conclusione di un dbattito sulla demolizione del direttore di Avvenire da parte del direttore del Giornale, il cattolico Rocco Buttiglione ha così sintetizzato il suo giudizio: “Non si dica che Berlusconi non c’entra. Per il Codice Civile, se un cane ti morde è responsabile il padrone”. Una immagine non proprio filosofica , ma molto efficace della vicenda che vede il dimissionario Boffo nei panni dello sbranato e Feltri in quelli del cane feroce. E Berlusconi? Berlusconi in quelli del padrone che paga i danni. Mentre in realtà Brlusconi non paga; se mai pretende milioni da chi scrive come stanno le cose. E poi ha il coraggio di andare in Tv per dire: “Povera Italia”, giusto per il nostro sistema informativo. Cioè quello che ha imposto lui, con le leggi ad personam, tramite Craxi prima e Gasparri poi. Per non parlare di Previti che, per avergli procurato il resto (la Mondatori) è stato condannato a cinque anni.
Oltre Antonio La Trippa
È andato in onda su Raitre il film Gli onorevoli (1963), di Sergio Corbucci, in cui Totò interpreta il ruolo del noto Antonio La Trippa, aspirante onorevole di destra, monarchico, falso ex combattente, ma onesto. In altri episodi sfilano invece grotteschi esponenti di un mondo politico disposto a tutto pur di raggiungere l’agognato ‘cadreghino’. Come dicono i leghisti, che conoscono bene la materia. Il film, pur dotato di scene irresistibili, risulta piuttosto sgangherato e qualunquista, ma a suo modo anticipatore nella satira della deriva televisiva. Anche per merito di Peppino De Filippo, nel ruolo di un fascistone che finisce imparruccato e travestito da ballerina di fila, pur di apparire in tv. Ma, purtroppo, il film non riesce neppure a sfiorare il clima attuale, con il boss della tv commerciale che diventa capo del governo e gareggia coi peggiori dittatori in trucco, parrucco e uso della spazzatura contro gli avversari politici.
La mala educazione televisiva
Ahimé. Non si può controllare tutto. Qualcosa sfugge anche all’occhiuto Minzolini. Infatti, il Tg1, dando notizia dell’ennesimo orribile caso di stupro da parte di un branco minorile, ha indicato tra i possibili influssi educativi, anche quello del modello televisivo. E pensiamo che l’onesto cronista ( di cui non possiamo rivelare il nome ) non si riferisci all’esempio di programmi come quelli di Fazio, Dandini, Santoro, per non parlare del Yg3 capace di dare, come lamento del premier ben quattro notizie negative di seguito. Il cronista si riferiva sicuramente al tettaculismo, cioè al disprezzo antifemminista delle tv berlusconiane che ha contagiato anche la Rai, essendo l’unica ideologia del premier, in totale coerenza con i suoi interessi padronali. Come dimostra il fatto che Berlusconi si è lasciato definire dal suo avvocato “utilizzatore finale” di donne, senza querelarlo. Noi non avremmo mai osato tanto.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.